Meloni una del popolo? Per ora sta con le élite
DI DANIELA RANIERI
Non c’è dubbio che Giorgia Meloni sia una “del popolo”: come da autobiografia-best seller, per natali e formazione non la si può certo annoverare tra le figlie della borghesia progressista e cosmopolita. Certo, essere diventata ministra di Berlusconi a 31 anni, sebbene in un ministero di pura propaganda (“della Gioventù”, chissà perché non “della Giovinezza”, primavera di bellezza), fa scricchiolare il racconto della underdog che, salita sulla metro a Garbatella, arriva a Palazzo Chigi per prendere la campanella dalle mani di Mario Draghi.
Sul vanto di essere della parte del popolo contro i salotti radical chic Meloni ha impostato la campagna elettorale per essere eletta al Parlamento europeo dove non andrà: chiede agli elettori di scrivere “Giorgia” sulla scheda (come se il popolo non avesse cognome, come se i popolani non si firmassero anzi prima col cognome: “Meloni Giorgia”), si fa beffe di chi la accusa di aver occupato la Tv fingendo che l’egemonia dei suoi ministri-intellettuali (Sangiuliano, Lollobrigida, Pino Insegno) goda davvero di consenso popolare; poi, per stare vicina al popolo e non alle élite manettare, manda a prendere un ergastolano a Miami con un Falcon 2000 e lo riceve in aeroporto con tutti gli onori come un eroe, un patriota (ha solo ammazzato un cristiano: basterà per farlo almeno sottosegretario?). Forse spera che pochi, tra chi la ama (“fuoriclasse”) e chi la odia (“fuoriclasse fascista”), si prendano la briga di elencare le sue contraddizioni.
Provvediamo. Bloccando il decreto sul Redditometro, ha detto che l’obiettivo del governo è “contrastare la grande evasione, non vessare le persone comuni”, come se le persone comuni non usassero beni e servizi destinati alla collettività e come se pagare le tasse volesse dire essere vessati. Del resto un anno fa definì le tasse “pizzo di Stato”: “L’evasione devi combatterla dove sta, big company, banche, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato perché devi fare caccia al reddito”. Cioè, lo Stato perpetra il racket sui cittadini esattamente come i mafiosi sui commercianti. Ma ammettiamo che Meloni voglia chiudere un occhio sui piccoli evasori perché intende colpire le banche, come si concilia tale proposito con la retromarcia del governo sulle tasse sugli extraprofitti delle banche, annunciata ad agosto come “misura di equità sociale” e serenamente rimangiata a settembre, con sollievo di Mediolanum della proletaria famiglia Berlusconi? Puntare ai voti degli evasori (medici, tassisti, commercianti No Pos), che evadono un totale di 100 miliardi di euro, è pur sempre una strategia, ma sulle spalle del popolo che paga le tasse.
In merito al referendum sul premierato, Meloni ha detto che “sarà il popolo a parlare” (come no: dai carburatoristi della Magliana alle parrucchiere del Tufello, il popolo non chiede che di poter eleggere direttamente il premier, come hanno fatto in Israele prima di accorgersi che era una barzelletta) e che “il mondo della conservazione, i salotti radical chic, si muoverà contro” (Renzi li chiamava “professoroni”, “archeologi travestiti da costituzionalisti”, etc.). Ma non si era autonominata, Meloni, leader dei conservatori? Nel 2021, quando voleva eleggere Berlusconi presidente della Repubblica, lanciò il Manifesto dei conservatori ad Atreju (festa patriottica basata su un romanzo fantasy tedesco, vabbè), a “difesa dei valori fondamentali per la società, come la famiglia” (e chi meglio di Berlusconi a difesa della famiglia tradizionale) e per “difendere le nostre nazioni dai tentativi di privarle dei loro poteri”.
Missione fallita: il ministro dell’Economia Giorgetti ha firmato a dicembre il Patto di Stabilità (deciso in un vertice privato tra Germania e Francia) che rischia di spingerci alla recessione incaprettandoci con tagli per 12,5 milioni l’anno fino al 2031, soldi che non verranno sottratti agli armamenti (ci siamo impegnati con la Nato per l’aumento al 2% del Pil per le armi, 13 miliardi l’anno), ma alla Sanità pubblica e al welfare. Meloni voleva scardinare le élite, scavare come la talpa di Marx sotto l’orto dei padroni del neoliberismo, e poi, diventata capa del governo, ha fatto tutto quello che volevano le élite europee, dal firmare diligentemente gli invii di armi all’Ucraina al prendere il tè con la Von der Leyen al dolce suono dei missili Samp-T.
Infine, l’aporia fondamentale: come può una del popolo affamare i poveri, togliendogli il Reddito di cittadinanza, come volevano Renzi e Confindustria? Parliamo di un milione di famiglie (Istat) che hanno visto annullarsi o ridursi il sussidio (i poveri, 5,6 milioni di persone, non votano e comunque sono meno degli evasori). Con quale popolo parla Giorgia? Farebbe bene a tornare nei mercati rionali, invece di vantarsi nelle sue scenette comiche di aver tenuto a bada i mercati finanziari con lo spread, il feticcio delle élite contro cui diceva di battersi.
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