martedì 7 gennaio 2025

Todde

 

Pasticcio di sardi
di Marco Travaglio.
La prima cosa da dire sul caso Todde è che gli errori che l’hanno innescato sono una prova di dilettantismo, pressappochismo e cialtroneria così sconfortante da imporre le scuse della presidente: anche se non fossero colpa sua, ma del comitato elettorale (scelto da lei). Di Maio e poi Conte avevano sudato più delle canoniche sette camicie per scollare di dosso ai 5Stelle la taccia di scappati di casa. E ora proprio lei, che non è stata raccolta per strada, ma ha una storia manageriale di tutto rispetto, li ripiomba in quel ridicolo stereotipo per la gioia di avversari, alleati e commentatori “indipendenti”. Per giunta su una storia di rendicontazioni elettorali che sono da sempre il pallino del “movimento degli scontrini”. Il secondo paradosso è che non c’è un solo motivo che giustifichi i pasticci: se fossero serviti a nascondere fondi opachi o addirittura tangenti, avrebbero almeno un movente. Ma le spese elettorali sono state rendicontate al centesimo sul sito del M5S. E, a parte 12 mila euro di microcontributi di cittadini, la campagna costata 90 mila euro è stata finanziata solo da 5Stelle e Pd, senza aiuti esterni: in proprio, la candidata non ha ricevuto né speso soldi (se non i suoi). Il che spiega perché non nominò il “mandatario” e non aprì il conto dedicato: due delle 10 scelte che le contesta il Collegio elettorale di garanzia presso la Corte d’appello per decretarne addirittura la decadenza. Cioè la sanzione estrema prevista per legge in due soli casi: sforamento di oltre il doppio del tetto alle spese elettorali; e omesso rendiconto. Ma nessuna delle due contestazioni figura nell’ordinanza del Collegio, che dunque non si capisce a che titolo voglia mandare a casa la presidente appena eletta. Fra l’altro le ha pure inflitto una multa di 40 mila euro, ben inferiore al massimo previsto: quindi per la pena pecuniaria le infrazioni sono lievi, ma per quella amministrativa diventano così gravi e insanabili da meritare la sanzione massima della decadenza (prevista solo per due irregolarità escluse dal Collegio).
Diversamente dal centrodestra, che copre qualunque porcheria e ora le dà lezioni di competenza, trasparenza e morale, la Todde si difende nel procedimento (amministrativo, non penale). E Conte tace per rispetto istituzionale. Se fossero di centrodestra, farebbero l’analisi del sangue ai membri del Collegio e scatenerebbero l’inferno: la presidente è la sorella del leader sardo di Italia Viva e uno dei sei membri – un commercialista molto loquace con i media sull’ordinanza appena emessa – è il padre di un candidato di Forza Italia alle ultime Regionali. Noi non crediamo ai complotti, ma una domanda la poniamo: la sorella e il padre di due avversari politici della Todde non dovevano astenersi dal giudizio sulla Todde?

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