Gioggia!

 

Meloni una del popolo? Per ora sta con le élite
DI DANIELA RANIERI
Non c’è dubbio che Giorgia Meloni sia una “del popolo”: come da autobiografia-best seller, per natali e formazione non la si può certo annoverare tra le figlie della borghesia progressista e cosmopolita. Certo, essere diventata ministra di Berlusconi a 31 anni, sebbene in un ministero di pura propaganda (“della Gioventù”, chissà perché non “della Giovinezza”, primavera di bellezza), fa scricchiolare il racconto della underdog che, salita sulla metro a Garbatella, arriva a Palazzo Chigi per prendere la campanella dalle mani di Mario Draghi.
Sul vanto di essere della parte del popolo contro i salotti radical chic Meloni ha impostato la campagna elettorale per essere eletta al Parlamento europeo dove non andrà: chiede agli elettori di scrivere “Giorgia” sulla scheda (come se il popolo non avesse cognome, come se i popolani non si firmassero anzi prima col cognome: “Meloni Giorgia”), si fa beffe di chi la accusa di aver occupato la Tv fingendo che l’egemonia dei suoi ministri-intellettuali (Sangiuliano, Lollobrigida, Pino Insegno) goda davvero di consenso popolare; poi, per stare vicina al popolo e non alle élite manettare, manda a prendere un ergastolano a Miami con un Falcon 2000 e lo riceve in aeroporto con tutti gli onori come un eroe, un patriota (ha solo ammazzato un cristiano: basterà per farlo almeno sottosegretario?). Forse spera che pochi, tra chi la ama (“fuoriclasse”) e chi la odia (“fuoriclasse fascista”), si prendano la briga di elencare le sue contraddizioni.
Provvediamo. Bloccando il decreto sul Redditometro, ha detto che l’obiettivo del governo è “contrastare la grande evasione, non vessare le persone comuni”, come se le persone comuni non usassero beni e servizi destinati alla collettività e come se pagare le tasse volesse dire essere vessati. Del resto un anno fa definì le tasse “pizzo di Stato”: “L’evasione devi combatterla dove sta, big company, banche, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato perché devi fare caccia al reddito”. Cioè, lo Stato perpetra il racket sui cittadini esattamente come i mafiosi sui commercianti. Ma ammettiamo che Meloni voglia chiudere un occhio sui piccoli evasori perché intende colpire le banche, come si concilia tale proposito con la retromarcia del governo sulle tasse sugli extraprofitti delle banche, annunciata ad agosto come “misura di equità sociale” e serenamente rimangiata a settembre, con sollievo di Mediolanum della proletaria famiglia Berlusconi? Puntare ai voti degli evasori (medici, tassisti, commercianti No Pos), che evadono un totale di 100 miliardi di euro, è pur sempre una strategia, ma sulle spalle del popolo che paga le tasse.
In merito al referendum sul premierato, Meloni ha detto che “sarà il popolo a parlare” (come no: dai carburatoristi della Magliana alle parrucchiere del Tufello, il popolo non chiede che di poter eleggere direttamente il premier, come hanno fatto in Israele prima di accorgersi che era una barzelletta) e che “il mondo della conservazione, i salotti radical chic, si muoverà contro” (Renzi li chiamava “professoroni”, “archeologi travestiti da costituzionalisti”, etc.). Ma non si era autonominata, Meloni, leader dei conservatori? Nel 2021, quando voleva eleggere Berlusconi presidente della Repubblica, lanciò il Manifesto dei conservatori ad Atreju (festa patriottica basata su un romanzo fantasy tedesco, vabbè), a “difesa dei valori fondamentali per la società, come la famiglia” (e chi meglio di Berlusconi a difesa della famiglia tradizionale) e per “difendere le nostre nazioni dai tentativi di privarle dei loro poteri”.
Missione fallita: il ministro dell’Economia Giorgetti ha firmato a dicembre il Patto di Stabilità (deciso in un vertice privato tra Germania e Francia) che rischia di spingerci alla recessione incaprettandoci con tagli per 12,5 milioni l’anno fino al 2031, soldi che non verranno sottratti agli armamenti (ci siamo impegnati con la Nato per l’aumento al 2% del Pil per le armi, 13 miliardi l’anno), ma alla Sanità pubblica e al welfare. Meloni voleva scardinare le élite, scavare come la talpa di Marx sotto l’orto dei padroni del neoliberismo, e poi, diventata capa del governo, ha fatto tutto quello che volevano le élite europee, dal firmare diligentemente gli invii di armi all’Ucraina al prendere il tè con la Von der Leyen al dolce suono dei missili Samp-T.
Infine, l’aporia fondamentale: come può una del popolo affamare i poveri, togliendogli il Reddito di cittadinanza, come volevano Renzi e Confindustria? Parliamo di un milione di famiglie (Istat) che hanno visto annullarsi o ridursi il sussidio (i poveri, 5,6 milioni di persone, non votano e comunque sono meno degli evasori). Con quale popolo parla Giorgia? Farebbe bene a tornare nei mercati rionali, invece di vantarsi nelle sue scenette comiche di aver tenuto a bada i mercati finanziari con lo spread, il feticcio delle élite contro cui diceva di battersi.

Attorno al finzione

 

Amedeo Nazzari è vivo
di Marco Travaglio
Il 28 luglio anche il Venezuela andrà alle urne per le elezioni presidenziali e sulla scheda svetta per 13 volte il faccione del presidente Nicolas Maduro, candidato da altrettanti partiti al terzo mandato. I suoi rivali sono dieci, alcuni dei quali compaiono due o tre volte perché rappresentano diverse liste (perlopiù civetta). La scheda fa ridere il mondo della sedicente democrazia venezuelana. Ma è meglio conservare qualche ironia per quella italiana, che alle Europee la insidia da vicino. Noi dovremo scegliere fra una decina di liste, di cui quattro guidate da leader che si candidano per finta, avendo già detto che rinunceranno al seggio europeo per non mollare quello italiano: FdI con la Meloni (premier e deputata, ergo doppiamente incompatibile), il Pd con la Schlein, FI con Tajani, Azione con Calenda. Poi c’è Stati Uniti d’Europa, guidata da Bonino (che nel 2019 si candidò in Ue e non ci mise piede) e Renzi (che ha promesso di rinunciare al seggio senatoriale per quello europeo, ma è un habitué degli impegni traditi).
Si dirà: c’è una bella differenza con Maduro. Sì, ma a suo vantaggio. Maduro si ricandida sul serio. I nostri quattro leader lo fanno per truffare gli elettori: chi li vota non elegge loro, ma qualcuno che neppure conosce e non può sapere chi sia (i seggi saranno ripartiti con complicati calcoli di preferenze e resti). A Otto e mezzo, l’irresistibile Calenda ha confermato che chi si candida a un incarico per poi non ricoprirlo “prende in giro gli elettori”. Infatti lui si candida a un incarico per poi non ricoprirlo. Ma lo fa perché lo fanno anche altri: non potendo tollerare la concorrenza sleale dei truffatori, truffa anche lui. Però è pronto a votare una legge che lo vieti a tutti: cioè vorrebbe vietare domani ciò che lui sta facendo oggi perché non è ancora vietato. In questa gara a chi truffa di più, svetta ovviamente Forza Italia, in omaggio al fondatore-frodatore. Nel manuale d’istruzioni per elettori e portatori di voti si raccomanda di scrivere sulla scheda “Silvio Berlusconi” e poi, volendo, una donna e un uomo. Essendo morto, sepolto e cremato da un anno, è piuttosto improbabile che B. possa onorare il mandato: quindi la preferenza è nulla. Ma non la scheda, visto che il famigerato cognome fa parte del simbolo Forza Italia-Berlusconi Presidente (di cosa, non è dato sapere: forse dell’Ade). Il che garantisce a FI i voti di chi non crede alla morte di B. o non ne ha avuto notizia. Nel celebre sketch di Veltroni e Livia Turco, Corrado Guzzanti avvisava i compagni della mozione “A. Nazzari”: “Amedeo Nazzari è morto! E porca miseria: era perfetto, ma è morto. Ho pensato di candidarlo anche da morto, ma non è possibile: bisognava fare una riforma”. Ecco, ora mi sa che hanno fatto anche quella.

Basilando

 

I patetici Macron-Scholz e l’italietta a rimorchio
DI ELENA BASILE
“…arti che penzolano senza vita mentre i genitori li tengono davanti alle telecamere, urlando, piangendo, supplicando disperati… prima non lo sapevo. Ora lo so… questo è ciò che la nostra classe dirigente ha deciso che è normale…”, Tim Foley scrittore britannico. Un testo di una bellezza struggente che non posso riportare integralmente.
Siamo sgomenti di fronte all’ennesimo eccidio di innocenti a Rafah. Siamo sgomenti di fronte al terrorismo di Stato che imperversa in Medioriente utilizzando l’alibi del terrorismo di Hamas. Siamo sgomenti di fronte al terrorismo di matrice israeliana e atlantica che ha colpito Fico, premier slovacco, Mosca 200 morti, Teheran altre centinaia di vittime civili. Siamo sgomenti che la nostra civiltà liberale, la nostra difesa dei diritti umani e delle politiche umanitarie stia lasciando il posto a qualcosa d’altro, di ibrido e violento, difeso dalle classi dirigenti moderate, democratiche a cui abbiamo dato fiducia. Col metodo della rana bollita, ci addormentano, ci distraggono e pochi di noi sono consapevoli del cammino intrapreso. Negli anni Trenta pochi si rendevano conto di cosa stava accadendo alla Germania. Ingoiamo tutto. I bambini agonizzanti e le menzogne di Biden che se volesse potrebbe far cessare la guerra in questo istante. Certo, dovrebbe rinunciare alla sua carriera politica, prendendo le distanze da Netanyahu. Ingoiamo questa stucchevole commedia: l’Occidente che piange per Rafah e resta complice di Israele. Ingoiamo il massacro di ucraini svenduti dalle classi dirigenti ucraine agli interessi angloamericani. Ingoiamo l’escalation che ci incammina verso un conflitto aperto con una potenza nucleare.
Se le nostre armi colpiranno il territorio russo e una coalizione di Stati europei come Svezia, Polonia e Francia invierà truppe regolari per combattere contro la Russia, Mosca non avrà remore ad allargare il conflitto. In Europa liberali, democratici e falsi socialisti, moderati di destra e destra estrema hanno abbracciato la più nauseabonda retorica militarista e hanno difeso la politica destabilizzatrice della Nato alla frontiera orientale dell’Europa, accerchiando la Russia, tentando un cambiamento di regime, erodendo il potere di Mosca a suon di sanzioni, una guerra economica illegale e il sequestro contro il diritto internazionale di fondi russi. L’esasperato soggettivismo ci ha portato a Nietzsche, al nichilismo e alla ideologia nazista. La verità invece esiste. La Russia ha finora reagito alle azioni occidentali: colpo di Stato a Maidan, guerra economica, spedizioni punitive nel Donbass, rifiuto occidentale delle proposte di mediazione del dicembre 2021, cancellazione occidentale della mediazione raggiunta dalle delegazioni russa e ucraina nel marzo del 2022 in Turchia. La Russia risponde con annessione della Crimea, invasione dell’Ucraina ed escalation militare. Mosca reagisce alla destabilizzazione e all’attacco strategico della Nato.
Se ci saranno libri di storia in futuro, queste verità e le nostre responsabilità saranno accertate. A Gaza è evidente che le mani dell’Occidente siano sporche di sangue. Eppure le politiche del blob statunitense in Medio Oriente come in Russia obbediscono a logiche affini. I mostri a Gaza sventolano le loro macabre bandiere. In Ucraina si camuffano. Di fronte al crollo dei valori umanitari e democratici, mentre l’involuzione autoritaria ha ormai colpito l’Occidente libero l’estrema destra avanza, sdoganata dalle stesse classi dirigenti che fingono di combatterla.
L’asse franco-tedesco è in fin di vita nell’Europa polacca anche se qualche ex ambasciatore ci intrattiene con un vecchio catechismo: le opportunità della diplomazia italiana a divenire l’ago della bilancia tra gli interessi divergenti franco-tedeschi. La recessione tedesca e la genuflessione di Berlino e Parigi agli Stati Uniti è palese. De Gaulle, ma anche Mitterrand si rivoltano nella tomba. La Merkel, un cancelliere pragmatico, dalle visioni casalinghe, ci appare al paragone con Scholz una grande statista. La Polonia conta più della Germania per gli angloamericani che decidono le sorti dell’Occidente. Difficile immaginare un ruolo per l’Italietta atlantica, incapace di una politica autonoma nel Mediterraneo. Conoscendo l’indole italiana, poco incline dopo il fascismo a nuove avventure guerresche, Crosetto e Tajani fanno di tutto per rassicurare l’opinione pubblica. Eppure in un conflitto diretto noi saremo i primi coinvolti.
La visita di Macron a Berlino è patetica. Il carnefice del liberalismo tuona contro l’autoritarismo di destra. A noi resta una luce tenue nel buio: che le vere forze di opposizione alle guerre e alla degenerazione del mondo libero raccolgano i consensi di quel 60% che non va più a votare. Ai rassegnati va gridato “Indignatevi”, Hessel lo sapeva bene.

Redarguiti

 

Stronzeria differenziata
di Marco Travaglio
Che bel Paese sarebbe l’Italia se tutti i leader dell’opposizione, quando Vincenzo De Luca diede della “stronza” a Giorgia Meloni, avessero solidarizzato con lei e isolato lui finché non si fosse scusato. Invece tacquero al gran completo, a cominciare da chi più di tutti avrebbe dovuto censurare l’insulto del presidente campano alla presidente del Consiglio: Elly Schlein, segretaria del partito di De Luca. La quale, interpellata dai giornalisti sull’epiteto, non solo non insorse con i soliti argomenti usati quando viene offesa una donna (sessismo!), ma liquidò la faccenda fingendo di non capire la domanda: “Grazie, ho già risposto sull’autonomia differenziata” (“Che ore sono?”, “Non compro niente”). Ora ha ritrovato la favella, ma per stigmatizzare lo sketch inscenato dalla Meloni a Caivano (“Presidente De Luca, sono quella stronza della Meloni, come sta?”). Ed è riuscita a dire che “La Meloni si descrive da sola”. Quindi ha ragione De Luca: la è una stronza.
A quella caduta di stile, che raddoppia quella di De Luca e vi trascina l’intero Pd, avrebbe potuto rimediare Conte, restituendo un po’ di eleganza e di cavalleria a una battaglia politica degradata a lotta nel fango. Avrebbe potuto dire che De Luca è lo Sgarbi del Pd e ha avuto ciò che meritava: un guappo di cartone che non deve permettersi di insultare o di minacciare di morte chi lo critica o non gli va a genio, come fa da trent’anni indisturbato e impunito (“La Bindi ha fatto una cosa infame, da ucciderla”, “Di Maio, Fico e Di Battista, che vi possano ammazzare tutti”, “Salvini ha la faccia come il fondoschiena, peraltro usurato”, col contorno di “chiattona” e dito medio alla 5S Ciarambino, “cafona, fiore di bellezza e di freschezza” alla Camusso”, “Pippo Baudo con la frangetta” a don Patriciello). Invece Conte ha detto che la premier è “vendicativa e rosicona”, stigmatizzando anche lui la reazione, ma non l’azione che l’ha scatenata. E ha perso l’occasione di dare una lezione di stile a De Luca, alla Schlein e soprattutto alla Meloni, che in piena pandemia l’aveva chiamato “criminale”. Intanto, nei talk show, è tutta una lezione di bon ton con gli urletti di vergini violate che mai dissero “stronzo/a” e deplorano il degrado della politica e la perdita del decoro istituzionale: signora mia, dove andremo a finire con tutte queste parolacce. Pareva quasi che fosse stata la Meloni a dare dello stronzo a De Luca, e non viceversa. Forse qualcuno pensa che dare ragione alla Meloni le rare volte in cui ce l’ha indebolisca l’opposizione al suo terrificante sgoverno. Errore: sono proprio il settarismo, la faziosità, il tartufismo e il doppiopesismo della peggior sinistra che hanno issato Giorgia detta Giorgia a Palazzo Chigi. E la manterranno lì per un bel pezzo.

L'Amaca

 

Il pennarello della signora Haley
DI MICHELE SERRA
Che una donna americana di 52 anni, persona pubblica e con cariche politiche rilevanti, abbia potuto scrivere “finiteli!” su un missile israeliano, così come si firmano i palloni da calcio o le magliette, è così triste, così desolante, che si fatica a trovare le parole per dirlo. Non perché il missile sia israeliano, ma perché è un missile. Non perché Nikki Haley sia un esponente di punta della destra americana, ma perché è una donna, madre di due figli.
Di soldatacci che scrivono ogni possibile sconcezza, per farsi coraggio, sulle loro ogive scintillanti, è pieno il mondo. La sola maniera di combattere la paura della morte è urlare viva la morte. La guerra è una saga fallica, ed è solo quando ingoi il tuo sangue con la faccia nel fango che abbassi la cresta e invochi la madre: vorresti non avere mai lasciato le sue braccia. Dunque la foto di una madre, in jeans e maglietta, con l’aria della turista disinvolta, che si avvicina a una batteria di missili, vettori di morte anche per molti innocenti e per molti bambini, e esorta quella ferraglia all’annientamento del bersaglio (esseri umani), fa un effetto catastrofico. Nel senso letterale: è un annuncio di catastrofe.
Uomini e donne, da che mondo e mondo, hanno fatto anche molto di peggio, come tutti ben sappiamo. Eppure avevamo coltivato la piccola illusione, nell’ultimo paio di generazioni, che molto dipendesse dal testosterone, dal predominio millenario del maschio. E avevamo riposto qualche millesimo di grammo di speranza nelle donne, in quanto portatrici di vita. Poi arrivano le signore Haley con il pennarello carico, e il soffio di speranza si assottiglia ulteriormente.

mercoledì 29 maggio 2024

E poi...

 


Neppure se fossi un bonzo appisolato potrei far a meno d'incazzarmi davanti a questa idiota, palesemente idiota, dispensatrice d'idiozie, custode dell'Idiozia maxima! 

Nikki Haley è il suo nome, ex ambasciatrice del finto regno della democrazia che aduliamo da tempo immemore e attualmente retto da un Appisolato che finge di fermare gli assassini israeliani da una parte, mentre dall'altra gli vende armi e tossicità mefitica contro l'umanità. 

Candidata repubblicana - sai che culo! - passata ora a condividere la speranza di salire in tolda assieme al biondastro bipolare che i beoti che lo voteranno in massa lo riposizioneranno, probabilmente, nel centro del potere per la fine di noi tutti, questa pezzente è stata immortalata a scrivere sulle bombe israeliane il messaggio sfociante dal suo cuore-cloaca sintetizzato in questa parola: "Finiteli!" 

Che cretina! Che sintesi di degrado, di inezia, di vuoto pneumatico ergono da quella parola. 

Che decadenza, che pochezza, che fine per questo mondo oramai palesemente di merda! 

Come possa una mononeurotica di questo stampo trovare il coraggio di smerdare la ragione in questo modo, resterà mistero enigmatico. 

Forse non lo capiranno neppure le civiltà lontane, ammesso che esistano, allorché arriveranno un giorno incuriosite dalla scomparsa della specie che si spacciava per illuminata, intelligente, padrona dell'intero pianeta! Guardando ragni e ratti girovagare da signori nel deserto post atomico, comprenderanno che sì, in effetti, gli umani auto-evaporatisi non erano certamente quei gran geni che si credevano. Tutt'altro!     

Robecchi

 

Gaza. La dura rappresaglia di Rafah come la “zona di interesse” di Israele
di Alessandro Robecchi
Il quadrante 2371 della striscia di Gaza si colloca, nelle cartine dell’esercito israeliano, appena a ovest di Rafah, una città con oltre un milione di profughi, famiglie, donne, bambini, civili. In un volantino diffuso tra la popolazione, l’esercito di Israele ha indicato il quadrante 2371 come “safe zone”, cioè zona sicura, o “zona umanitaria”. Insomma, un posto dove chi non ha più nulla – scacciato dalle sue case al nord di Gaza rase al suolo, spostato verso il centro della Striscia, poi spostato a sud quando è stato raso al suolo il centro – può piantare una tenda. Poi, la sera del 26 maggio 2024, la “zona sicura” è stata bombardata da aerei israeliani con proiettili incendiari, facendo della “zona sicura” un rogo spaventoso. Il conto dei morti, 45-50 vittime, è un numero stupido: la quantità di persone che avranno la loro vita cambiata per sempre dalla notte del 26 maggio non è calcolabile, tra feriti, ustionati, bambini rimasti orfani, che hanno perso madri, padri, fratelli.
Conosco i balletti della propaganda, e quindi non mi dilungo: chi ha visto qualche immagine – sui social, più che altro, perché le televisioni non gradiscono, minimizzano – sa di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema. Di una rappresaglia sulla popolazione civile innocente. La guerra è brutta, la guerra è una merda, è tutto quello che ci fa schifo, chiunque la faccia. Ma quella di Gaza non è una guerra, o per meglio dire non è solo una guerra, ma una deliberata distruzione di un territorio (scuole, moschee, case, ospedali, tendopoli, campi profughi) accompagnato dallo sterminio della popolazione civile. So che i sostenitori di Israele si offendono molto se qualcuno paragona l’attuale operazione israeliana alle gesta di quelle SS che compirono l’Olocausto, una macchia indelebile, incancellabile, sulla storia dell’umanità. Eppure, con le immagini e le notizie che ci vengono da Gaza, il paragone non sembra così assurdo. L’immagine del soldato israeliano che si fotografa mentre incendia la biblioteca di un’università ha fatto il giro del mondo. Qualche anima bella ha provato a gridare al fake, ma invece no: il soldato si chiama Tair Glisko, 424simo battaglione, Brigata Givati, ha pubblicato la foto sui suoi social.
Ne La zona di interesse, il bellissimo film del regista (ebreo) Jonathan Glazer (ha vinto due Oscar), si racconta la storia della famiglia Hoss, il capofamiglia Rudolf, comandante del campo di sterminio di Aushwitz, e la moglie che cura il suo bellissimo giardino e vive una vita agiata, felice della sua sistemazione. Accanto al giardino, l’inferno in terra del campo, che non si vede mai: si sentono i suoni, rumori, raffiche, lamenti, sterminio scientifico e pianificato. Quel che importa alla famiglia Hoss è il bel giardino, la loro “zona di interesse”. Una delle scene più agghiaccianti è quando la signora Hoss e le sue amiche si spartiscono i vestiti delle deportate ebree, cappotti, pellicce, biancheria. Da sei mesi, i social sono pieni di immagini di soldati israeliani che penetrano nelle case sventrate della popolazione palestinese uccisa o deportata e si fotografano ridendo con la biancheria delle donne palestinesi, o i giocattoli dei loro bambini, scherzando sul bottino di guerra, disumanizzando un intero popolo. Bisogna guardarle, quelle fotografie, guardarle bene. Si capirà che ciò che oggi fa Israele a Gaza non è diverso da quello che faceva la famiglia Hoss, nel bel giardino accanto ad Auschwitz.

Attorno alla figuraccia

 

Il Papa, il dito e la luna
di Marco Travaglio
Sarà che siamo abituati a guardare più la luna che il dito. Ma la notizia, anticipata da Dagospia, che papa Francesco, parlando a porte chiuse con i vescovi italiani, ha usato un’espressione romanesca degna del Belli o di Osho-Palmaroli sulla lobby gay nella Chiesa ci ha scandalizzati fino a un certo punto. Basta leggere la biografia di questo Papa “venuto dalla fine del mondo”, cioè dalle favelas che frequentava più dell’arcivescovado di Buenos Aires, per capire perché gli è sfuggito quel “c’è troppa frociaggine”. Non era un discorso ufficiale, ma una chiacchierata informale fra gente che dovrebbe capire e invece s’è precipitata a spifferarla all’esterno. Come nei covi di vipere. E come si conviene a chi finge di non capire la sostanza della questione. Che parte dagli scandali insopportabili (almeno per lui) di pedofilia nel clero e dalle accuse intollerabili (almeno per lui) di non fare abbastanza per prevenirli e per punirne i colpevoli. Gli ipocriti possono rigirarlo quanto vogliono, ma il problema nasce dall’ambiente tutto maschile dei seminari (come un tempo degli oratori per soli ragazzi), terreno fertile di caccia per preti pedofili omosessuali. Ora serve una selezione più rigida: non fra omosessuali ed eterosessuali (se la Chiesa aprisse al clero femminile, la pedofilia dilagherebbe anche fra gli etero con quell’inclinazione), ma fra chi prende sul serio le promesse di celibato e di astinenza e chi proprio non ce la fa, dunque non merita l’ordinazione.
A naso e senza disporre della trascrizione integrale, pare che il senso del discorso di Francesco fosse questo. Non certo l’omofobia, anche perché nessun pontefice ha mai pronunciato, nei confronti dei gay, parole più aperte, inclusive e autenticamente cristiane delle sue: “Chi sono io per giudicare un gay?”. Parole seguite da fatti concreti, anzi rivoluzionari, come l’approvazione del documento Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede che autorizza i sacerdoti a benedire coppie dello stesso sesso. Probabile che qualche porporato parruccone abbia fatto uscire la frasaccia proprio per bloccare quel percorso di apertura, scatenando scientemente la canea degli opposti cretinismi: quelli di sinistra che esaltano il Papa come progressista se fa il Papa contro le guerre e lo scomunicano come reazionario se fa il Papa sulla morale sessuale o l’eutanasia; e quelli di destra che esultano perché “parla come Vannacci” (cioè come uno che i gay li giudica eccome, anzi li definisce “non normali”). Ieri ha fatto bene a scusarsi, per disarmare i sepolcri imbiancati. Ma si spera che seguiti a chiamare le cose col loro nome senza paura di scandalizzare: l’odio non si annida tanto nelle parole, quanto nella testa di chi le pronuncia e nell’orecchio di chi le ascolta.

L'Amaca

 

La canapa e il popolo
DI MICHELE SERRA
Che c’entra la sicurezza con l’agricoltura? Voi direte: se stiamo parlando di sicurezza sul lavoro, c’entra molto. Ma no, non stiamo parlando di sicurezza sul lavoro. Stiamo parlando del disegno di legge sulla sicurezza, presentato dal governo, nel quale si vietano la coltivazione e il commercio della cannabis leggera: quella a basso contenuto del principio attivo Thc.
Chi ha tempo e pazienza può provare a ricostruire l’allucinante e annoso tira e molla legislativo che ha prima concesso, poi vietato, poi riconcesso, poi rivietato la coltivazione di questa magnifica famiglia di piante, la cui secolare alleanza con gli uomini ha qualcosa a che fare con le sostanze psicotrope e la farmacopea, molto con i tessuti e la navigazione (quasi tutto il cordame di terra e di mare, prima della plastica, era di canapa).
Centinaia di piccole aziende ci hanno creduto, hanno preparato il campo e poi seminato cannabislight.Contadini. Popolo, come vanno blaterando quelli al potere. Gente che lavora con la natura e ha i tempi della natura: cicli di anni. Non si può estirpare e ripiantare un campo ogni sei mesi, a seconda dei tiramenti dei capoccia. Non si può veder crescere una pianta dicendola legale, illegale, legale, illegale ad ogni nuova scartoffia prodotta da gente che vede il mondo da un ufficio.
Il ministro Lollobrigida, così trepidante per le sorti della produzione agricola italiana, lo sa che centinaia di piccole aziende, fidandosi dei pronunciamenti di “quelli di Roma”, hanno puntato sulla cannabis, e ora si ritrovano fuorilegge? Non ha niente da dire su questo schifo, su questa paranoia securitaria che pretende di espiantare il male e invece espianta lavoro, foglie, radici, fusti, tempo, investimenti, speranze, sbagliando orribilmente bersaglio? La canapa si coltiva, in Italia, da secoli.
Che diavolo devono coltivare, gli agricoltori che hanno puntato sulla cannabis, per mettersi in regola: edamame giapponesi?

Fiuuuuu!

 


Che sollievo Boss! Per un attimo avevo temuto... ci vediamo alla prossima data! 

Elly Elly!

 

Supercazzola atomica
di Marco Travaglio
Per due giorni abbiamo atteso invano che Elly Schlein dicesse qualcosa su quel trascurabile dettaglio chiamato terza guerra mondiale (e nucleare) contro la Russia, dopo i deliri di Jens Stoltenberg. Ieri la segretaria del Pd ha sciolto la riserva sul Corriere che ci ha fatto esclamare “finalmente!” prima di leggere le sue parole e “purtroppo!” dopo averle lette. Perché fanno rimpiangere i silenzi: “Noi siamo per sostenere il diritto di Kiev a difendersi dall’invasione criminale di Putin… Ma questo non può e non deve tradursi… in un ingresso diretto dell’Ue in guerra con la Russia. L’Ue deve avere una sua autonomia strategica e lo sforzo deve essere tutto orientato a sostenere la conferenza di pace in Svizzera di metà giugno, non a creare ulteriori escalation”. È come chiedere a uno “Che ore sono?” e sentirsi rispondere “In famiglia tutto bene, grazie, e lei?”.
Stoltenberg non ha mai detto che l’Ue deve entrare direttamente in guerra contro la Russia e non deve avere autonomia strategica, anche perché è il segretario generale della Nato, non dell’Ue. Ha detto che la Nato deve autorizzare l’Ucraina a usare le armi della Nato per attaccare la Russia nel suo territorio: è così difficile dire che Stoltenberg non ha il potere di decidere per tutti e 32 i Paesi membri senza consultarli e che l’Italia deve chiedere la convocazione del Consiglio atlantico per mettere ai voti la proposta di Stoltenberg e votare contro, come faranno anche Ungheria, Turchia e forse qualcun altro, dunque bocciarla visto che è richiesta l’unanimità? No. Come non lo è chiedere alla premier Meloni, che su Stoltenberg è stata un po’ più netta di Elly (ma ci voleva poco), di ufficializzare in Parlamento la contrarietà dell’Italia: l’ha chiesto Conte, poteva chiederlo pure la Schlein. Che, quando vuole sa essere nettissima: l’altro giorno ha detto che firmerà il referendum Cgil anti-Jobs Act, e ci siamo complimentati. Ora invece, dopo i suoi silenzi e soprattutto le sue parole, nessuno ha capito se il Pd vuole che l’Ucraina attacchi la Russia con le armi Nato. Per gli atlantisti dem, sì. Per i pacifisti dem, no. Ma quanti Pd ci sono? La linea dovrebbe darla la segretaria, che ancora una volta sul nodo vitale dei prossimi anni è entrata in modalità Chiara Valerio e ha fatto la supercazzola guerrafondaia con scappellamento atomico. Come se il programma del Pd su un tema così decisivo potesse essere un catalogo di opzioni o un menu per tutti i gusti. Finché non avrà una posizione netta (o, se l’avrà, dovrà tenersela per sé) sulla guerra mondiale prossima ventura, la Schlein non potrà mai essere la leader dell’opposizione. E chi non vuole ritrovarsi in guerra con la prima potenza nucleare del mondo avrà ottimi motivi per non fidarsi del Pd e per non votarlo.

L'Amaca

 

Un esercito di zeri
DI MICHELE SERRA
Ci ho provato, ma non ho capito come siano stati calcolati e in quali forme eventualmente retribuiti i 46 miliardi di dollari che Elon Musk esige dalla sua creatura Tesla, con grande allarme degli azionisti. Leggere la formula “maxi-stipendio” fa sorridere.
Si tratta di quarantaseimila milioni di dollari (o di euro). Cioè quarantaseimila volte la cifra (un milione) che per la stragrande maggioranza degli esseri umani, anche in Occidente, rappresenta una certa sicurezza economica.
Per l’umanità ordinaria quella cifra è fiction: non è traducibile nella realtà, non appartiene alla vita concreta. Non è potere d’acquisto, non è ricchezza, non è denaro, non è benessere, forse non è neppure più Capitale.
Il deposito di Paperone, al confronto, appare un grosso, vecchio, patetico salvadanaio.
Il patrimonio personale di quelli come Musk (pochissimi nel mondo) è puro simbolo, è potere, è l’unzione di un dio (o di un idolo), è una quantità non quantificabile, non giudicabile. Non è più economia, è metafisica, è religione.
Chi tenta di ricollocare quelle cifre, quell’esercito di zeri, nel novero dell’economia materiale o dell’economia finanziaria, spiegandole come elemento di un grande affresco collettivo, tende a dimenticare che si tratta pur sempre, e comunque, del patrimonio almeno nominalmente attribuibile a una singola persona. Non credo conti essere di destra o di sinistra o quant’altro per cogliere che qualcosa di patologico, di degenerativo alimenta questa lievitazione surreale, mai vista nella storia umana, dell’accumulo individuale di ricchezza e di potere.
Forse i Faraoni; e, dicono, il Re Sole.
Ma è mai possibile che siamo ancora lì?

Tenerezza





Fanno tenerezza i ricconi, tutti assiepati e smaniosi di apparire! Ma vuoi mettere un bel prato, una grigliata, jeans strappati, maglietta e sopratutto amici? Speriamo restino sempre convinti che quella è la miglior vita. Almeno restano fuori dai coglioni!

domenica 26 maggio 2024

Grazie!



Grazie Stefano, grazie Olivier, grazie Simon! Senza di voi, e con questa dirigenza, difficilmente ripeteremo le gesta eroiche degli ultimi anni! Buona vita!

Qull'ombrello...

 

Il pazzo e l’ombrellaio
di Marco Travaglio
Dobbiamo essere a Jens Stoltenberg, nomen omen, per aver rimosso l’ultima foglia di fico dalle pudenda marce di un Occidente che da anni soffia sul fuoco della terza guerra mondiale. Prima allargando la Nato da 16 a 32. Poi fomentando il golpe bianco di Maidan che destituì il presidente ucraino democraticamente eletto ma non abbastanza asservito. Infine valicando l’ultima linea rossa di Mosca con l’annuncio dell’adesione di Ucraina e Georgia, a cui Putin – imperialista come noi – reagì come avrebbero fatto gli Usa dinanzi a un’alleanza militare di Messico o Canada con Russia o Cina: con l’invasione. Per 27 mesi Stoltenberg e i suoi mandanti hanno mentito ogni giorno, annunciando linee rosse che l’indomani regolarmente scavalcavano: a Kiev solo armi difensive, anzi offensive; no ai carri armati, anzi sì ma solo leggeri, anzi anche pesanti; solo missili a breve gittata, anzi a media gittata, anzi a lunga gittata; no ai caccia, sì ai caccia. È la folle logica dell’escalation. L’ultimo freno era il divieto di usare armi Nato per attaccare il territorio russo: ora Blinken e dunque Stoltenberg (che decide illegalmente senza consultare i 32 “alleati”, sennò Turchia, Ungheria e altri porrebbero il veto) vogliono autorizzare Zelensky & C. a usare i nostri missili per attaccare la Russia. Il che precipiterebbe tutti i Paesi Nato, inclusa l’Italia, in una guerra diretta con la più prima potenza nucleare del mondo (ma non era Putin che voleva attaccare noi?).
Dicono che così l’Ucraina, ora che sta perdendo anche Kharkiv, si difenderà meglio. Ma la guerra ha dimostrato l’opposto: più si allunga la gittata delle armi in mano a Kiev, più si allargano i territori che i russi ingoiano per mettere al sicuro i propri confini. Tanto i morti – almeno finché non cadrà anche il tabù delle truppe – li mettono gli ucraini, che la guerra l’hanno persa in casa loro, non in Russia, dopo aver mandato al macello una generazione per fare ciò che non era riuscito neppure a Napoleone e a Hitler: sconfiggere la Russia. Ora Stoltenberg, noto squilibrato corresponsabile della carneficina, scade. E, visto che non ne ha azzeccata una, gioca il tutto per tutto per guadagnarsi qualche altro premio fedeltà dai padroni. Gli tiene bordone il leader più stupido d’Europa, Macron, detestato da 87 francesi su 100, che vaneggia di truppe e offre un “ombrello nucleare” all’Ue in vista dell’auspicata (da lui) guerra nucleare. E, intendoamoci, va ringraziato anche lui per la chiarezza con cui ci spiega che alle Europee dobbiamo votare, e per chi: contro i gruppi popolare, socialista, liberale, verde-militare e conservatore di scuola meloniana. Cioè contro chi tace o balbetta sugli sproloqui di Stoltenberg e non dice a Macron dove se lo deve ficcare, il suo ombrello.

L'Amaca

 

Quelle parole di sette secoli fa

DI MICHELE SERRA

Capisco le buone intenzioni della prof di Treviso che, su richiesta dei genitori di due alunni musulmani, li ha esonerati dallo studio della Commedia. Ma non ne condivido la scelta. La cultura serve a contestualizzare la storia e l’arte, collocando ogni evento e ogni opera nella sua epoca. Atti ed eventi degli uomini diventano, fuori contesto, incomprensibili: un mishmash senza senso. Dante scrisse la Commedia più di settecento anni fa, in un mondo totalmente differente dal nostro e in una lingua appena nascente. Ficcò Mohammed all’Inferno (insieme a tanta altra gente, brava e meno brava) in buona sintonia con la natura giudicante e guerriera, certo non ecumenica e tollerante, del cristianesimo dell’epoca, in un’Europa fresca reduce da due secoli di Crociate. Se, per paradosso, un’opera di uguale struttura, che adottasse lo stesso vaglio etico, vedesse la luce oggi, al suo autore verrebbe consigliato un buon psicanalista, e nessun editore vorrebbe pubblicarla: non perché sconveniente, ma perché non avrebbe alcun senso. Certo, non dev’essere facile spiegare Dante a studenti musulmani. Ma se a scuola si insegnano la dominazione araba nel Mediterraneo, le Crociate, l’imperialismo delle potenze cristiane europee, l’espansione ottomana, e tutte le sopraffazioni e le violenze delle quali è fatta la storia, non è per esaltarle o per condannarle: è per conoscerle. Per sapere da dove veniamo, da quali avvenimenti, da quali credenze, da quali parole, da quale gente. Così come non esiste una messa all’indice degli eventi storici, per quanto abominevoli, non può e non deve esistere un indice delle opere dell’ingegno.

Ieri sera...

 


Non ero mai andato ad un loro concerto. Ieri sera finalmente l'ho gustato: un'esperienza unica, il nettare. del duro Rock. Una band immortale, con Angus paladino del riff. Musica esagerata, soprattutto nel volume. Oltre centomila fans adoranti per qualcosa che sfonda il muro della temporalità. 

Gli AC DC sono qualcosa di unico, irripetibile. 

Unico neo: a Campo Volo - Reggio Emila - organizzano solo per far soldi. Abbiamo lasciato l'enorme parcheggio sul prato dopo quattro ore! Quattro ore ad attendere per il caos generato dalla presenza di migliaia di auto. Ma era prevedibile almeno che tu organizzatore, assieme al comune, abbia deciso di battertene gli zebedei, la conferma nell'assenza di cartelli numerati che agevolassero l'identificazione della propria auto; ho visto personalmente gente che vagava ancora alle 4 del mattino alla ricerca del mezzo per tornare a casa. 

Peccato perché poteva essere una serata speciale, quasi come i venditori di birra che hanno incassato cifre lontane ogni logica. 

Concludendo: grandissimi AC DC! Viva il Rock!   

sabato 25 maggio 2024

Ohhh!!!



Piange il riccastro e la sua famiglia, paventando drammaticità nei cento milioni di buco, cento milioni leggasi bruscolini per questi trevigiani fagocitanti che negli anni della concessione autostradale hanno gozzovigliato incredibilmente con i beni pubblici, evitando di manutenzionare ponti - c’è bisogno di aggiungere altro alla parola ponti? - guardrail (assassinio dei poveri passeggeri ad Avellino - per introitare sempre più risorse, miliardi di euro, e poi con quei caxxo di autogrill vendendo acqua come se fosse Sassicaia - chi li frequenta è un Donzelli - sempre e costantemente alla ricerca del lucro. E ora piangono poverini! Chissà saranno alla ricerca di altri finanziamenti. Non posso guardarli in faccia dal giorno seguente il crollo del Morandi, allorché festeggiarono lo stesso il Ferragosto nella loro pacchiana villona montana! 
Ho ribrezzo e nausea! Piangono per cento milioni, non per i morti assassinati dal loro menefreghismo. Certo, danno la colpa a quell’altro bifolco di Castellucci che, grazie agli avvocatoni e agli arzigogoli probabilmente la farà franca, essenzialmente perché siamo un paese di merda!

Quasi quasi…



Non si augura il male a nessuno…però due anni diarroici a questo stolto anzi Stoltoenberg quasi quasi…

Sing!



Mi sono commosso al messaggio d’addio del presidente della seconda squadra di milano, attualmente cartonata. 
In pratica, traducendo dal cinese arzigogolato ha detto:

“Ho fatto un sacco di puffi alterando il campionato, poi quando è arrivato il momento di pagare mi han portato via lo società perché sono insolvente!” 
Ma va a cagher!

Rimbotto

 

La scomparsa dei fatti
di Marco Travaglio
La scomparsa dei fatti si rende necessaria quando disturbano le opinioni e i pregiudizi del pensiero unico. Quello occidentale e atlantista ha speso 27 mesi a tentar di convincere le sue opinioni pubbliche sempre più scettiche che era Putin a non voler trattare sull’Ucraina, non l’asse Usa-Nato-Kiev. Poi Zelensky proibì per decreto i negoziati con Mosca, ma si fece finta di niente. Poi l’ex premier israeliano Bennett e il presidente turco Erdogan, ma anche Putin e alti diplomatici ucraini confermarono che nel marzo del 2022, poche settimane dopo l’invasione russa, in Turchia le delegazioni di Mosca e Kiev avevano raggiunto un accordo sul cessate il fuoco che prevedeva: ritiro dei russi, integrità del governo Zelensky, autonomia del Donbass e neutralità dell’Ucraina, che non sarebbe entrata nella Nato, semmai nell’Ue (Zelensky lo disse tre volte in un mese). Poi Johnson, spalleggiato da Biden, si precipitò a Kiev per intimare a Zelensky di non firmare la tregua e seguitare a combattere per sconfiggere la Russia e abbattere Putin. Ora, dopo mezzo milione di morti, Putin ripete a ogni piè sospinto di essere pronto a un accordo sulla bozza turca. In passato si obiettava: per forza, le sta buscando (era falso, ma questo raccontava la propaganda). Ora non c’è un osservatore in possesso delle facoltà mentali che osi più ripetere quella panzana, visto il flop della controffensiva ucraina del 2023 e la marcia dei russi su Kharkiv, seconda città del Paese.
Si potrebbe rispondere che Putin bluffa, ma bisognerebbe almeno riportare le sue parole. E spiegare perché non si appronta un tavolo per invitare anche lui e andare a vedere l’eventuale bluff. Invece anche ieri – come sette giorni prima, quando l’autocrate parlò dalla Cina, i grandi media occidentali (e soprattutto italiani) nascosero le sue aperture al negoziato e nessun governo Nato le commentò – silenzio di tomba. A parte la solita giaculatoria di quel poveretto di Scholz: “La guerra finisce quando i russi si ritirano” (ci parla lui). Al confronto Orbán sembra lucido: “L’Ue si prepara ad attaccare la Russia”. Intanto la Francia fa esercitazioni e test nucleari, ma nessuno titola: “La Francia minaccia l’atomica” (quelli sono titoli riservati a Mosca quando fa altrettanto). Già che c’è, quel disperato di Macron pensa di celebrare lo sbarco in Normandia senza i russi (che per battere il nazismo sacrificarono 29 milioni di morti), ma con gli ucraini (che stavano con Hitler). E sbarca in Nuova Caledonia, “territorio d’Oltremare francese” ricco di nichel, con mille soldati. Ma i colonialisti e gli imperialisti sono solo i russi e i cinesi. E poi dicono che le elezioni europee non sono importanti: se già servissero a spazzare via questi manigoldi, sarebbero tutta manna dal cielo.

L'Amaca

 

Le mamme i papà e i parà
DI MICHELE SERRA
Il Salvini è tornato al suo cavallo di battaglia, il pezzo più eseguito del suo repertorio: le mamme! I papà! Contro il logorio della vita moderna: la famiglia come ai bei tempi, mica come la vorrebbe l’Europa corrotta e debosciata! Nell’Italia centrale non esiste nemmeno un papà, si dice babbo, ma sono lande infestate da comunisti, e poi “i babbi” non suonerebbe schioppettante e lieto come “i papà”. E il Vannacci, l’altro omone del tandem leghista, apprezzerà anche l’assonanza tra papà e parà.
Quanto alle mamme, oh, le mamme! Scampate ai poetastri, alle canzoni mielose, alle feste della mamma, a un carico retorico che schianterebbe una portaerei, alla chiusura dei reparti maternità di mezza Italia, alla penuria di asili nido, alla lacerazione tra lavoro e prole, ai buoni maternità che fanno venire in mente i punti-premio del supermercato (questi ultimi, però, più attendibili e puntuali), al recente stigma contro la limitata produttività (signora, non si vergogna di fare solo 1,3 figli? Arrivi almeno a due!), ora sono pure chiamate, ultimo oltraggio, a fare da testimonial del Salvini e del Vannacci.
Nella campagna elettorale della Lega sono contrapposte, insieme ai papà, a una figura-fake, un giovanotto identico al Gesù di Zeffirelli però incinto, con la barba ma anche un po’ di tette, e in grembo un bambinello (l’intero presepe in un corpo solo). Come è noto, il problema degli uomini incinti è uno dei più sentiti e discussi, in vista delle elezioni europee. Nelle case, nei bar, nei posti di lavoro non si parla d’altro, malgrado i poteri forti vogliano nascondere alle mamme e ai papà, ma anche alle nonne, ai cognati, agli zii, la durezza dei tempi che corrono.

Ah ecco!



Chissà perché ma mi arriva all’orecchio la musica di Stanlio e Ollio…

Eccoli!



Son tornati i partecipanti alla Sardina Cup, intruppati come scolaretti dalla rapto-tecno-politica smargiassa di Yoghi, pronti a gustare panorami e luoghi che esigerebbero silenzio, rispetto, degustazione del frizzantino marino. Invece, come beoti che fotografano i quadri nei musei, non comprenderanno la differenza tra Vernazza e la metro di Tokyo, Riomaggiore e il Gran Bazar di Istanbul. Accolti dalla tipica gentilezza rivierasca ligure, simile a quella di un vegano che chiede tofu a Cecchini a Panzano in Chianti, trascorreranno una giornata all’aria aperta, tornando a casa intontiti e storditi più che Donzelli al Cern svizzero, ponendosi silenziosamente la madre di tutte le domande: “ma cosa caxxo ci sono andato a fare che ho pagato il treno più che il caviale, ho mangiato al terzo turno fritture dei mari del Nord, ho comprato focaccia ad once come l’oro, acqua quanto un Sassicaia, e ho visto un coriandolo di mare?!?”

Daniela in punta di fioretto

 

Giorgia, Lollo&C. cazzari si nasce
PAROLE AL VENTO - C’è chi dice che ministri e parenti di Meloni sono troppo ridicoli per essere fascisti, ma anche il regime lo era. Dalla “sana alimentazione” nella Carta alla “banda musicale” di via Rasella
DI DANIELA RANIERI
A chi dice che ministri e/o parenti di Giorgia Meloni sono troppo ridicoli e ciarlieri per essere fascisti, ricordiamo che anche il fascismo era ridicolo e ciarliero (Gadda su Mussolini: “Primo ministro delle bravazzate… Maresciallo del cacchio, primo Racimolatore e Fabulatore ed Ejettatore delle scemenze e delle enfatiche cazziate”), anche se forse non così tanto.
Ogni giorno passa una sfilata carnascialesca di scappati di casa; altro che la schiera promessa di geni incompresi, intellettuali controversi, vati, poeti e profeti che dal Colle Oppio (ma pure da Milano 2 e dai capannoni della Lega), dopo 70 anni di ostracismo dei “governi della sinistra”, avrebbe rifatto grande l’Italia a passo romano.
Il nostro preferito è Francesco Lollobrigida, ministro cognati causa. L’altro giorno da Pescara (ci avete fatto caso? Lollobrigida è sempre in trasferta, a inaugurare qualcosa o a cianciare in qualche convegno, come quegli impiegati pubblici che sono sempre “fuori stanza”), ha scandito con tono stentoreo che, tramite l’apposito capogruppo di FdI alla Camera Foti, vuole modificare l’art. 32 della Costituzione, quello che dice che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, aggiungendoci quel suo pallino della “sovranità alimentare”. Perciò: la suddetta Repubblica “garantisce la sana alimentazione del cittadino. A tal fine… tutela i prodotti simbolo della identità nazionale”. Lollo da Tivoli emenda i Padri Costituenti, che hanno pensato alla salute pubblica e si sono dimenticati il Barolo dop e la mozzarella di bufala campana. Secondo Lollo “i poveri mangiano meglio” (infatti lui, gourmet sopraffino, consuma i suoi pasti alla Comunità di Sant’Egidio). Una volta dal Tg1 delle 20 si collegò con la Iss, la Stazione spaziale internazionale, per annunciare l’invio a bordo di tre chili di fusilli: “Scegliere di portare la pasta italiana è una sfida alla space economy! Avremo una stazione sulla luna e su altri pianeti, senza rinunciare al grano dei nostri agricoltori!”. Sul più bello saltò il collegamento con la Iss, segno che pure le correnti gravitazionali si sono ribellate alla mega-cazzata siderale. Come dimenticare quando chiese a Trenitalia, che obbedì celermente come avrebbe fatto con chiunque di noi, di fermare un treno ad alta velocità a Ciampino per non fare tardi all’imprescindibile inaugurazione di un giardinetto a Caivano (a Lollo piace inaugurare, come quando, da assessore regionale, inaugurò il sacrario di Affile dedicato a Rodolfo Graziani, gerarca fascista e criminale di guerra). Poi respinse l’accusa di aver usato un’espressione neo-nazista, “sostituzione etnica”, ammettendo di essere un ignorante (d’altronde s’è laureato in una università online, a proposito di merito). Giorni fa ha detto che gli animali “non sono esseri senzienti”, quindi si possono mangiare (per sillogismo, possiamo mangiare pure alcuni ministri), ma del resto i texani della Garbatella approvarono in commissione Bilancio un emendamento che consentiva di sparare ai cinghiali anche in città e, in caso, di consumarli in loco.
Il ministro dell’Interno Piantedosi, che passerà alla Storia per il decreto che ha spezzato le reni ai rave, dopo la strage di Cutro rimproverò i genitori dei bambini morti, “irresponsabili” che non fanno abbastanza per il riscatto del loro Paese. Poi per gli sbarchi triplicati diede la colpa agli italiani, troppo “attrattivi” per i migranti (Crosetto ai mercenari della Wagner, prima che il loro capo si ribellasse a Putin diventando il leader spirituale dei liberali atlantisti e candidandosi de facto a editorialista del Foglio).
Il presidente del Senato La Russa sostiene che i nazisti uccisi in via Rasella fossero “una banda musicale di semi-pensionati” (con sei bombe a mano attaccate alla cintola per le percussioni) e propose una “mini-naja di 40 giorni” per ragazzi che vogliano “partecipare alla vita militare” e “imparare cos’è l’amore per l’Italia”, convertibile in “punti per l’università” (avremo chirurghi incapaci di operare perché si sono mini-arruolati per la Patria).
Menzione d’onore per la ministra al Twiga Daniela Santanchè, imputata per truffa aggravata allo Stato, difesa dalla Meloni fino alla eventuale condanna: solo allora verrà promossa a più alta carica istituzionale.
Il ministro della presunta Giustizia Nordio, col favoreggiamento di tutta la destra compreso Renzi, vuole abolire intercettazioni, trojan e reato di abuso d’ufficio (perché le condanne sono poche; fossero state molte, avrebbero detto che era da abolire perché non serve da deterrente); per lui i magistrati sono psicopatici fino a prova contraria (il “test Minnesota”, superato dal ministro stesso, a riprova della sua precisione).
Vale due parole Valditara, ministro dell’Istruzione e financo del Merito, secondo cui gli studenti devono imparare l’umiliazione (ma voleva dire “umiltà”: mica tutti devono sapere l’italiano): sua l’idea del liceo del Made in Italy per “valorizzare e promuovere le eccellenze italiane”, un flop epocale con meno iscritti di una bocciofila di paese (e ora chi manderà la carne chianina su Marte, come sognato da Lollobrigida?).
Notevole Sangiuliano, ministro della Cultura dopo anni di ostracismo (era direttore di un Tg nazionale, praticamente viveva nelle catacombe), che allo Strega vota i libri che non legge, voleva offrire il Colosseo (o Pompei) a Zuckerberg e Musk per azzuffarsi in una location antica romana e crede che Dante sia “il fondatore del pensiero di destra in Italia”, insieme a Montesano e Pino Insegno, s’intende.
Di questi bamboccioni s’è circondata Giorgia, che si faceva chiamare “il Presidente” e ha ripiegato sul più casual “Giorgia” perché lei è “del popolo”, cosa che ad alcuni fa pensare a Evita (Peron), mentre il riferimento più adatto è alle troniste di Maria De Filippi. Ciò perché “il palazzo non mi isolerà”, ma è lei il palazzo! Intanto, si è comprata una villona da 1 milione di euro, altro che “attico a New York” di Saviano, stigmatizzato per anni da Giorgia e peraltro mai posseduto dallo scrittore.
Mussolini per Gadda era il “Capocamorra”: sebbene FdI sia piena di arrestati per camorra e ’ndrangheta, diciamo che Meloni è la Capocazzara.