giovedì 31 gennaio 2019

Fatti lagunari loro


Segnalo una diatriba nel Patriarcato di Venezia, ben sapete da chi retto e diretto.

Non commento né m'espongo in merito. Solo allego due articoli.

Il primo dal Fatto Quotidiano: Clicca qui per leggerlo

Il secondo, la risposta del Patriarcato: Clicca qui per leggerlo

Punto. 

Così è se vi pare



C'è un clima da novena nei meandri obsoleti della vecchia politica; tutti genuflessi ad attendere il si o il no del Movimento riguardo la vicenda del Cazzaro Verde. Molte pie donne pare affrontino le scalinate ecclesiali per chiedere che Di Maio si schieri per l'autorizzazione a procedere nei riguardi dell'alleato (personalmente lo sono anch'io senza ombre e senza dubbi) in modo da mandare a catafascio questo governo degli imbelli, dei nullafacenti, dei presuntuosi, a parer loro naturalmente. Rosari, accensione smodata di ceri e ceci sul pavimento per giaculatorie del tipo "Santa Rosa da Forlì fai decidere Giggino per il Si!"
Scalpitano come puledri nel pre palio, pregustando nuove gesta eroiche, nuovi ammiccamenti lucrosi, nuove avventure predatorie, incensi e paillette osannanti una casta immarcescibile, granitica, sostenuta dal meglio dello snob culturale alla Capalbio, quello snobismo che predilige le corporazioni finanziarie alle difficoltà delle masse. Su tutti questi penzolanti sul baratro del sano anonimato c'è naturalmente lui, il Delinquente Naturale, che arde, geme, si ansia nel cercare di affossare l'attuale compagine governativa la quale, prima o poi, potrebbe arginare lo spudorato ventennale agire politico salvaguardante i suoi interessi, immensi e tipici di una sanguisuga.
Attorno a quest'attesa restano ammutoliti i giornaloni proni e i media non ancora ripresisi da decenni di occupazione culturale delle passate ere, quella del Puttanesimo e la più recente del Ballismo. Nessuno infatti che ricordi agli allocchi che l'accozzaglia di incapaci guidata da Di Maio continua a rifiutare soldi pubblici e a non costare nulla in campo organizzativo. Quisquilie che si perdono nella vastità di orazioni pro Si del Movimento.

Leggi travagliate


giovedì 31/01/2019
La legge è uguale per gli altri

di Marco Travaglio

Da mesi il Pd ripete che il reddito di cittadinanza è una pacchia per fancazzisti e finti poveri ansiosi di poltrire sul divano a spese dello Stato. Ora si scopre che un dipendente del Caf-Cgil di Palermo insegna a fancazzisti e finti poveri i trucchi per incassare il reddito senz’averne diritto. Indovinate chi è? Un consigliere comunale del Pd a Monreale (Palermo). La classica profezia che si autoavvera grazie a chi l’ha fatta. La notizia, anzi la parabola, fa il paio con le truppe da sbarco del Pd che fanno la staffetta sulla nave Sea Watch, aggravando vieppiù le condizioni dei migranti, scampati al naufragio ma non a Martina e Orfini. Una staffetta che sarebbe più completa se, a bordo della nave dell’Ong tedesca battente bandiera olandese ma specializzata in porti italiani, fossero saliti anche Minniti e Gentiloni: avrebbero potuto spiegare un bel po’ di cosette sulla Libia, la Tunisia, le Ong, gli scafisti e l’Ue al comandante, ai passeggeri e soprattutto agli smemorati staffettisti. Invece mancano all’appello i due responsabili della stretta sull’immigrazione che ora tutti attribuiscono a Salvini, invece era già stata avviata dal governo precedente. Persino sulla chiusura dei porti, auspicata da Minniti e bloccata da Delrio (come rivelò quest’ultimo): eppure all’epoca furono in pochi, a sinistra, a scoprire di non essere pesci.

Ora la Giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato deve rispondere alla richiesta del Tribunale dei ministri di processare Salvini per sequestro di persona sul caso Diciotti. E già si sa che Lega e FI voteranno no, mentre Pd e sinistra diranno sì. Invece i 5Stelle, dopo aver annunciato il sì, si tormentano su un punto non secondario: il quesito non è, come nei casi di immunità parlamentare, se Salvini sia perseguitato dai giudici; ma se il ministro dell’Interno (con tutto il governo) abbia tenuto per 5 giorni la nave Diciotti nel porto di Catania per “un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per un preminente interesse pubblico”. Se la questione fosse solo giuridica, dovrebbero rispondere che sì, lo scopo non era sequestrare quei disperati, ma inchiodare gli altri Paesi all’impegno assunto un mese prima in Consiglio europeo di ripartirsi su base volontaria i migranti in arrivo (tant’è che appena Vaticano, Irlanda e Albania si dissero disponibili, la nave sbarcò). E negare l’autorizzazione a procedere. Ma la questione è soprattutto politica e il M5S si suiciderebbe se votassero con FI e Lega per salvare il ministro: meglio autodenunciarsi e assumersi la responsabilità della scelta; ma autorizzare il processo.

Così saranno i giudici terzi, non la maggioranza parlamentare, a stabilire se quella decisione politica fu un delitto o no. Tantopiù che la lealtà e la solidarietà ora invocate da Salvini sono state tradite da lui stesso, che prima s’è fatto campagna elettorale giurando di farsi processare come un cittadino qualunque, e ora se ne fa un’altra con la tesi opposta, che per giunta gli “alleati” hanno scoperto non dalla sua voce in un vertice di maggioranza, ma leggendo la sua improvvisa lettera al Corriere. Ora i 5Stelle se la vedranno con la loro coscienza e la loro eventuale coerenza. Ciò che fa sorridere sono le lezioni di legalità del Pd, schierato fin da subito, prim’ancora di leggere le carte del Tribunale, per il sì al processo. Posizione lodevole, se non fosse del tutto inedita. Sia perché il Pd, a ogni richiesta di insindacabilità per parlamentari imputati o di autorizzazione all’arresto o all’utilizzo delle intercettazioni (dove l’immunità c’entrava eccome), ripete sempre la litania del “bisogna leggere le carte”. Sia perché, dopo averle lette, ha quasi sempre salvato i parlamentari dai processi, dagli arresti e dalle indagini basate su intercettazioni. Dal 1994 a oggi, tenendo fuori Tangentopoli per mancanza di spazio, i giudici hanno chiesto l’autorizzazione ad arrestare 35 fra deputati e senatori, per reati di mafia o di vil denaro: le risposte sono state 5 sì e 30 no. I 5 arrestati sono Papa (FI), Lusi (Pd), Galan (FI), Genovese (Pd), Caridi (Gal). I 30 salvati sono: Previti (FI), Dell’Utri (FI), Cito (centrodestra, 2 volte), Matacena (FI), Firrarello (FI), Giudice (FI), Sanza (FI), Luongo (Ds), Di Giandomenico (Udc), Blasi (FI), Adolfo (Udc), Fitto (FI), Simeoni (FI), Di Girolamo (FI, due volte), Cosentino (FI, due volte), Marano (FI, due volte), Nocco (FI), Tarantino (FI), Nespoli (An), Tedesco (Pd), e De Gregorio (FI), Margiotta (Pd), Milanese (FI), Azzollini (Ncd), Bilardi (Ncd), De Siano (FI).

Nella stragrande maggioranza dei casi, il Pd (o i precedenti partiti del centrosinistra, eccezion fatta per l’Idv) ha votato contro i giudici e pro indagati, come dimostrano i salvataggi nelle tre legislature in cui il centrosinistra aveva la maggioranza. Nel 1996-2001 scamparono alle manette Previti (indagato per corruzione giudiziaria), Dell’Utri (calunnia ai pentiti che lo accusavano di mafia), Cito (concorso in Sacra corona unita), Matacena (concorso in ’ndrangheta) e Firrarello (concorso in mafia). Nel 2006-08 Adolfo (corruzione e truffa), Fitto (corruzione e illecito finanziamento) e Simeoni (associazione a delinquere e corruzione). Nel 2013-18 Cesaro (concorso in camorra), Azzollini (associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, induzione illecita), Bilardi (peculato e falso) e De Siano (associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta). Ora il Pd che ha miracolato tutta questa bella gente e ancora il mese scorso ha regalato l’insindacabilità-impunità alla leghista Cinzia Bonfrisco imputata di associazione per delinquere e corruzione, voterà a occhi chiusi per processare Salvini. Secondo voi, si sono convertiti improvvisamente alla giustizia uguale per tutti, o c’è dell’altro?

Ottimo pensiero


Né élite né gente democrazia è unire la società

di GUSTAVO ZAGREBELSKY

A nessuno è precluso l’ingresso nelle classi dirigenti ma nessuno è immune dalla caduta, valori e difetti sono divisi equamente. Per questo non ci sono patti tra alto e basso ma un continuo lavoro contro le divisioni
L’articolo di Alessandro Baricco E ora le élite si mettano in gioco ha dato impulso a un dibattito intorno a quest’affermazione: tra le élite e la gente si è rotto “un certo patto”, e la gente adesso ha deciso di fare da sola. I commenti che ne sono seguiti hanno assunto queste proposizioni come punto di partenza obbligato. A me pare, tuttavia, che contengano qualcosa di ambiguo, forse di fuorviante. Provo a chiarire i perché di un disagio non solo concettuale. I termini élite, gente, patto e rottura del patto, fare da sé appartengono, mi sembra, a un linguaggio non adeguato al nostro tempo.
La parola élite suggerisce l’idea di un ceto ristretto di “ottimati”, cioè di un’aristocrazia di “eletti” («molti sono i chiamati, pochi gli eletti»): élite viene da lì e indica la parte migliore, i pochi che si distinguono dalla parte peggiore, i molti. I migliori possono legittimamente pretendere di avere più diritti, di sovrastare i molti, i peggiori.
Costoro sono definiti con una parola negativa: “la gente”. Con gente intendiamo l’insieme di individui privi di qualità, uomini-massa simili gli uni agli altri nell’essere mossi da interessi egoisti e di breve durata, orgogliosi della propria mediocrità, in realtà frustrati, aggressivi e violenti nei confronti dei diversi da loro. La loro cultura è fatta di luoghi comuni, di pregiudizi, di vocaboli vuoti ai quali si affezionano per mascherare la propria ignoranza. Il loro desiderio predominante è di soppiantare gli uomini superiori e da qui nasce «la ribellione delle masse».
Quest’espressione è il titolo d’un libro pubblicato nel 1930, un tempo in cui i fascismi incombevano pressoché in tutta Europa. Il suo autore, lo spagnolo José Ortega y Gasset, descrive magnificamente il degrado della democrazia dovuto al prevalere di “quella gente”, degrado che avrebbe finito per renderla invisa ed esposta inerme ai suoi nemici.
Questi pensieri facevano parte d’una ideologia e d’una teoria politica, la teoria delle élite, condivisa da ciò che ancora restava della gloriosa tradizione liberale ottocentesca. Gli elitisti vedevano con preoccupazione l’ascesa politica delle masse, ascesa che non avrebbe portato all’estensione, ma al tracollo della democrazia a favore dei demagoghi che avessero saputo meglio accarezzare gli impulsi irrazionali ed emotivi della gente, oggi diremmo i populisti. Così si proponevano come garanti della stabilità e dell’ordine politico, e pensavano di poter offrire questa garanzia per stipulare un patto con la gente comune: solo che era un patto di sudditanza, destinato a essere rotto non appena se ne fosse presentata l’occasione, cioè molto presto.
Oggi siamo ancora, e lo saremo sempre, alle prese con la questione della qualità della democrazia. Tra i tanti suoi problemi, questo è forse il maggiore. Ma crediamo che lo si possa affrontare usando ingredienti come élite e gente?
Quando si tratta di definire come è composta l’élite, si mettono in un unico calderone, per esempio, medici, universitari, avvocati, politici, preti, giornalisti e artisti di successo, imprenditori e dirigenti politici, ricchi e super-ricchi, quelli che allo stadio vanno in tribuna e «quelli che hanno in casa più di cinquecento libri». Capiamo di cosa parliamo? Ci sono cose troppo diverse: professionisti, dirigenti politici, imprenditori, privilegiati, benestanti.
Diciamo: sono coloro che si pongono nella parte alta della piramide sociale e, qualificandosi élite, pretendono che ciò basti perché debba riconoscersi loro un plusvalore morale.
Quest’insieme è piuttosto l’establishment. Come “gente” suona male presso le élite, così “establishment” — o se vogliamo usare le nostra lingua: casta di intoccabili — suona male presso la gente.
D’altra parte, può farsi il medesimo discorso rovesciandolo. La gente non è solo egoismo, irrazionalità, emotività, volgarità, violenza, ecc. C’è questo, ma anche altro.
Spesso troviamo saggezza, pazienza e, soprattutto, conoscenza ed esperienza pratiche, concretezza, spirito di solidarietà: cose che difficilmente si trovano nell’establishment. Come nelle élite, anche qui c’è un miscuglio di cose buone e cattive.
Dunque, tra élite e gente, non è possibile alcun patto, e non perché ci sia insanabile inimicizia, ma per la semplice ragione che non si saprebbero individuare le parti separando vizi e virtù. Sono mescolati e tutti ne sono responsabili. Tra parentesi: i patti possono esserci nella distribuzione del potere sociale e si chiamano compromessi, come è stato il cosiddetto compromesso social-democratico. Ma questo riguarda altra cosa, non la democrazia e la sua qualità.
Insomma, a nessuno è precluso di essere o dirsi élite; ma nessuno è immune dall’essere o essere detto gente o gentaglia.
Ciascuno di noi è al tempo stesso, per qualche aspetto, élite e per qualche altro gente.
Questa è la democrazia, l’unico regime non manicheo. Sono i regimi non democratici, quelli che separano a priori i buoni e i cattivi, quelli degni di governare e quelli cui tocca ubbidire. Onde quando, per esempio, certi risultati elettorali non ci soddisfano, anzi ci disgustano, non diciamo: ha vinto la feccia, perché ciò autorizza a sentirci rispondere: feccia sarai tu. È purtroppo quello che accade: ci si scontra davanti agli elettori con l’intento di squalificarci reciprocamente. Il motto dilagante di questo modo degradato d’intendere il dibattito pubblico è: «Si vergogni».
Tra le «promesse non mantenute» della democrazia, più di trent’anni fa Norberto Bobbio indicava «il cittadino non educato», espressione che dice in modo misurato individuo-massa, di cui sopra.
L’idea degli ottimisti secondo i quali l’esercizio della democrazia è la migliore scuola di democrazia fu a lungo uno degli argomenti preferiti a favore del suffragio universale e, oggi, a favore del voto agli stranieri residenti.
Guardiamoci intorno.
L’esperienza, dicono i pessimisti, dimostra piuttosto il contrario. La democrazia (come del resto tutte le forme di governo) si logora con l’uso.
Non solo aumenta l’apatia (l’astensionismo), ma prevalgono gli istinti più bassi, l’ignoranza pericolosa, l’egoismo. Per questo, in questo autunno della democrazia, le proposte che circolano sono piuttosto a favore del restringimento del diritto di voto togliendolo a chi lo userebbe pericolosamente, o limitandone il più possibile l’esercizio. Vecchissima storia, che si ripresenta oggi sotto un neologismo piuttosto ripugnante, la epistocrazia, il governo di coloro che sanno, degli esperti, dei dotti: un modo per riverniciare a nuovo il potere dei pochi a danno dei molti.
Che dire? Se dovessi basarmi su quel che vedo, direi che nulla è scontato. Il diffuso pessimismo è fronteggiato, in maniera che mi pare crescente, da un desiderio di comprendere che si manifesta nelle aule scolastiche, perfino nelle piazze e in ogni occasione d’incontro su temi di cultura politica. Qui compare quel pezzo di élite che è indicato come coloro che hanno in casa cinquecento libri. A questi spetta il compito e la responsabilità concreta di cucire la società, di evitare che, per l’appunto, essa si divida in élite e gente.
Ricordo che in un passo dei Quaderni di Antonio Gramsci, in cui si discuteva il nostro tema, partendo dalla domanda: come si può ammettere che il voto di Benedetto Croce valga come quello del pastore analfabeta transumante nel centro della Sardegna, si rispondeva così: il pastore non ha nessuna colpa, la colpa è di quelli — politici e intellettuali — che non hanno saputo raggiungere il pastore per imparare qualcosa da lui e per insegnare qualcosa a lui. Il che non si può fare se si crede che la cultura sia tutta racchiusa nelle biblioteche.

martedì 29 gennaio 2019

Foschia livornese o di redazione



All'inizio ho pensato: sarà stato un caciucco troppo pepato, o forse la nebbiolina che ogni anno s'addensa nella cervice dei componenti la squadra per antonomasia lontana anni luce da quel trofeo. 

Poi dopo qualche minuto, ritornando alla pagina web di Repubblica il mistero si è risolto: 



Il confezionatore dell'articolo dovrebbe aver passato una notte piuttosto agitata, visto che si è pure bevuto un congiuntivo! 

Perché meravigliarsi?




Grazie all'ottimo sito Linkiesta, a proposito seguitelo; è sempre aggiornato e proponente ottimi scoop, siamo venuti a conoscenza di un abnorme confitto d'interessi in ambito festival di Sanremo. Partiamo da una importante precisazione: l'attuale dirigenza Rai non ha potuto far nulla al riguardo perché gli accordi furono stipulati dalla precedente amministrazione della tv pubblica, alla mario orfeo per intenderci, l'amichetto del Ballista Rignanese per ri-intenderci. 
Claudio Botox Baglioni è legato professionalmente all'agenzia Friends and Partners di Ferdinando Salzano la stessa agenzia che è legata commercialmente alla stragrande maggioranza degli artisti che si sfideranno sul palco dell'Ariston nella prossima settimana. E c'è di più: Baglioni è sotto contratto discografico con la Sony, la stessa di molti cantanti in gara nella città dei fiori. 
Doppio conflitto di interessi quindi! E non è finita: sempre dal sito Linkiesta apprendiamo che in Friends and Partners c'è una ragazza che si chiama Veronica Corno, figlia di Chiara Galvagni, dirigente Rai che si occupa ... di contrattualizzare le risorse artistiche, tipo il direttore artistico, Baglioni, e gli ospiti del Festival!
Pare di ascoltare Branduardi leggendo questo intricato dedalo conflittuale e la sua fiera dell'Est. 
Perché dunque meravigliarsi se, chiamando a dirigere artisticamente un festival della canzone, investi di tale potere un cantante? Mario Orfeo e la sua corte pensarono e confezionarono un festival che rispecchiasse gli allora tempi andati, o almeno al momento interrotti: amici, amici degli amici, legami affaristici, lucro bisunto, occulta managerialità sfociante in approcci preconfezionati. Come il bel paese dell'Era del Ballismo in pratica. Resta chiaro che, se pur fuori da ogni responsabilità, l'attuale dirigenza Rai deve spiegare e chiarire ogni aspetto nascosto e celato di quest'inghippo melodico. A costo di bloccare tutto e rispedire fiori e sospetti nelle serre sanremesi. 

Per finire: 
Paola Turci, Nino D’Angelo, Francesco Renga, Il Volo, Achille Lauro e Nek. A cui si aggiungono Irama, Ultimo, Federica Carta, Shade e gli Ex Otago legati alla Vivo Concerti e alla Magellano Concerti che fanno parte della CTS Eventim, che ha acquistato anche una parte della Friends and partner.

Inoltre: 
Ospiti durante le cinque serate saranno Antonello Venditti, Elisa, tra le polemiche Alessandra Amoroso, il duo comico Pio e Amedeo a cui si aggiungerà quasi certamenteLuciano Ligabue.  

Tutti della scuderia Friends and Partners! 
Vola colomba bianca volaaaa!!!!

Quando si dice...



... avere una scollatura alla cazzo! (da Dagospia - giornalista di una tv australiana)

Debutto



Con quel nome di battesimo che ricorda quando si provava la bontà o meno del nastro inchiostrato delle macchine da scrivere, Krzysztof Piątek debutta stasera dal primo minuto, nel tempio per la coppa Italia, trascinandosi dietro tutte le speranze di chi, dopo Pippo, ha solo visto mezze calzette, compreso l’ultimo pandoro ingrato per fortuna volato dagli albionici. Unico neo della serata giocare contro la squadra di Carletto, il nostro cuore, la nostra sala trofei vivente. Forza Krzysztof! (chissà come lo pronuncerebbe Jovanotti...)

Illuminato Travaglio


martedì 29/01/2019
Il madamino

di Marco Travaglio

Da mesi ci domandiamo come faccia Salvini a fare tutto quel che fa: a comiziare da un capo all’altro d’Italia, a consumare 7-8 pasti al giorno da postare sui social, a infilare 12-13 dirette Facebook giornaliere senza trascurare gli altri social, a cenare con i pm e Briatore e Malagò e Boschi e Chirico, a cambiarsi continuamente abiti e felpe e t-shirt e uniformi (polizia, carabinieri, pompieri, protezione civile, manca solo la Guardia di Finanza per ovvie ragioni) manco fosse Arturo Brachetti o Renato Zero, a dormire con o senza Isoardi ma sempre col fotografo da copertina sotto il letto, a sgomberare campi rom e Cara e villini Casamonica, a inaugurare case sequestrate e tuffarsi nelle relative piscine, a leggere e commentare live tutti gli atti giudiziari in arrivo dalla Sicilia, a farsi baciare la mano in piazza e a mandare bacioni a questo e quello, a rispondere a chiunque lo chiami o non lo chiami in causa da Baglioni alla Venier a Malgioglio. Fortuna che non deve pure governare, ma si contenta di fingere, sennò scoppierebbe. Ora però s’è svelato l’arcano: esistono due Salvini. Uno è il fascista-razzista-nazista che tiene segregati i migranti scampati al naufragio sulla Sea Watch e che le truppe da sbarco di Forza Pd denunciano penalmente dal gommone per sequestro di persona (un altro) e per la nuova Shoah. L’altro è il sincero democratico che Gentiloni, Chiamparino, Martina &C. implorano di votare in Parlamento la loro mozione pro Tav per una bella alleanza sulle grandi opere inutili.

È chiaro che fra il Salvini-1 e il Salvini-2 non esiste altro rapporto se non l’omonimia, essendo impossibile che chi lo dipinge come la reincarnazione di Hitler arda dal desiderio di averlo accanto nella nuova Union Sacrée del Partito del Pil. Per coerenza, chi pensa che al Viminale sieda un feroce kapò, un disumano torturatore e un sadico aguzzino di migranti non può neppure rivolgergli la parola né stringergli la mano: figurarsi costruirci un’alleanza per un buco nelle Alpi. Dunque sarà bene che i Dem, quando lo adescano per il Tav, chiariscano che stanno parlando del Salvini-2, nulla a che vedere col Salvini-1 che vogliono alla sbarra per crimini contro l’umanità. Altrimenti la gente si confonde, come l’altroieri, quando i lettori di Repubblica, scorrendo le pagine su Sea Watch, fremevano di sdegno contro Salvini e poi, passando a quella sul Tav, si sono scoperti a spasimare per lui contro il M5S, grazie alla prosa flautata del cronista che esaltava “la controanalisi di Salvini” (noto ingegnere esperto di infrastrutture) sulla Torino-Lione. E “l’indagine parallela” a quella degli esperti di Toninelli.

E “l’accertamento ulteriore”. E “la misura prudenziale commissionata dai leghisti a un gruppo di esperti”. E “l’analisi parallela” che “sembra aver dato i suoi frutti”. E “l’offensiva leghista che promette di proseguire”. È l’ultima, disperata mossa della Banda del Buco, che sta collezionando più fiaschi di una cantina sociale: ora s’è ridotta a tifare Salvini perché le è venuto a mancare l’ultimo travestimento, quello delle madamine torinesi. Con gran dispendio di energie, denari e titoloni, lorsignori si erano inventati l’“Onda Arancione” al seguito di sette incolpevoli suffragette del comitato “Sì Torino va avanti”, mandate allo sbaraglio a recitare la parte della “società civile”, della “nuova borghesia”, del “partito del Pil”, della “rivolta del Nord”, della “riscossa delle donne”, dell’“Italia che dice Sì” e financo degli “eredi di Cavour” (tanto è morto), per nascondere la retrostante ammucchiata Pd-FI-Lega. La carnevalata, ovviamente “apolitica e apartitica”, ha prodotto due défilé in piazza con 25 mila persone (spacciate ancor prima di vederle per altrettante “marce dei 40 mila”) e alcune imbarazzanti comparsate tv, in cui le madamine tentavano invano di spiegare il Tav (che infatti chiamano “la Tav”, cioè la treno, confondendo merci e passeggeri).
La più sveglia, Patrizia Ghiazza, di professione “cacciatrice di teste” nella speranza di trovarne una, disse testualmente a Otto e mezzo: “Né io né le altre organizzatrici siamo competenti per poter entrare nel merito degli aspetti tecnici e ambientali dell’opera”. Non male, per la leader di un movimento apolitico, apartitico e rigorosamente tecnico. Altre vaneggiavano di “completare la Tav”, ignorando che in 15 anni di cantieri esplorativi e tunnel geognostici non è stato costruito un solo millimetro di ferrovia. E sognavano di salire un giorno a bordo del mirabolante supertreno, forse travestite da merci, per vedere finalmente l’agognata Lione, già peraltro comodamente raggiungibile da decenni grazie al Tgv. Provvidero poi i No Tav a ridimensionare l’ondina arancione, portando in piazza 70-80 mila persone senza un solo partito o giornalone alle spalle. Ora, all’improvviso, la maschera è caduta. Madamin Ghiazza ha depositato il marchio arancione per una lista dell’Onda, che alle Regionali porterà due voti a Chiamparino, mentre il vero regista delle madamine, il berlusconiano Mino Giachino, ne regalerà altrettanti a FI. Spiace per la vicepresidente di Sì Torino va avanti, madamin Giovanna Giordano, che non seguirà madamin Patrizia in Regione, ma ormai ha comprato “un sacco di camicie e giacche arancioni” e intende fermamente “continuare a indossarle”: a Carnevale sarà perfetta. Sic transit il movimento civico trasversale, apartitico, apolitico e femminile. Sic transeunt i plotoni di sociologi, politologi, entomologi dei giornaloni che tromboneggiavano da tre mesi sull’alba radiosa di una nuova classe sociale. Era solo l’ultima maschera dell’eterno Partito degli Affari, quello sì trasversalissimo, che ora molla le madamine arancioni usa e getta e si tuffa a pesce su Salvini. Il madamino verde.

lunedì 28 gennaio 2019

Pazzesco!



Fatto inaudito quello di stasera su Rai 2: dopo decenni d’imparzialità, di modello culturale inarrivabile, d’indefessa equanimità la tv di Stato manda in onda addirittura uno spettacolo composto di spezzoni su nientepopodimenoche Beppe Grillo, si proprio l’anima, il forgiatore del Movimento. 5 Stelle, che come i gruberiani, tra un Bilderberg e l’altro, i gianniniani, tra un pizzetto ed un rimbotto, gli scalfariani, tra un sermone ed un buffetto papale, testimoniano con la loro bilanciata professione, mai fuori righe né rimpiangente i meravigliosi tempi in cui si poteva beatamente prendere agevolmente per il culo intere classi sociali al grido “È tempo di sacrifici per tutti!” dove tutti sta per soliti coglioni, piegati dal sopruso di una tassazione indecorosa per via della via maestra tracciata dagli antichi gobbi mafiosi e perseguita in seguito dal Delinquente Naturale durante l’Era del Puttanesimo e dall’Imbelle nipotino nell’Era del Ballismo: gli amici, i compari nascosti in multinazionali, le fatine mimetizzate nel terziario, negli studi dorati sono esentati dal partecipare alla spesa pubblica! Ma torniamo al delittuoso ed ingombrante evento di stasera: dopo decenni di minzolate coprenti le vicende sessuali del Nano, la sua appropriazione del potere con leggi modificate all’occorrenza, con servizi sulla tosatura dei cani o sulle gare di rutti altoatesini, dopo lustri di comparsate di copianti tesi di laurea dallo sguardo sconfiggente la speranza nel normodotato, dopo smaglianti sorrisi di figlie di intrallazzatori con conti correnti di persone perbene, dopo le fiabe degli Anzaldi, degli orfini e del venditore di balle sempre più cosmiche, alla loro scadenza naturale infatti venivano rinnovate tra plausi e calorosi apprezzamenti, una su tutte la promessa fatta ad Amatrice dopo il terremoto di ricostruire il tutto in due anni (ci sono ancora un 30% di macerie da portar via) ecco oggi questo timore per la presa di reti pubbliche da parte di un movimento che non spende un soldo per far politica. Nulla. E' questa, appunto, la loro fobia, visto che ne vivono lautamente, gruberando e gianinizzando tra loro!

(Questo allegato è il pezzo di Bottura di oggi. Un altro grande baluardo della loro libertà d’espressione)

28/1/2019
POLITICA
Marziani
di Luca Bottura
Fuori l’autore
Va in onda questa sera su Raidue lo speciale “C’è Grillo”, prodotto in massima parte con spezzoni di repertorio del portavoce di Casaleggio Associati.
Sui social è attiva una campagna per il boicottaggio che mi sento di sconsigliare.
Vedetevelo. Sarà istruttivo.
Qualunque cosa ci sia dentro, infatti, risulterà paradigmatica di quel che Grillo era prima di diventare l’attuale spacciatore di acrimonia, invidia sociale, bufale di vario genere. Cioè un tizio con buffe salopette, tormentoni interessanti, primogeniture – “Te la do io l’America” inaugura un genere che oggi ha il suo apice in “Propaganda Live” – del quale il Grillo attuale sicuramente si vergogna. Un portatore di ottime battute, spesso non sue, amato da un pubblico larghissimo che mai se lo sarebbe immaginato a limonare con Salvini.
Inoltre, come tutti i programmi di repertorio, “C’è Grillo” avrà sicuramente i sottopancia con le date in cui le performance si sono svolte.
Cosicché allo spettatore alfabetizzato sarà sufficiente leggere che i Sanremo del 1988 e 1989 vengono dopo Fantastico dell’86, proprio come gli speciali di prima serata del ‘93, su Raiuno, nei quali l’attuale testimonial di Woolrich si lasciava già andare al ruolo di predicatore. All’epoca, contro i computer.
Il che, se non c’è un complotto dei Savi di Sion contro il calendario, lascia pensare che la famosa “battuta sui socialisti per cui Grillo fu esiliato definitivamente dalla Rai”, pronunciata appunto a Fantastico ‘86, fu dimenticata in quelli che nei tempi televisivi sono circa dodici secondi. Con un ripescaggio sotto i riflettori più luminosi: il Festival, la Rete Ammiraglia. Ripetuto. Se questo è un esilio, Conte è davvero il Presidente del Consiglio.
Quello di stasera sarà, infine, anche un importante omaggio a una figura misconosciuta nel mondo dello spettacolo: gli autori.
Cioè quelli che si mettono al servizio di un artista per completarne la personalità artistica. Una figura nobile che si cela dietro al talento altrui perché venga espresso al meglio. Se in buonafede. Poi ci sono gli hacker. Come quelli toccati in dote a Beppe.
Prima del MoVimento, Grillo si affidava ad Antonio Ricci, Michele Serra, tecnici davvero informati, guru dell’ambientalismo. Tutta gente che dovrebbe ricevere una parte dei 30.000 euro di Siae che il Garante riceverà per la puntata di stasera.
Poi come autore ha scelto una Srl di Milano che teorizzava 6 miliardi morti per ripulire il pianeta. Ed è diventato il palo di Salvini.
“C’è Grillo”. Ma era meglio quello che c’era prima.

domenica 27 gennaio 2019

Malfidato



Il sospetto attanagliante pervade e si traduce in una sensazione inducente a pensare che la polemica sia montata non tanto per la bontà intrinseca della protesta, bensì per l’occasione di ricercare forsennatamente una visibilità oramai, e per fortuna, perduta, vestigio di un passato dorato usurpante antichi ideali sviliti da una scelleratezza direttamente proporzionale all’ammaliante sorriso.

Richieste

Sapesse quante suppliche ho lanciato in venticinque anni all’orologio biologico!

Nel baccello


“Calenda studia da vario tempo i valori, gli ideali ed anche gli interessi politici concreti che ci sono in Italia in questa fase che si è aperta dopo la catastrofe del Partito democratico il 4 marzo dell’anno scorso. I liberalsocialisti e i liberaldemocratici riuniti da tempo nel Pd si sono ridotti al minimo, hanno toccato perfino quota 14 per cento nei sondaggi poi sono leggermente risaliti verso il 16-17 dove adesso si trovano. Calenda ha studiato tutto il terreno di opinione che condivide le idee che furono di quel partito e lo sono tuttora nei suoi esponenti e lo ha valutato con cifre molto più positive di quelle attuali. Forse potrebbe ritornare tra il 30 e il 40 per cento se seguisse la proposta che Calenda ha lanciato nei giorni scorsi: mettere insieme un grande movimento che riprenda ed aggiorni le idee del Partito democratico e vada alla battaglia in Italia e in Europa non tanto come partito ma come grande movimento di opinione. I suoi valori sarebbero molto più ampi di quelli rappresentati dal Pd e quindi raccoglierebbero un numero di elettori assai più vasto, dalla sinistra moderata a quella radicale, tutti insieme anche se le differenze potrebbero essere molto ampie: ampie ma convergenti. Del resto le realtà attuali in tutti i paesi d’Europa dimostrano un ventaglio di valori comuni ma sotto quei valori gli interessi politicamente concreti sono vasti e quindi è indispensabile adottare formule poco determinate ma con una radice comune. Il tempo a disposizione non è molto e non è ancora detto che la classe politica del Pd si conformi a questa proposta.”

Questo ha scritto oggi Scalfari su Repubblica. Se la speranza è Calenda, Di Maio e Salvini possono dormire sogni tranquilli, come un pisello nel baccello! (cit.)

sabato 26 gennaio 2019

Sarà?



Non mi aspettavo una rapidità simile da Repubblica. Infatti già grida, meglio starnazza, perché martedì rai 2 di Freccero manderà in onda uno speciale su Grillo. Come se nessuno in queste lande avesse mantenuto memoria delle trascorse scorribande, ingombranti presenzialismi della corte del Bomba all'epoca dell'Era del Ballismo! Come se gli Anzaldi, le Madie, le Etruriane, il Guitto, orfini (sempre minuscolo come la sua statura politica) non avessero assediato la tv pubblica! E Repubblica sempre silente, mai un guizzo di libertà. A volte mi chiedo se il suo stare accucciata difronte al Pifferaio Insalubre non fosse stata una scelta editoriale del suo padrone, pronto ad accalappiare i sospiri dell'Egoriferito per giocarseli in borsa e vincere, come ha fatto, anche 600mila euro in un solo giorno! Mah....

venerdì 25 gennaio 2019

Tre anni senza verità



Caro Giulio,

sono già trascorsi tre anni dal tuo assassinio e in queste misere lande terrestri nulla si muove, tutto è immutabile ed apparentemente eterno. Vincono, stravincono le becere politiche affaristiche abbacinanti ragione e giustizia. Riusciamo ancora a far affari, mansueti e proni, con un dittatore responsabile, pare, del tuo assassinio, a sopportare la sua illiberale ascesa al potere, pur continuando a blaterare di dorati valori, solo e miseramente sulla carta e ad uso e consumo di poveri allocchi. 
La verità per quanto ti è stato fatto forse non riusciremo ad averla mai. Come ti dicevo sono molteplici i legacci che attanagliano coscienze e pensiero in nome e per conto della nostra divinità a cui tutti, più o meno, dobbiamo rendere conto: si, il lucro, il patetico ed inumano correre verso sempre più mastodontici affari, utili per pochi sciacalli, orchi senza alcuna dignità. Ci lasciamo pervadere da regole economiche anti uomo, come le mine che costruiamo in terra sarda e vendiamo ad arabi della malora, ma ricchissimi. Quello che posso fare, nella mia gattabuia, è di ricordarti ogni anno, gridando al vento la mia repulsione al sistema, e tu lo sai, ingabbiante cultura, pensiero, alte mete di vero progresso. Già il progresso! Quello che ci propinano quotidianamente quaggiù non ha niente a che vedere con il vero marciare avanti verso una giustizia sociale oramai chimera irraggiungibile. Siamo in mano di pochi, spietati infingardi riuniti in corporazioni, lobby, multinazionali che ci fanno credere di essere in progress allungandoci magnanimamente bon bon, dolcetti e buffetti irridenti il nobile vivere da normodotati. Ci propinano falsità, mistificazioni, stravolgono verità lampanti per alimentare, espandere il sistema fondato sulla crescita da consumo secondo l'ortodossia di madame Globalizzazione, la dea moderna con innumerevoli fedeli destabilizzante la pace sociale. 
Giulio, spero che un giorno si possa arrivare alla verità, viatico per la tua pace, per il tuo ricordo dignitoso e che i carnefici vengano messi a marcire, per sempre. Ne dubito, ma ci spero. 
Resta in pace, per sempre. 
Ciao! 

Posizionamento

Non entro nei meandri della disfida politica venezuelana; dovrei infatti leggere troppo, informarmi sulla storia recente del paese, sul socialismo portato avanti da Maduro, sulle condizioni di vita sociale e culturale, sugli intrighi economici. Anche in Venezuela pochi detengono la ricchezza. Ma se il cielo lindo mattutino lascia presagire una giornata assolata, la presa di posizione di Lega-PD-FI-FdL, tutti pro Guaidó mi fa propendere verso Maduro il quale, pur avendo svuotato il parlamento dei suoi poteri, cosa che da noi fu fatta durante il regno di Napolitano, persegue una politica contro l’egemonia del grosso idiota biondo che sta alla democrazia come Cracco alla simpatia. È stupefacente vedere illiberali vomitare comicamente richiami alla giustizia popolare, alla liberazione da dittature mentre tutt’attorno assassini egizi soverchianti elezioni del popolo, continuano a prenderci allegramente per il culo, vedi caso Regeni. Un assordante starnazzamento di giullari che invece di rintanarsi nelle loro dorate magioni, in perfetto stile gallinaceo, istruiscono le masse su valori lontani anni luce dai loro misfatti, sordide scelte a favore di riccastri, la stessa imbelle specie che Maduro parrebbe combattere.

Musica!


venerdì 25/01/2019
Comunisti col Rolex

di Marco Travaglio

Essendo poco pratici del ramo, prendiamo ogni giorno diligenti appunti su caratteristiche e requisiti della sinistra italiana in piena riscossa contro il governo destrorso che stanzia 7 miliardi per i poveri e 3 miliardi per i pensionati. Una sinistra che, secondo Romano Prodi, sarebbe “senza idee e senza leader”. Invece ne ha fin troppi, da vendere.

La sinistra è il compagno Luigi Marattin, capogruppo del Pd in commissione Bilancio della Camera, che difende la Francia dalle “bufale” e dalle “cialtronate” dei terribili sovranisti sul franco coloniale Cfa che contribuisce col cambio fisso, i ricatti commerciali e le truppe di occupazione al rigoglioso benessere di ben 14 Paesi africani.

La sinistra è il compagno Pd tutto che chiama “alleata” e “amica” la Francia del compagno Macron che protegge decine di nostri assassini latitanti; chiude i porti e le frontiere ai migranti; incrimina chi assiste donne straniere incinte; deporta migliaia di rifugiati oltre i nostri confini violando la sovranità italiana a Bardonecchia e Claviere.

La sinistra sono Cgil, Cisl e Uil che annunciano la mobilitazione generale contro la manovra del governo che destina quasi 10 miliardi per la povera gente.

La sinistra è il compagno Matteo Renzi che, a bordo di un motoscafo proletario a Venezia, deride i 5 milioni di poveri in attesa del reddito di cittadinanza (“assistenzialismo”, “baciamano istituzionalizzato”, “sussidio a chi vuole starsene sul divano”), in perfetta sintonia col compagno François Hollande che – come rivelò la sua ex fidanzata Valerie Trierweiler – chiamava simpaticamente i poveri “gli sdentati”.

La sinistra è la compagna Maria Elena Boschi che, reduce dal Capodanno a Marrakech e dalla cena con Salvini da 6 mila euro a tavolo, scambia lo Stato sociale per il gruppo musicale arrivato secondo a Sanremo e se la ride alle spalle dei poveri che aspettano il reddito (“Una vita in vacanza”, ahah).

La sinistra è il compagno Sandro Gozi del Pd che lancia l’idea di un bel referendum per abrogare il reddito di cittadinanza (“È l’occasione per una grande mobilitazione civica. Sono disposto a metterci subito la faccia contro questo obbrobrio”), subito raccolta dai compagni Vittorio Feltri, Pietro Senaldi, Giorgia Meloni e Mara Carfagna.

La sinistra è il compagno Paolo Gentiloni che, perse le elezioni, da premier dimissionario in carica per gli affari correnti, pensò bene di piazzare un decretino che depenalizza l’appropriazione indebita in mancanza di querela.

Così ora vanno in fumo il processo al cognato di Renzi e ai di lui fratelli per gli ammanchi milionari all’Unicef (che non li ha querelati) e il processo a Bossi padre&figlio per una parte dei 49 milioni rubati dalla Lega (che non li ha querelati).

La sinistra è il compagno Bobo Giachetti che chiama i compagni di LeU “scappati da casa”, ma “punta ai voti di Forza Italia e di LeU”.

La sinistra sono i senatori del Pd che votano con Lega e FI per salvare dai processi quattro colleghi, fra cui Maurizio Gasparri (FI) che diede del pregiudicato a Roberto Saviano e Cinzia Bonfrisco (Lega) imputata per corruzione e associazione per delinquere.

La sinistra sono i deputati del Pd che l’altroieri, sempre in coro con i forzisti, hanno zittito al grido di “buffone! buffone! vergogna! vergogna! chiedi scusa! vai in Procura!” il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, reo di profanare l’Aula parlando addirittura di corruzione, sortendo sui colleghi lo stesso effetto dell’aglio sui vampiri con spericolate affermazioni del tipo: “La corruzione non necessita di essere raccontata o dimostrata con i dati, perché in Italia si vede a occhio nudo: ogni volta che una catastrofe naturale provoca danni devastanti perché le opere pubbliche sono state mal costruite o risparmiando sui materiali; ogni volta che un giovane italiano è costretto a espatriare perché per trovare lavoro o vincere un concorso bisogna spesso ungere le ruote giuste…”. Alla fine il presidente Roberto Fico, sopraffatto dalla gazzarra, era costretto a sospendere la seduta, perché dal vocabolario della nuova sinistra la parola corruzione è bandita.

La sinistra sono i compagni che hanno sempre chiamato “lager” i Cara (Centri di accoglienza richiedenti asilo) e ora strillano perché viene chiuso uno dei più scandalosi: quello di Castelnuovo di Porto, eredità di Mafia Capitale, mezzo abusivo e senza neppure un contratto regolare di affitto secondo l’Anac, mal gestito e in pessime condizioni igieniche, contro cui aveva condotto un’inchiesta molto documentata il manifesto e che già Minniti voleva chiudere due anni fa. A quando una bella manifestazione in difesa del Cara di Mineo?

La sinistra è il Pd che, con Renzi, la Cirinnà, la Fedeli, la Garavini e il giovane astro nascente Pier Ferdinando Casini, si appella al governo insieme a Lega, FI e Fd’I affinché si schieri subito, senza se e senza ma, dalla parte del “mondo libero”: che poi sarebbe il golpista Juan Guaidó, autoproclamatosi presidente del Venezuela, al posto del titolare eletto Nicolás Maduro, con la benedizione di Trump.

La sinistra è il compagno redivivo Giuliano Pisapia, “partito comunista ma mai arrivato” (da Comunisti col Rolex di J-Ax e Fedez) che, mentre firma l’appello del compagno Calenda, riceve nella sua modesta magione milanese la visita dei ladri che gli portano via l’argent de poche: 300 mila euro in gioielli e orologi.

Ora, stabilito finalmente che cos’è la sinistra, rimane da capire cosa sia la destra e cosa le resti da fare, casomai avanzasse qualcosa, per non restare disoccupata.

giovedì 24 gennaio 2019

Basito e allucinato


E' accaduto un fatto ieri alla Camera, che inusuale è dir poco: come se al tempo di Nerone qualcuno si fosse indignato per un fuocherello acceso ai bordi di una strada romana. O come se Rocco Siffredi criticasse il cartone animato Adrian, definendolo volgare. E già che ci siamo: Trump che parlasse di regole democratiche, Kim Cicciobello che si lamentasse per la violenza negli stadi, Mario De Filippis che intavolasse una prolusione sulla tv culturale, il riccastro arabo saudita che s'iscrivesse ad un'associazione per i diritti della donna, Bonolis che confezionasse un programma non idiota, Belen che costruisse una frase di senso compiuto, la D'Urso una puntata lontana da pianti pro-auditel, Corona che trascorresse una giornata da normodotato. 
Ebbene: allorché ieri il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede ha dichiarato in aula che in Italia la corruzione si vede ad occhio nudo, dagli scranni del partito del Delinquente Naturale si sono levate proteste, grida, frasi del tipo "chieda scusa per quanto ha detto! Chieda scusa agli italiani!" come se quell'accozzaglia di proni ai voleri del loro boss fosse stata e fosse tutt'ora immune, almeno così pare, lontana anni luce da corruttela ed affini. 
Siamo certi che tale comportamento mascheri la voglia insana ed insalubre di ritornare in tolda, soprattutto perché il loro mentore è ossessionato da oltre vent'anni di contare qualcosa per curare e proteggere i propri sterminati interessi. Gridare allo scandalo per un'ovvietà di quel genere, la corruzione qui da noi è non solo normale ma fulcro, architrave, pietra miliare del sistema onnivoro, ganglio merdifero retto sulla forsennata ricerca di lucro per auto mantenersi al potere, è un'enorme anomalia, un attentato all'intelligenza di tanti normodotati onesti, e il Movimento 5 Stelle sta cercando d'abbattere tutto ciò per far ritornare questa democrazia tra noi, levandola dal coma provocatogli da quanto sopra. E' dato certo che nelle nostre terre costruire un chilometro di ferrovia, di strada, costi tre quattro volte tanto che da altre parti, francesi o tedesche che siano. Che la voglia di grandi progetti, vedi Chiamparino e Tav, altro non è che ricerca vitale di linfa per l'automantenimento di postazioni, di cariche, di effluvi mortificanti i diritti di molti, mentre nessuno parla o disquisisce su progetti in corso, come il Mose, costati miliardi e già desiderosi di cure manutentive sprecanti e liofilizzanti altre risorse. Mangiano, gongolano, arraffano e hanno anche il coraggio d'inalberarsi davanti ad un dato di fatto, di una luce del sole che speriamo prima o poi ritorni. Senza di loro, lontana da loro. 

Alla fiera


E così né padre né figlio pagheranno qualcosa, nella fattispecie Bossi e Trota. Grazie alla mancata querela della Lega nei loro confronti, il tribunale si è dovuto fermare; i due Bossi e Belsito erano accusati di appropriazione indebita, per aver usato soldi pubblici per scopi personali: 2,4 milioni Belsito, 208 mila euro Umberto (per cure mediche, ristrutturazione della casa di Gemonio, multe, abbigliamento, gioielli…) e 145 mila il figlio Renzo (per multe, assicurazione auto, acquisto di una “laurea” in Albania…). In primo grado erano arrivate condanne a 2 anni e 6 mesi per Belsito, 2 anni e 3 mesi per Umberto, 1 anno e 6 mesi per Renzo. (Fonte Fatto Quotidiano)
E tutto questo è avvenuto grazie ad una legge Gentiloni-Orlando, del 2017, voluta dal PD (maligni ritengono questo provvedimento utile alla vicenda parenti del Bomba - UNICEF - denari spariti, ma sono solo cattiverie) che prescrive che l’appropriazione indebita sia perseguibile solo se il danneggiato presenti querela. E Salvini questo non l’ha fatto. Grazie ad una legge PD. Che al mercato mio padre comprò!

Ridi ridi...



Nella foto l'espressione tipica di uno che si reca a pagare 18,8 milioni al fisco, dopo essere stato beccato con le mani nella marmellata! Lui è fatto così: infatti sembra che una volta dopo che una colata lavica gli distrusse una villa, abbia danzato per tre giorni in modalità carnevale di Rio. Sono sempre più certo che sia l'uomo giusto.. nel posto giusto. Secondo indiscrezioni pare che stia già preparando la mega festa per il prossimo, certo, inevitabile saluto alle orecchie attaccate alla coppa Chimera (per loro).
Buone risate CriCri!


Bene! Questa era la parte diciamo simpatica. Mi vorrei soffermare ora su un altro aspetto: il calciatore ha evaso le tasse spagnole. Quindi è un evasore. E mi chiedo: si deve comparire così per pagare un conto con la giustizia? Spettacolarizzare un evento criminoso, potrebbe nuocere all'idea cardine di una società come quella che tutti siamo chiamati a contribuire al bene pubblico? In soldoni, visto che oltre 18 milioni di euro lo sono: non è che alla fine l'evasore diventa simpatico, eroe, spunto per imitarne le gesta? 
Nella società dello spettacolo tutto è evento, anche scontare una pena. Poveri noi!

martedì 22 gennaio 2019

Sempre lui!



Booooom! Cerco di non guardarlo e sopratutto non ascoltarlo più, ma testé sono incappato nella triste visione mentre ha pronunciato queste parole “io quota 100 la chiamerei prepensionamento!” 
Estikazzi Bomba! Prepensionamento sarebbe nel caso che un trentenne vada a riposo dopo settant’anni di lavoro, no a 62 dopo trentotto anni, ad esempio, di saldatura o di cazzuola e cemento! A 67 anni infatti girano già troppi cateteri per godersi la pensione, maremma Etruriana! Salutami il tu’ babbo va; e digli di pagare quell’operaio di colore. Che è meglio per tutti! Buon anonimato!

lunedì 21 gennaio 2019

Due notizie





Due notizie che si commentano da sole: la prima del fondo monetario internazionale, la chiave di volta per tutta la visione di merda di questa epoca basata sull'accaparramento ignobile, nefasto, insulso, inumano. 
La Lagarde portavoce del sopruso, dell'inganno, della nefasta cultura attuale che vuole un pianeta dedito alla crescita, al maggior consumo, alla sopraffazione dell'ultimo, alla sconsideratezza di specie, all'uso di risorse solo per pochi eletti. Il lucro che detta legge, impone sofferenze, schiatta i cosiddetti inutili, sotterra chi non riesce a salire sul dorato treno che inopinatamente chiamano progresso. Nel mare delle slide, dei grafici descriventi il brigantaggio di tanti, ecco arrivare il monito per la nostra nazione che, fatto inusuale, ha confezionato una manovra che pone attenzione a coloro che sono in difficoltà, circa 5 milioni dalle nostre parti. Apriti cielo! Secondo Lagarde l'Italia è uno dei fattori frenante l'economia mondiale! L'economia mondiale! Ma vaffanculo porcaccia miseria! Quando usciremo dalle nostre tane per mandare a quel paese simili orchi senza idee né dignità? 
Prendiamo la seconda notizia che si lega spudoratamente alla prima: l'Oxfam ci informa che, prestate attenzione please, il 5% degli italiani è titolare della stessa quota di patrimonio posseduta dal 90% più povero. Capito? Vi sembra un dato da commentare? Da esibire? Da mantenerci calmi? 
Il 5% dei cocchi dorati ha ammassato una squallida montagna di risorse a scapito degli altri, di tutti noi. Non è gelosia questa. E' rendersi conto di essere finiti in un gioco più grande, quasi impossibile da resettare. Hanno costruito un sistema che difficilmente potrebbe essere divelto senza ricorrere alla mai approvata violenza. Un sistema perfetto, triturante democrazia, bisogni sociali, supporti economici. Pochi s'arricchiscono, molti divengono poveri. E' così che ci vogliono, ci confanno senza tentennamenti. Vuoi vivere? Devi sottostare a ferree leggi economiche. Non puoi ribellarti, solo sperare nelle briciole. 
Ma la relazione di Oxfam presenta anche un dato terribile a livello mondiale: 26 ultramiliardari detengono oggi la stessa ricchezza della metà più indigente della popolazione terrestre. Ancora: il 20% più ricco detiene il 72% del patrimonio totale mentre il 60% più povero! Vado avanti? Tenetevi: tra marzo 2017 e marzo 2018 la ricchezza dei 1900 ultramiliardari è aumentata di... di ... 900 miliardi di dollari, 2,5 miliardi al giorno!!!
Questo è il circo che piace a Lagarde e soci; questo è il sistema mondiale fondato sull'accaparramento sfrenato, sui messaggi che c'impregnano e spronano al consumo sempre più sfrenato. E noi, allocchi senza alcuna capacità di ribellione ci sentiamo pure in colpa per non avere sei televisioni o tre auto. Consumare sempre più per ingigantire all'infinito patrimoni già infiniti. E lo chiamano pure progresso...    

Meditando


Ora che sono a contatto con medicine ed intoppi gastrodigestivi, di mio padre, ragiono e mi soffermo sulla complessità del nostro corpo, di come cioè, ad esempio, la bile venga introdotta per digerire, proprio lei, la sua unicità, il suo componimento chimico; come cioè si sia formata, chi l'abbia pensata, chi nei millenni ha indotto la sua formazione, la sua utilità. Pensateci, soffermatevi su quanto vi dico ora: sarà stata l'evoluzione o chi per essa, ma è misterioso, affascinante pensare che l'occorrente per ogni azione corporea soddisfi le esigenze oggettive dell'organo stesso. Come quando riparando un tubo dell'acqua t'accorgi, cogitandoci sopra, che sia necessaria la stoppa, o il silicone, così nel nostro meraviglioso e complesso corpo, qualcuno si è ingegnato di far affluire la bile nel duodeno per digerire ed assorbire grassi. La scintilla della vita è scoccata milioni di anni fa e da ectoplasmi senza alcunché si è formato, in quasi tutti i vertebrati, progettato ed innestato questo componente preso a simbolo della mirabolante architettura delle specie. Pindaricamente, filosoficamente se ci innalzassimo con la nostra miserrima cervice sulle vette del pensiero, riusciremmo a captare, avvertire un rivolo, un soffio, uno squarcio meditativo inducente ad accarezzare questa incredibile sinapsi: a richiesta dettata dall'evoluzione, qualcuno, qualcosa d'immateriale, soddisfa l'aggiornamento, il miglioramento, il 2.0 di mamma Natura. E' incredibile arrivare a captare ciò! E' dato di fatto che il miglioramento, l'innesco di novità, l'aggiustamento si sia verificato. Siamo difronte ad un progetto, validante la meraviglia del Creato. Ripeto: il cibo entra nell'intestino e scatta l'inserimento della bile: un prodotto specifico, quindi pensato, valutato, soppesato. E ho detto bile ma potrei dire tantissimi altri composti per l'economia del nostro corpo. Un sofisticatissimo, ingegnoso compendio di norme, leggi, composti chimici atto a soddisfare al meglio la sua esistenza, il suo andare per il pianeta, fino a quando la caducità, essenziale per alimentarne meraviglia e rapida azione, corromperà il tutto per ritrasformare il fantastico agglomerato in altri componenti dell'intero sistema, retto da leggi granitiche, immutabili, eterne, ad uso e consumo della nostra essenziale, ontologica ed innata meraviglia sfociante nello stupore di essere. 

Simbiosi travagliata


E la simbiosi continua! (Vado di corsa a comprare del marmo perché il passo 
“Se il centrosinistra avesse speso un decimo delle energie e dello sdegno che ora impiega contro il reddito per combattere una a caso delle 41 leggi vergogna di B., il berlusconismo sarebbe durato molto meno.” 
lo voglio scolpire ad perpetuam rei memoriam!)

domenica 20/01/2019
Maria Antonietta Boschi

di Marco Travaglio

Casomai qualcuno credesse ancora alla favoletta del Pd “di sinistra”, ha provveduto Maria Elena Boschi a sfatarla con la memorabile battutona sullo Stato sociale (che per lei non è il Welfare, ma la band arrivata seconda all’ultimo Sanremo) e sulla “vita in vacanza” (intesa come la pacchia sardanapalesca del reddito di cittadinanza per i 5 milioni di poveri creati anche dal suo partito). Per una volta la freddura, peraltro copiata ad Aldo Cazzullo, è riuscita a fare più danni al Pd del suo rottamatore ufficiale, che tuona contro il reddito da un tipico mezzo di locomozione proletario: un motoscafo di Venezia. Nel silenzio assoluto dei vari Zingaretti e Martina. Se non sapessimo che Maria Etruria e Matteo stanno scientificamente picconando quel che resta del loro partito per farne un altro ancora peggiore, ci domanderemmo quanto li pagano i 5Stelle e la Lega per mettere in fuga gli elettori superstiti. Mai, a memoria d’uomo, il Pd si era accanito contro una legge come ora contro il sussidio per i meno abbienti, fino al punto di annunciare un referendum abrogativo in combutta con FI (che nel programma elettorale prometteva non solo il reddito di cittadinanza, ma financo l’“azzeramento della povertà assoluta”, manco l’avesse scritto Di Maio) e con Fd’I (già “destra sociale”).

Se il centrosinistra avesse speso un decimo delle energie e dello sdegno che ora impiega contro il reddito per combattere una a caso delle 41 leggi vergogna di B., il berlusconismo sarebbe durato molto meno. Dal 2011 al 2018 i nostri “progressisti” hanno regalato senza fare un plissé 60 miliardi alle banche rovinate dai loro amici magnager; hanno votato sette manovre con 40-50 miliardi a botta di sgravi fiscali alle imprese; hanno buttato ogni anno 4 miliardi abolendo l’Imu sulle prime case (anche dei ricchi), 12 miliardi per gli incentivi del Jobs Act alle imprese e altri 10 miliardi per gli 80 euro a chi uno stipendio ce l’ha. Poi, in vista delle elezioni, si sono ricordati dei poveri: solo che l’Istat ne conta 5 milioni, mentre lorsignori li hanno ridotti a uno solo col Reddito di inclusione (in media 297 euro mensili a testa). Un primo passo contro la miseria, peraltro dimenticato in campagna elettorale per non darla vinta al M5S: così nessuno se n’è accorto. Ora che la platea si allarga a 4,9 milioni di poveri, con un assegno medio di 500 euro a famiglia (fino a 780 euro al mese a persona), il Pd si batte come un leone perché l’Italia torni a essere l’unico paese Ue senza un reddito minimo, mentre globalizzazione, delocalizzazione, automazione e nuova recessione sterminano centinaia di milioni di posti di lavoro.

Nemmeno la lezione di Macron, partito col taglio delle tasse ai ricchi, cioè molto più a destra di Salvini (che la Flat tax l’ha lasciata perdere), e convertito di corsa al “reddito universale” per rompere l’assedio dei Gilet gialli, fa riflettere il partito più cieco, sordo e ottuso dell’Occidente. Il reddito di cittadinanza, se le stime saranno confermate, costerà nel primo anno 6 miliardi (più 1 per i centri per l’impiego e i navigator). Sommandolo alla quota 100 per le pensioni, non si arriva neppure a 10. Meno della metà delle due bandiere del renzismo: il Jobs Act e gli 80 euro. Eppure chi non fece una piega quando Renzi buttò dalla finestra 22 miliardi l’anno a pioggia per due misure che non smossero i consumi né crearono posti di lavoro in più rispetto ai già pochi che nascevano prima, ora si scandalizza per 10 miliardi destinati alle fasce più deboli della popolazione: pensionati minimi, costretti a campare con 100 o 200 euro al mese, giovani senza lavoro e anziani lavoratori costretti dalla Fornero a rinviare la meritata pensione. Quasi che Conte, Di Maio e Salvini scialassero i nostri soldi in champagne, casinò e donnine allegre. Che Confindustria, abituata a mettersi in tasca la magna pars delle manovre, sia sul piede di guerra non stupisce. Che B., dimentico di aver copiato al M5S il reddito di cittadinanza in campagna elettorale, scateni i rottweiler, è normale: già è un miracolo se, ridotto com’è, si ricorda come si chiama. Che la stampa di destra titoli ogni giorno sul “regalo a fannulloni e a fancazzisti”, offendendo milioni di poveri che attendono da 25 anni i milioni di posti di lavoro promessi da tutti i governi della Seconda Repubblica, è ovvio: fanno il loro sporco mestiere.

Ma è incredibile che, salvo rare eccezioni, da sinistra e dal mondo cattolico non si levi una voce a sostegno di una misura che per la prima volta affronta concretamente l’urgenza della povertà. Si era detto che il reddito costava 50 o 60 miliardi l’anno, dunque non sarebbe mai stato approvato: ora è legge dello Stato, anche se non si sa se si farà in tempo a erogarlo alla prevista scadenza di aprile. Si era detto che avrebbe favorito chi vuole poltrire sul divano o arrotondare lo stipendio al nero. Allora il governo ha inserito paletti, controlli e sanzioni per scoraggiare i furbi (che comunque, nel Paese dell’evasione e del lavoro nero, ci saranno sempre, ma non possono penalizzare gli onesti: altrimenti, per evitare che ne approfitti chi non ne ha diritto, bisognerebbe abolire anche la cassa integrazione, il sussidio di disoccupazione, le agevolazioni sanitarie, scolastiche e universitarie ai meno abbienti, gli 80 euro, il Rei e gli altri strumenti del Welfare). E ora tutti a criticare i paletti, i controlli e le sanzioni. E a ripetere a macchinetta che ci vuol altro per creare lavoro, come se il lavoro si creasse per decreto e come se il reddito non fosse pensato proprio per chi non ce l’ha, lo cerca ma non è detto che lo trovi. Non va mai bene nulla, e neppure il suo contrario. Presto Maria Antonietta Boschi si affaccerà al balcone di Banca Etruria e annuncerà il nuovo slogan vincente del Pd: “Non hanno pane? Mangino brioche”.

sabato 19 gennaio 2019

Svista



Adesso non esageriamo! Con tutto quello che avrà da fare, compreso percepire le soffiate del Bomba che gli fecero guadagnare 600mila euro in un giorno, credo sia facile dimenticarsi di dichiarare uno yacht da qualche decina di milioni di euro, no? Certo che può capitare! Ci mancherebbe!

Durissima!



E' dura, durissima, quasi impossibile da gestire; il rischio di trovarsi il postino all'uscio con una querela supera di gran lunga la possibilità che la Madia scriva qualcosa di suo senza scopiazzare. Nell'inconscio roteano parole incredibilmente scurrili, travalicanti enormemente il confine della decenza. Come un ebbro risvegliatosi in un campo minato cercherò di sminuire l'impeto di collera nel leggere ciò che questi due dispersi nel giusto anonimato hanno avuto il coraggio di scrivere. 
Il primo: l'ex Egoriferto prossimo oramai a pubblicizzare profumi, salumi e salviette per sbarcare il lunario, visto che i vari mutui accesi per comprare villone alberate nel cuore della sua città gli depauperano lo stipendio da senatore sfanculante la promessa di ritirarsi dalla politica in caso di catastrofe referendaria, per fortuna accaduta, è divenuto il simbolo dell'antipatia, della goffaggine, dell'insapore, dopo aver fatto scempio di ideali, di cultura conquistate a caro prezzo dagli antichi padri. Spera il poveretto in una resurrezione ben più ardua di quella di Lazzaro, cogita, eufemismo simile a dire che il suo sodale zio malvagio sia una persona per bene, un ritorno per rinvangare tempi per fortuna andati, allorché si faceva scrivere leggi e decreti dagli amici di confindustria al fine di inchiappettare astanti e lontani, fingendo di essergli amico ed invece, tipico dei ribaldi, cospirare ed abbattere valori e conquiste proletarie, in nome di un regno basato sulla parodia, la fuffa incolore e le bugie più sfacciate, colossali, rimodulate e tendenti all'infinito ogniqualvolta fossero arrivate a scadenza; una su tutte: la promessa di ricostruire Amatrice e dintorni in un paio di anni. 


La seconda: per lei non potrò soffermarmi molto sulle sue gesta per non inciampare in querele ed avvocati visto che rappresenta il massimo della volgarità democratica, una cima di alterigia, di disprezzo del pensiero difficilmente riscontrabile nella storia repubblicana; l'emblema del radical chic, della puzza sotto il naso, il simbolo del "compagno tu lavori ed io magno", l'oasi dell'arrivismo, del presenzialismo, del dorato mondo di sopra distaccato da tutto e tutti, il fascinoso relegato a mercificare concetti, pensieri sociali, una muffa in cotonificio, la personificazione del disprezzo culturale verso i meno abbienti. Difficile trovare un'altra persona che pur parlando argutamente non riesce a trasmettere nulla, quasi fosse la sua una lezione mandata a memoria (da qui la oramai famosa Mnemonica). Evito di toccare tasti lancinanti quali Etruria e babbo annesso. 

Quello che si percepisce dai loro inutili, demenziali messaggi social è il rancoroso rosicamento che li pervade, li sconquassa non tanto per l'assistere inermi a scelte politiche innovative, anche se pur pregne di difetti e di aggiustamenti, rivolte verso il substrato arrancante nella quotidianità. No, il loro dramma è un altro: la vaporizzazione verso la nullità, i fari spenti attorno, il glaciale silenzio al cicaleccio che tentano pur sempre di elargirci, sperando che qualcuno li ascolti. E di questo godo moltissimo, prorompendo in canti di gioia, ringraziando pure le tante Leopolde gustate entusiasticamente ed accostabili per scompiscio a "I Figli del Deserto" di stanolliana memoria (a proposito! Tanti auguri Holly per il tuo 127mo compleanno!)

venerdì 18 gennaio 2019

Le gruberate


Gruberano, pure gianninizzando, i difensori di ciò che fu e non è più, ossia quel sistema retto da ipocriti, anche di sinistra, meglio definirli sepolcri imbiancati, collusi con il mercificio diretto da oltre un ventennio da un pagatore seriale di tangenti alla mafia. La dea Gruber, ansimando pare stia chiedendo una sessione straordinaria del fastoso Club Bilderberg, quello dei ricconi che decidono le sorti di noi inferiori, per dirimere l’orrenda questione che questo governo d’incapaci ha avuto l’ardire di attuare: una manovra economica rivolta alle classi sociali meno abbienti! Una bestemmia, un attentato a questa democrazia adulterata che agevola lor signori prendendo per il culo il resto della popolazione. E gli adepti appunto gruberano, l’ala Giannini giannininezza, Scalfari trangugia cordiali, il regno del Puttanesimo non capacitandosi di tali nefandezze spera, come da sempre, negli allocchi che vedono nel Delinquente Naturale un politico e non un gradasso usurpatore di democrazia per i propri porci comodi. Stan tentando di liofilizzare ideali marciti nel sopruso, la Rai ha ricordato il centenario della nascita di un gobbo mafioso. Sullo sfondo, gruberando pure loro, i proseliti dell’Ebetismo Rignanese tifano per il matrimonio che al momento non s’ha da fare, tra il Puttaniere ed il Giullare, che garantirebbe altri anni di sollazzo, tra Boschi e Madie, sotto l’egida degli eterni ras melliflui, alla Napolitano.

Vergogna, infinita vergogna!



Altro che finti grandi e necessari lavori alla Tav! Per misurare la cultura, la serietà, la giustizia, la democrazia di un paese basta vedere scempi come questo, dove ad un pagatore seriale di tangenti alla mafia è permesso, con alcuni addirittura contenti di ciò, di candidarsi nuovamente alle prossime elezioni europee. Una vergogna infinita a cui solo il naturale ciclo biologico potrà, speriamo, porre fine.

giovedì 17 gennaio 2019

Travaglioooo!


giovedì 17/01/2019
Giustizia smart casual

di Marco Travaglio

Quando abbiamo letto la locandina del banchetto per “Una nuova giustizia”, anzi “Più giustizia, più crescita in nome del Pil”, apparecchiato da Annalisa Chirico di “Fino a prova contraria” per attovagliare in “dress code smart casual” un caravanserraglio di procuratori capi o aggiunti, imprenditori, prenditori, manager, magnager, faccendieri, lobbisti, ministri, senatori, deputati, imputati di ieri, di oggi e di domani, abbiamo pensato che la presenza di tanti magistrati preludesse a una bella retata. Un repulisti in grande stile, con un corteo di cellulari a sirene spiegate fuori dalla porta. Invece le meglio toghe del bigoncio erano lì per parlare e cenare, come gli altri invitati. E ci son tornati in mente i tempi in cui il termine “procuratore” significava Borrelli, D’Ambrosio, Caselli, Maddalena, Minale, Almerighi, Spataro. Gente che manco per sbaglio si sarebbe trovata in simile compagnia. All’epoca neppure i magistrati collusi e corrotti si strusciavano in pubblico con i rappresentanti del potere politico ed economico su cui avrebbero dovuto indagare. Lo facevano di nascosto, in salotti privati o in logge massoniche. Dress code: bavero rialzato o cappuccio in testa. Lo sapevano anche loro che certe ammucchiate a favore di flash e telecamere non stanno bene e salvavano, se non la sostanza, almeno l’apparenza. Diceva La Rochefoucauld che l’ipocrisia è la tassa che il vizio paga alla virtù: oggi si evade pure quella, perché nessuno sa più cosa siano il vizio e la virtù. Figurarsi i conflitti d’interessi, l’opportunità, l’eleganza.

Così, al Toga Party è capitato – secondo il cronista per nulla scandalizzato del Messaggero – anche questo: che il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e il suo ex indagato Matteo Salvini sedevano allo stesso tavolo e scherzavano amabilmente sull’indagine per sequestro di persona e altri reati appena archiviata. Salvini: “Sì, lui ha controfirmato il mio avviso di garanzia per la nave Diciotti, ma vabbè, sono atti dovuti…”. Lo Voi: “Ma vabbè, era soltanto una lettera…”. E tutti giù a ridere e a magnare. Naturalmente, tra i due, quello fuori posto era Lo Voi. Come tutti gli altri pm: quelli attovagliati (i procuratori di Palermo, Bologna e Catanzaro) e quelli che hanno aderito e poi sono fuggiti in extremis senza dare spiegazioni (solo De Raho ha detto: “Non mi è parso opportuno sedermi a un tavolo da 6 mila euro”). I loro conflitti d’interessi, reali o potenziali, non si contano. Qualcuno sperava di omaggiare il vicepresidente renziano del Csm Ermini, in vista di future nomine (magari a procuratore di Roma), salvo poi scoprire che anche lui s’era dato alla macchia.

Ma c’era comunque Salvini con i fidi Bongiorno, Fontana e Molinari, preziosissimi per garantire i voti dei leghisti al Csm. Altri sapevano di incontrare ex o attuali indagati propri (da quella di Roma sono passati Tremonti, Letta, Malagò e sono tuttora sotto inchiesta Lotito e sotto osservazione i vertici della fondazione renziana Eyu, ben rappresentata l’altra sera dal trio Bonifazi-Bianchi-De Carolis) o altrui (da Briatore, al desco con la Boschi, ai leghisti dei 49 milioni spariti, da Montezemolo a Tronchetti Dov’Era al Giglio magico). Anziché infuriarsi perché Salvini ha accettato l’invito, i 5Stelle dovrebbero vantarsi di non averlo neppure ricevuto. E porsi qualche domanda sul presunto alleato, ormai santo patrono e protettore dell’Ancien Régime. E del futuro Governo del Cambianiente che ha fatto le prove generali sabato in piazza a Torino. Lega, Pd e FI parlano la stessa lingua non solo sul Tav, ma anche sulla giustizia: non si vede perché costringerli ancora a lungo a questa separazione forzata.

L’ex ministra Severino, alla cena-ammucchiata, assicura che “gli imprenditori chiedono tempi certi e ragionevoli per i processi e certezza della pena”. E il presidente di Confindustria Boccia fa sìsì con la testa. Poi qualcuno gli spiegherà che, con pene e tempi certi, mezza Confindustria sarebbe (“marcirebbe”, per dirla col suo nuovo compare Salvini) nelle patrie galere. Infatti sono tutti contro la Bloccaprescrizione. Il procuratore bolognese Amato critica le “improvvide iniziative giudiziarie” di quei tre-quattro pm scavezzacollo che si ostinano a processare i potenti. La Boschi porge entrambe le guance ai bacioni di Salvini perché “saremmo felici se si convertisse al garantismo” (parla al plurale maiestatico, anche a nome del padre). Salvini tiene molto a “processi più veloci e tribunali più efficienti”: infatti ha appena ottenuto dall’efficientissima Procura di Genova la reateizzazione dei 49 milioni rubati in appena 81 anni e infilato nella Spazzacorrotti un codicillo per mandare in prescrizione i peculati di Rimborsopoli e i suoi imputati han subito chiesto un rinvio all’insegna della più vertiginosa rapidità. Alla fine, però, non s’è ben capito con chi ce l’avesse questo trust di cervelli e ganasce: se temono che i processi danneggino il Pil, possono stare tranquilli. Se sono tutti a piede libero, vuol dire che il pericolo di una giustizia uguale per tutti è definitivamente sventato. Mica siamo nel 1992: siamo nel centenario di Andreotti. Sì, purtroppo sopravvivono la Costituzione e il Codice penale, ma basta non applicarli, come fanno i pm moderni, ultima tendenza. Se, puta caso, Robledo indaga su Expo, il suo capo Bruti Liberati gli leva l’indagine e il Csm leva pure Robledo. E Napolitano e Renzi ringraziano. Se invece Renzi spiffera un decreto a De Benedetti che ci fa 600 mila euro in Borsa e si fa pure beccare, si processa la Raggi. E giù applausi. È la “legalità sostenibile” di una “magistratura genuflessa” di cui parlano due toghe démodé, Scarpinato e Davigo. La modica quantità di giustizia per uso personale. Omeopatica. Smart casual.