Il pennarello della signora Haley
DI MICHELE SERRA
Che una donna americana di 52 anni, persona pubblica e con cariche politiche rilevanti, abbia potuto scrivere “finiteli!” su un missile israeliano, così come si firmano i palloni da calcio o le magliette, è così triste, così desolante, che si fatica a trovare le parole per dirlo. Non perché il missile sia israeliano, ma perché è un missile. Non perché Nikki Haley sia un esponente di punta della destra americana, ma perché è una donna, madre di due figli.
Di soldatacci che scrivono ogni possibile sconcezza, per farsi coraggio, sulle loro ogive scintillanti, è pieno il mondo. La sola maniera di combattere la paura della morte è urlare viva la morte. La guerra è una saga fallica, ed è solo quando ingoi il tuo sangue con la faccia nel fango che abbassi la cresta e invochi la madre: vorresti non avere mai lasciato le sue braccia. Dunque la foto di una madre, in jeans e maglietta, con l’aria della turista disinvolta, che si avvicina a una batteria di missili, vettori di morte anche per molti innocenti e per molti bambini, e esorta quella ferraglia all’annientamento del bersaglio (esseri umani), fa un effetto catastrofico. Nel senso letterale: è un annuncio di catastrofe.
Uomini e donne, da che mondo e mondo, hanno fatto anche molto di peggio, come tutti ben sappiamo. Eppure avevamo coltivato la piccola illusione, nell’ultimo paio di generazioni, che molto dipendesse dal testosterone, dal predominio millenario del maschio. E avevamo riposto qualche millesimo di grammo di speranza nelle donne, in quanto portatrici di vita. Poi arrivano le signore Haley con il pennarello carico, e il soffio di speranza si assottiglia ulteriormente.
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