lunedì 05/02/2018
SCRIPTA MANENT
Le larghe intese ai tempi di Crasso, Pompeo e Cesare
di Orazio Licandro
Uno dei temi della rovente campagna elettorale è l’ipotesi di un futuro governo delle larghe intese tra tre (apparentemente?) nemici: Berlusconi, Renzi, Di Maio. Sui primi due gli indizi di liaison sono fortissimi, eppure anche il terzo ha cinguettato qualcosa salvo subito smentire, ma le smentite in politica, si sa, lasciano il tempo che trovano. Un celebre caso di larghe intese fu il primo triumvirato tra Pompeo, Cesare e Crasso (60 a.C.). Ce ne parla Plutarco: “Cesare stipulò un accordo con Crasso e Pompeo sulle seguenti basi: essi si sarebbero candidati al consolato, Cesare li avrebbe appoggiati mandando a votare un gran numero di soldati. Una volta eletti, i due si sarebbero fatti attribuire province ed eserciti e avrebbero ottenuto per Cesare la conferma di quelle province che già governava (Gallia cisalpina, Narbonense e Illirico) per altri cinque anni” (Plutarco, Vita di Pompeo 51). Sempre Plutarco, ma stavolta a proposito di Cesare, aggiunge: “Cesare, entrato in città, subito si impegnò in un progetto politico che trasse in inganno tutti fuor che Catone; si trattava della riconciliazione di Pompeo e Crasso, i più potenti in città. Cesare appunto li fece incontrare, da nemici li fece diventare amici e convogliò su di sé, nel suo interesse, la potenza di ambedue; così, con un atto privato, senza che alcuno se ne accorgesse, mutò la forma costituzionale dello Stato” (Plutarco, Vita di Cesare 13). Dunque nessuna meraviglia, di accordi spregiudicati, anche di quelli più innaturali, è ricca la storia, però le conseguenze di solito sono gravi: da quelle larghe intese, come ammoniva Plutarco, uscì mutata la costituzione repubblicana e nacquero le guerre civili.
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