Horror Dazi Show
DI MARCO TRAVAGLIO
Non essendo economisti, possiamo permetterci il lusso di non avere certezze e non fare previsioni sugli effetti a medio e lungo termine dei folli dazi di Trump che sconquassano le borse, i mercati, i governi e persino i pinguini. Quindi assistiamo da spettatori curiosi all’ennesimo derby fra due curve ultrà: gli apocalittici dell’imminente fine del mondo e i minimizzatori secondo cui, alla fine della fiera, cambierà poco o niente; chi intima all’Ue di rispondere pan per focaccia per fargliela vedere al bullo platinato e chi consiglia di trattare. Meglio tirare le somme quando il polverone si sarà depositato. Anche perché gli “esperti” sono gli stessi che tre anni fa davano la Russia in default per le formidabili sanzioni che hanno mandato in bancarotta i sanzionatori mentre il sanzionato cresce 8-10 volte più di loro. Da profani, ci affascina leggere che i dazi hanno “bruciato” in tre giorni tot migliaia di miliardi, figurandoci le dimensioni del falò di banconote; e poi scoprire al quarto giorno che le Borse risalgono, immaginando il mago della zecca (o la banda degli onesti di Totò e Peppino) che ne ristampa una montagna equivalente.
Lo spettacolo migliora vieppiù quando leggiamo che Musk, dipinto finora come il vero presidente Usa, il burattinaio di quella marionetta di Trump, auspica “zero dazi” e chiama “imbecille” l’ideologo trumpiano del protezionismo. E che Mr. Tesla-Starlink-X&C., ma anche Bezos, Zuckerberg e gli altri Big Tech, descritti fino a ieri come i veri registi della Casa Bianca in conflitto d’interessi per guadagnare tanti dobloni, grazie alla Casa Bianca hanno perso il Pil di una decina di stati africani: primo caso di conflitto d’interessi all’incontrario, che rovina i titolari anziché arricchirli. Ci eravamo appena abituati all’idea che, siccome Trump aveva osato vincere le elezioni, la famosa democrazia Usa fosse stata abolita e sostituita da una “tecno-dittatura” col terzo, quarto, quinto, sesto mandato di Donald (fino a 120 anni), seguito dalla tirannide di Vance o di Musk e poi di Barbablù. E ora leggiamo che Trump potrebbe cadere domattina per via dei dazi che invocava dal 1987 (quando c’era Reagan) ed erano in cima al suo programma elettorale. L’ipotesi che la maggioranza degli americani, immiserita e terrorizzata dalla globalizzazione e dalle delocalizzazioni industriali, lo abbia votato proprio per questo è esclusa a priori. Soprattutto nell’Ue, giustamente sorpresa da un presidente che fa ciò che ha promesso agli elettori. Infatti, mentre la Cina i dazi se li aspettava e aveva pronte le contromosse, gli euro-geni non li avevano previsti e non sanno che pesci pigliare. A parte, si capisce, l’ideona di farla pagare agli Usa comprando più armi e più gas dagli Usa.
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