lunedì 21 novembre 2022

Culturalmente ineccepibile

 

Alle destre Macron-Meloni opponiamo Tomaso Moro
IL CAPOLAVORO DI SHAKESPEARE - “Vi piacerebbe forse trovare una nazione di temperamento così barbaro che vi negasse rifugio sulla terra, scacciandovi come cani”
DI TOMASO MONTANARI
“Solo chi crede che la politica non sia tutto, giunge a convincersi che la cultura svolge un’azione a lunga scadenza, anch’essa politica, ma di una politica diversa”. Oggi questa constatazione di Norberto Bobbio ci pare ancora più vera: anzi, urgente e necessaria alla nostra stessa sopravvivenza mentale. È bastato un mese scarso di governo dell’estrema destra di matrice fascista perché un discorso politico che non credevamo passibile di ulteriori peggioramenti arrivasse a conoscere prospettive e toni ancor più disumani. Così, i corpi dei migranti (non ha forse un corpo, un migrante?) sono diventati “carico residuo”. E l’Europa, di cui tanto andiamo fieri, si è ridotta ad una rissa indecente tra due giovani capi di governo bianchi, uno di destra e un’altra più di destra, sulla pelle di pochi disgraziati neri chiusi in una nave.
Allora, sì, solo in quella che chiamiamo cultura c’è una prospettiva di salvezza: se non altro per sottrarsi a questa cronaca del mostruoso. E così il consiglio è: leggetevi l’ultimo dramma di William Shakespeare! Una nuova traduzione di Nadia Fusini e Iolanda Plescia (William Shakespeare e altri, Sir Thomas More, Feltrinelli, 12 euro) ci restituisce infatti un suo lavoro meno noto, che fu scritto insieme ad altri cinque drammaturghi e che quando uscì non venne messo in scena perché considerato scomodo dalla politica. Il protagonista, in effetti, è un grandissimo politico: ma non come i nostri. Era stato il cancelliere del regno, ma non aveva esitato a rimetterci la poltrona (e la testa) per rimanere fedele alla sua coscienza. Enrico VIII, il suo terribile re, non riusciva a capirlo: non per nulla Tomaso Moro, grande amico di Erasmo da Rotterdam e di Hans Holbein, aveva scritto Utopia, manifesto di un’altra possibile società umana. Oggi Moro, santo per la Chiesa cattolica, è il patrono dei politici: ma forse è in vacanza permanente a Utopia, visti i risultati, dalla sua Inghilterra alla nostra Italia.
In uno dei passaggi del dramma certamente attribuibili al Bardo, il cancelliere Moro è chiamato a sedare il tumulto del popolo che vorrebbe cacciare gli stranieri che rubano il lavoro agli inglesi. Così si rivolge loro: “Diciamo che sono espulsi, e diciamo che questa vostra protesta, giunga a ledere la maestosa dignità dell’Inghilterra. Immaginate di vedere gli stranieri disgraziati: coi bambini sulle spalle, i loro miseri bagagli, arrancare verso i porti e le coste per imbarcarsi. E voi assisi in trono, padroni ora dei vostri desideri. L’autorità soffocata dalle vostre risse: voi, agghindati delle vostre opinioni, che avrete ottenuto? Ve lo dico io: avrete insegnato a far prevalere l’insolenza e il pugno forte, e come si annienta l’ordine. Ma secondo questo schema nessuno di voi arriverà alla vecchiaia: ché altri furfanti, in balìa delle loro fantasie, con quello stesso pugno, con le stesse ragioni, e lo stesso diritto, come squali vi attaccheranno, e gli uomini, pesci famelici, ci ciberanno gli uni degli altri. …Volete calpestare gli stranieri, ucciderli, sgozzarli, impadronirvi delle loro case, mettere il guinzaglio alla maestà della legge per aizzarla poi come un cagnaccio. Ahimè! Diciamo che il Re, clemente col traditore pentito, rispondesse in modo non commisurato alla vostra grande colpa, mettendovi al bando: dove ve ne andrete? Quale paese, vista la natura del vostro errore, vi darà asilo? Che andiate in Francia o nelle Fiandre, in qualsiasi provincia germanica, in Spagna o in Portogallo, in qualunque luogo che non sia amico dell’Inghilterra: ebbene, lì sareste per forza stranieri. Vi piacerebbe forse trovare una nazione di temperamento così barbaro che scatenandosi con violenza inaudita, vi negasse rifugio sulla terra, anzi affilasse detestabili coltelli per le vostre gole, scacciandovi come cani, come se non fosse Dio che v’ha fatto e creato, come se gli elementi naturali non servissero anche ai vostri bisogni ma dovessero essere riservati a loro? Cosa pensereste di un simile trattamento? Questo è il caso degli stranieri, questa la vostra montagnosa disumanità”.
Non credo ci sia bisogno di sottolineare la spaventosa attualità di queste parole: specie per un popolo di ex migranti, come noi. Chi caccia lo straniero, chi lo perseguita, chi lo insulta distrugge la legge (a partire dalla legge del mare) e l’unico ordine possibile: quello umano. Le parole del Tomaso Moro di Shakespeare sono ancora più vere nell’Italia di oggi, retta da una legge fondamentale, la Costituzione del 1948, che fa del nostro comune essere persone umane il fondamento stesso di ogni legge. Allora, smettiamola di commentare le recite che avvengono sul trono (“che altro è il trono se non un palcoscenico?”, ci rammenta Nadia Fusini nell’introduzione), e curiamo la nostra anima.
Un talk show di meno e uno Shakespeare in più: anche così possiamo protestare contro la corruzione delle parole e delle anime che avvelena questo autunno, perversamente caldo, del nostro scontento.

Nessun commento:

Posta un commento