I ricchi viaggiano i poveri migrano
DI MICHELE SERRA
Secondo il Guardian i russi più ricchi stanno abbandonando alla chetichella la madre patria — loro che possono — per andare a rifugiarsi in luoghi ospitali, che nella lingua dei ricchi significa: vantaggiosi dal punto di vista fiscale. Qualunque sia la loro intenzione e la loro storia personale, non spenderemo per loro il termine “migranti”, che indica costrizione all’esodo, precarietà del viaggio, incertezza dell’approdo.
La facoltà di viaggiare con agio e di scegliere liberamente dove vivere è del resto, da sempre, il secondo discrimine tra ricchi e poveri, in ordine di importanza. Il primo è la fame. Nella Russia comunista non si poteva espatriare per costrizione politica (la patria era un gabbione uguale per tutti); nella Russia sovranista e ipercapitalista l’espatrio è facoltà dei ricchi, di casa a Portofino e a Marbella, mentre il popolo rimane a sventolare bandierine patriottiche e manda i suoi figli a crepare in guerra. Ognuno decida, dal suo punto di vista, se è un passo in avanti o, banalmente, un ritorno alle vecchie regole di sempre.
Le vecchie regole di sempre, per altro, sono l’habitat politico più conforme a un grande capo reazionario come Putin. La differenza di censo, che è differenza di libertà e di scelta, non è mai stata un problema per la destra mondiale, compresa la sua recente variante sovranista. Omaggiano il popolo (parola che hanno in bocca da mattina a sera) ma lasciano che le oligarchie economiche, religiose, politiche, prosperino come sempre hanno fatto. Difficile che Putin accusi di tradimento gli oligarchi in fuga. Piuttosto, prima o poi, potrebbe raggiungerli.
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