mercoledì 21 giugno 2023

Robecchi

 

Caro Grillo i lavoretti pubblici toccano allo Stato, non alle brigate di volontari
di Alessandro Robecchi
Ancora incredulo e
divertito
, leggo e rileggo le dichiarazioni di alcuni esponenti di sesto, settimo e ottavo piano della politica italiana – tutti renzisti – allarmati dalle parole di Beppe Grillo. Conviene riportarle per intero: “Fate le brigate di cittadinanza, mascheratevi col passamontagna e di nascosto andate a fare i lavoretti, mettete a posto i marciapiedi, le aiuole, i tombini, senza dare nell’occhio, col passamontagna, fate il lavoro e scappate!”. Testuale. Un discorsetto che per Raffaella Paita “utilizzava toni che potrebbero istigare alla violenza sociale”. Per Lisa Noja sono “parole eversive”. Luciano Nobili, invece, ci vede “incitamento pubblico alla violenza” e (tenetevi forte) “presa a modello degli assassini che hanno macchiato il nostro Paese di una lunga e dolorosissima scia di sangue”. Non mi sembra di dover aggiungere altro: per non capire un testo di poche righe serve essere molto stupidi. Per travisarlo accusando di violenza chi incita a “mettere a posto i marciapiedi” serve molta malafede. Purtroppo, le due cose non sono alternative: si può essere contemporaneamente stupidi e in malafede.
Ciò non significa che non si possano contestare le parole di Grillo, anzi. Parole che nascono probabilmente dalla vicenda di un cittadino multato perché si è preso la briga di tappare una buca pericolosa in strada. Di sua iniziativa, senza permessi, né controlli, né autorizzazioni. Giusta multa, dico io, perché se tutti i pensionati si mettessero a tappare buche per strada, non si circolerebbe. E in più, se io cado con la moto nella buca che il Comune non ha sistemato posso far causa al Comune, mentre se cado sul pastrocchio fatto col bitume dal primo pensionato che passa, come dire, mi attacco.
Ma lasciamo perdere queste piccolezze tecniche e passiamo alla sostanza. Queste famose “brigate di cittadinanza” sarebbero dunque chiamate a lavori socialmente utili, lavori per i quali, mi risulta, un buon cittadino già paga fior di tasse. Fare volontariato per una cosa che ti sarebbe dovuta e per la quale hai già pagato non mi sembra una grande idea. Mi viene in mente quando – anni fa, con i figli alle scuole dell’obbligo – assistevo basito a brigate (ehm…) di volenterosi genitori che si dannavano l’anima per imbiancare aule e corridoi. In pratica supplivano con tempo e denaro a un diritto non rispettato, quello di avere aule e corridoi imbiancati a cura dell’amministrazione. Ora, si sa che le tasse non le pagano tutti, e quindi se di qualche brigata c’è bisogno sarebbe quella contro gli evasori. O, in subordine, contro chi invece di destinare soldi al bene della comunità li usa per aumentare le spese militari.
Intendiamoci, non c’è nulla di male a partecipare attivamente al miglioramento della vita comune (magari stappando un tombino), ma non vorrei che dopo, quando le strade si allagano e abbiamo l’acqua alle ginocchia, saltasse su un qualche genio liberal-liberista a dire che è colpa nostra, di noi cittadini senza senso civico che non abbiamo stappato i tombini, o riempito le buche, o curato i giardinetti. Vista la tendenza sempre più radicale a incolpare il cittadino di quel che non funziona, invece della politica centrale o locale che dovrebbe farlo, mi sembra una toppa peggio del buco, ci andrei piano, ecco. Il tombino me lo deve stappare il Comune, creando posti di lavoro, e non il giovane volenteroso delle brigate di cittadinanza, e se le tasse non bastano, si veda di farle pagare a chi le evade. Questo sì, sarebbe, felicemente, eversivo.

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