lunedì 31 gennaio 2022

Becera nazione

 

Storditi dalla debacle quirinalizia, è passata sotto tono la notizia che nel 2022, in Italia, si muore ancora per mancanza di strutture adeguate. 

Ginevra, una bimba di due anni, bella e lucente come la sua terra, è spirata perché, colpita dal Covid nella sua Crotone, anzi in un paese limitrofo, Mesoarca, dove il babbo è carabiniere della locale stazione, ha trascorso le successive quarantotto ore alla ricerca di un luogo attrezzato: non nel suo paese, dove non c'è l'ospedale; non a Crotone dove al San Giovanni di Dio è stata ricoverata dopo mezz'ora di strada ma, con il passare delle ore, il suo peggioramento ha imposto il trasferimento a Catanzaro, 69 km di distanza e un'ora di ambulanza. Ma a Catanzaro il reparto di terapia intensiva c'è ma solo per gli adulti. Non esiste il settore pediatrico in tutta la Calabria. Le terapie intensive per neonati a Catanzaro vanno bene solo per i primi trenta giorni di vita, dopo c'è solo la rianimazione per adulti. 

E allora Ginevra, già in una gravissima situazione sanitaria, è stata trasportata con un mezzo dell'Aeronautica Militare a Roma, al Bambin Gesù, dove è arrivata in condizioni disperate, per poi spirare nella notte. 

Se si mettessero in fila le risorse mangiate, letteralmente divorate, da tutti gli orchi politici che si sono succeduti alla guida della regione Calabria, vi è la certezza che con quei denari si sarebbe potuto erigere un centro pediatrico di livello mondiale! 

Ed invece eccoci qui a piangere Ginevra, angelo salito in cielo, senza che il sistema sanitario regionale abbia potuto contrastare il virus impadronitosi della piccola. 

E' questa la realtà delle cosiddette regioni in affanno, costantemente in affanno, con deficit paurosi frutto di politiche immonde. 

Governatori senza dignità affossarono, e continuano ad affossare terre pregne di sudore, di fatica, di inerzia, di malavita. Ginevra è morta per l'inefficienza della sanità pubblica. Ginevra ci ha lasciato nel pianto per gli errori di molti, troppi. Nelle regioni del sud è normalità affrontare viaggi e spese per andare in ospedali dignitosi al nord, e nessuno di lagna di questa catastrofe non in sintonia con la oramai desueta modernità. 

Riusciamo ad andare da Roma a Milano in treno in un attimo, continueremo ad accorciare tempi di viaggio per crederci nel futuro. Non siamo riusciti a salvare Ginevra che ha viaggiato per due giorni alla ricerca di quello che in una nazione seria, guidata da persone al servizio della collettività, dovrebbe essere normalità.

Buon viaggio Ginevra. E prega tanto per noi, da lassù. 

    

Autominzione



Che fai come autogrill se il pandemico ti ha allontanato i clienti e le tue celebri brioche plasticose non te le mangia più nessuno? Semplice: metti il caffè a 1,40 euro! A breve torneranno i thermos e le gamelle e l’area di servizio sarà solo un centro minzioni!

Sotto sotto

 

Questa fiera delle vacche grasse che è diventata l'elezione del presidente della Repubblica, cosparge la nazione, se ve ne fosse ancora bisogno, di vergogna ed inquietudine. Non è il tempo che passa ad evidenziare ciò; in passato infatti vi sono state anche 26 votazioni prima di trovare la chiosa; quello che scortica gonadi è aver lasciato il boccino in mano ad un imbecille mastodontico, incapace persino di allacciarsi le scarpe. E questa manchevolezza è stata agevolata dall'incapacità eclatante ad affrontare situazioni limite come questa, sia da Letta che da Conte. Non si può delegare il più alto incarico del nostro paese ad uno che fondamentalmente, ignorante com'è, agisce unicamente per i propri porci comodi!
Infatti questa elezione si è trasformata in una campagna elettorale. L'idiota ha sconquassato i maroni persino al Dragone, mercanteggiando sul futuro governo con esplicita richiesta del ministero degli Interni, cosa questa che ha fatto infuriare oltremodo l'Inviato delle Banche! A questi ometti senza alcuna dignità non frega nulla di stato, di visibilità internazionale, di buoni rapporti con gli alleati tramite il custode della Costituzione!
Tramano e trafficano unicamente con lo sguardo rivolto alle future elezioni parlamentari del 2023; iniziò con la candidatura del simbolo dell'evasione fiscale, il signore delle antenne, quello che in trent'anni ha ammalorato forse definitivamente la libertà di stampa; la folle corsa è proseguita con nomi bruciati in un nano secondo, per arrivare ad ieri dove forztamente ha presentato alla nazione uno dei nomi più divisivi esistenti in natura, colei che un tempo manifestò a Palazzo di Giustizia contro i giudici rei di accanimento contro l'Erotomane Pregiudicato!
E per finire il miserrimo, a mo' di riparazione, di viatico per ottenere una nomea di statista, ha avuto persino la brillante idea di annunciare la "donna" risolutrice, rovinando ancora ulteriormente la propria misera condizione politica .
La ciliegina sulla torta, infine, è il ritorno a padre nobile dell'imperatore dell'Era del Puttanesimo, ricoverato ancora in ospedale per problemi di salute o, chissà, per sviare un processo.
Come da trent'anni a questa parte non essendoci una seria, reale, fortificata opposizione, le anomalie riescono ad entrare nel recinto della legalità, del normale, del quotidiano.
E se questa è la filosofia, l'impostazione della nostra patria, ben venga avanti allora l'unico in grado di gestirla con valium e borotalco, con un colpo al cerchio ed uno alla botte, con l'ovvietà sempre in tasca, e le supercazzole pronte ad ogni ora da srotolare davanti all'ospite di turno, sia esso centrista, di sinistra, clericale o fascista. Ebbene sì! Allo stato attuale ci meritiamo solo lui, Pierferdinando Casini, in politica dal 1983, amico di cardinali e compagni, sullo scranno parlamentare da democristiano, da centrodestrorso, renziano e pidino! Che volere di più?

Ilare Amaca

 

Intrattenere il pubblico
di Michele Serra
Aqualunque ora del giorno si cerchino notizie sulle presidenziali, zoomando su Roma centro si vede il Salvini, di ottimo umore, con un bavero di microfoni sotto il mento, che aggiorna sulla sua febbrile attività di tessitore.
Lascia intendere di avere appena incontrato le più eminenti personalità del Paese, anche quelle segrete (Sgarbaglia? Parozzi?
Frisacchio?), evidentemente tutte residenti nelle viuzze attorno, altrimenti non si spiegherebbe come e quando avrebbe potuto raggiungerle. Fa capire di avere in tasca due o tre carte importanti, variandole a seconda della necessità del momento, come il mago Forest.
Fin qui deve avere pronunciato almeno una dozzina di nomi papabili, l’ultimo dei quali, Casellati, esposto così gravemente al fuoco amico da non avere nemmeno scomodato quello nemico. Quanto agli altri leader non è necessario interrogarli, perché il Salvini li ha appena incontrati tutti, nessuno escluso, e dunque parlare con lui equivale, in questi giorni, a parlare con l’Italia politica al completo.
Loquace, disponibile, tutt’altro che logoro, anche se è costretto dalle circostanze a mostrare una certa compunzione deve divertirsi parecchio. Dev’essere eccitante superare una transenna, uscire da un portone, rientrarvi poco dopo, e ritrovarsi attorniato da cronisti e cameramen che ti chiedono cose che non sai sapendo benissimo che non le sai, ma fingendo che tu le sappia.
Gli si deve riconoscere una certa generosità. Sta intrattenendo il pubblico in attesa che lo spettacolo cominci per davvero.

Marco e Quelli che..

 

Quelli che…
di Marco Travaglio
Quelli che votano scheda bianca per non sporcare, oh yeah (Enzo Jannacci).
Quelli che prendono la scheda dall’urna e se la passano di mano in mano e sono otto e poi la sera devono pure raccontarlo in famiglia.
Quelli che facevano i portaborse e si vergognavano, poi li hanno promossi a portaborsette della Casellati e si bagnano tutti.
Quelli che vedrete, lei piacerà a tutti, anche se sta sulle palle pure a se stessa.
Quella che, siccome è sicuro che mi eleggono presidente della Repubblica, me ne sto lì in aula per assistere al mio trionfo in diretta tv e faccio una figura di merda in mondovisione.
Quella che la presidenza del Senato le stava stretta e infatti, se avesse una faccia, avrebbe perso pure quella.
Quelli che gli scatoloni delle foto non erano di Mattarella, ma della Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.
Quelli che si credevano il kingmaker di Berlusconi, Frattini, Cassese, Nordio, Massolo e altri dodici, invece erano il serial killer che li ha centrati tutti al primo colpo.
Quelli che si credevano il kingmaker e poi sono morti di dolore come king Lear, pensando che fosse il marito di Amanda.
Quelli che invece i kingmaker sono Di Maio e Renzi con i parenti stretti.
Quelli che vogliono rieleggere Mattarella un po’ alla volta, così non se ne accorge.
Quelli che, se uno vota Mattarella, allora vuole Draghi (e lo manda Di Maio).
Quelli che, se uno vuole Draghi (e lo manda Di Maio), allora vota Mattarella.
Quelli che sono di sinistra e quindi “il mio ruolo è proteggere Draghi” perché me l’ha detto mio zio.
Quelli che “chiudiamoci in una stanza a pane e acqua”, ma non sanno cosa dire, a parte il menu.
Quelli che loro al Quirinale non ci tengono, poi chiamano tutti, persino Salvini, e si fanno beccare con lui in via Veneto.
Quelli che la sconfitta della politica sarebbe non eleggere un banchiere, mentre la vittoria della politica è eleggere un banchiere.
Quelli che siccome vogliamo vincere tutti, allora facciamo perdere l’Italia, rifilandole Draghi e lasciandola senza governo con 400 morti Covid al giorno.
Quelli che vanno alle maratone tv e non capiscono neanche quello che dicono loro.
Quelli che “voglio una donnaaa!” (Ciccio Ingrassia, Amarcord).
Quelli che purtroppo Draghi è maschio.

venerdì 28 gennaio 2022

Meglio sbronzo!


La mega figura di merda fatta dal Cazzaro a questo giro non ha neppure la scusante dei mojito. L’unico Kingmaker che il neurone in possesso gli permette di fare è di posizionare le carte di Imprevisti e Probabilità a Monopoli.

Venghino Signori!

 Ha ragione Giannini, oggi potrebbero eleggere il prossimo presidente della Repubblica: perché è venerdì e a quei mille e passa arraffanti quattordicimila euroni al mese, non gliene frega una mazza della carica, il week end è sacro! 

Salvini probabilmente, come dice Travaglio, pregno di mojiti, oggi candiderà il suo giornalaio, la sorella di Belen e l'ultimo sfidante, tra l'altro strabattuto, della recente gara di rutti a Ponte di Legno; Conte riesce a gestire i pentastellati, oramai più amanti degli agii di Casini, come un bibliotecario un gruppo di tigri e leoni al circo; Di Maio ha il terrore di riprendersi la cassetta delle bibite e sarebbe disposto ad eleggere persino Vallanzasca; Giorgia la cristiana ansima e sbuffa come quei bimbi a cui per la prima volta capiti in mano il pallone dimenticato dall'usuale proprietario; Tajani sembra essere, come il suo farsa partito impone, perennemente al mercato rionale, pronto a mercanteggiare due banane per quattro cicorie, purché la telenovela continui; Enrichetto ha un impatto sull'elezione paragonabile a quello che potrei avere io nella scelta del comburente per il nuovo razzo con destinazione Marte. Del Bimbominkia a questo giro ammetto che sia uno dei più lucidi; per questo ho prenotato una seduta urgente in analisi. 

Insomma questa gentaglia che foraggiamo da tempo immemore antepone alla scelta del simbolo della Repubblica, le loro rionali baruffe per cercare di rimanere un altro anno nel bisso parlamentare. 

Lo specchio della nazione è vederli uscire dal Palazzo desiderosi di sedersi al desco imbandito. Pagato da noi, naturalmente!     

Marco Blade Runner

 

Ho visto cose…
di Marco Travaglio
Ho visto cose che voi umani… avete visto tutti, salvo i fortunati che non guardano la tv e i giornaloni.
Ho visto il presidente del Consiglio fare le consultazioni per scegliersi il presidente della Repubblica e minacciare, tramite indiscrezioni mai smentite alla stampa amica, di prendere cappello e andarsene se non fosse eletto lui o chi piace a lui.
Ho visto Salvini rientrare al Papeete (gli porta buono) e lanciare per aria tre candidati all’ora come frisbee e scordarseli subito dopo mentre ne lancia altri (tra cui Cassese che lo dipingeva come un troglodita “fuori dalla legalità costituzionale”), confondendo il kingmaker con King Kong.
Ho visto il centrodestra candidare a capi dello Stato Berlusconi, Pera, Moratti e Nordio e poi smettere per non soffocare dal ridere, su consiglio del prof. Zangrillo.
Ho visto il terrore negli occhi dei forzisti alla sola idea che la forzista Casellati prenda voti, certamente non da loro.
Ho visto grandi elettori a forma di poltrona votare Mattarella per dire che va bene tutto tranne Draghi e grandi giornalisti a forma di lingua che li spacciavano per fan di Draghi in incognito.
Ho visto Di Maio lanciare l’ultimo sombrero sulla Belloni al grido di “lei è mia sorella”, dopo aver fatto trapelare parentele strettissime con tutti i quirinabili su piazza (una sessantina) e senza spiegare come possa un avellinese di 35 anni avere una sorella romana di 63, cosa mai vista prima se non nella famiglia Mubarak. E comunque Draghi è suo nipote.
Ho visto Letta e Renzi insieme (bella battuta già questa) inventare candidati inesistenti, Frattini e Casellati, per fingere di stopparli con la sola forza del pensiero.
Ho visto bocciare Frattini per l’unica cosa che non ha, le idee: “Non è atlantista”, infatti da ministro degli Esteri disertava i vertici europei per starsene su un atollo delle Maldive, sull’oceano sbagliato. Dunque è indianista.
Ho visto due giovani vedove di SuperMario – il rag. Cerasa e Feltri jr. – strillare e flagellarsi come prefiche per il “Draghicidio” e “l’omicidio politico alla baby gang” sol perché qualcuno minaccia di lasciare il premier a fare il premier, malgrado lo scarso rendimento fin qui dimostrato.
Ho visto il sessantaseienne Casini postare su Instagram una sua foto di diciannovenne già democristiano e rivendicare la sua “passione per la politica”, come se questo potesse giovargli.
Ho visto le migliori firme del Paese manifestare sincero stupore per avere scoperto all’improvviso che quell’affabile compagnone di Draghi, pur così empatico, non è amatissimo dai parlamentari, almeno da quelli italiani.
Non ho ancora visto il nuovo presidente della Repubblica, ma questo è un dettaglio.

Neil sull'Amaca

 

La scelta del vecchio Neil
di Michele Serra
Il vecchio, grande Neil Young ha chiesto (e ottenuto) di ritirare tutta la sua produzione musicale da Spotify pur di non condividere la stessa piattaforma con il podcast No Vax di tale Joe Rogan. “Le false informazioni sui vaccini fanno morire le persone — dice il cantautore canadese — e dunque o Young, o Rogan”.
La scelta è drastica, perfino discutibile, ma ha un pregio raro: è una scelta, e come tutte le vere scelte ci mette di fronte a un problema.
Ci costringe a vederlo. Il problema è che i grandi vettori di notizie, musica, spettacoli, chat, contenuti vari, si sono costruiti uno status di “neutralità” in base al quale tutto può stare con tutto, tutti con tutti, in una promiscuità babelica, smisurata, frastornante. Sono spariti gli ambiti, è morto il vecchio concetto di responsabilità editoriale: non siamo editori — dicono i monopolisti del web — siamo semplici fornitori di servizi. Una infrastruttura. Come le ferrovie e le autostrade.
Qualche goffa policy aziendale tenta di simulare un’etica dei contenuti, spesso con esiti imbarazzanti: censurano la tetta, non la svastica. Ma stravince l’idea, spaventosa, di un luogo nel quale la sola differenza in corso d’opera è tra ciò che non vende, e scompare, e ciò che vende, e sopravvive. Destra e sinistra, scienza e superstizione, cultura e ignoranza, competenza e ciarlataneria, tutto nello stesso sacco: se sei bravo ti orienti, e peschi giusto, se non sei bravo galleggi nel caos.
La pretesa di poter contenere TUTTO, di poter essere TUTTO: esiste una definizione più efficace di totalitarismo? Neil Young suggerisce l’antidoto, che è ricominciare a scegliere. Per smettere di essere scelti, scegliamo noi dove stare e con chi stare.

giovedì 27 gennaio 2022

Abbiamo il Coglione Maximo!



Paolo Garbarino, consigliere della Lega al comune di Genova: un incommensurabile COGLIONE, tanto coglione che occorrerebbe istituire il Premio Garbarino per designare il Coglione dell’anno!

Giornata della Memoria

 


Nel silenzio di questo giorno della Memoria, voglio ricordare lui, Istvan Reiner, fotografato da una SS pochi istanti prima di morire e "andare nel vento" 

Sarebbe auspicabile che tutti, ma proprio tutti, pure chi ha il coraggio di controbattere o di minimizzare quell'Evento vergogna dell'Umanità, guardassimo Istvan, soffermandoci su quegli occhi sorridenti, andati nel vento.

L'Amaca

 

Le altre forme di vita
di Michele Serra
Che cosa aspettate a eleggere Draghi al Quirinale, stupidelli?
I mercati hanno deciso così e non tollerano ritardi.
È la sintesi, un po’ brutale ma non infedele, di quanto dichiarato a Huff Post dal giovane finanziere Davide Serra, uno di quelli che spiegano al mondo come funzionano le cose anche quando non è alla Leopolda.
Fossi complottista, sospetterei il Serra di evidenti manovre anti-Draghi. Se c’è una maniera per rendere impopolare la sua figura, fin qui popolare nonostante abbia le stimmate dell’élite, è farne una star “dei mercati”, entità non chiarissima, tipo “poteri forti”, e però sempre nominata come il Dio dell’antico testamento, l’artefice dell’universo e al tempo stesso colui che, se gli gira, potrebbe distruggerlo. (Per i detrattori i mercati sono invece una specie di assemblea satanica).
Non frequentando la City, a differenza del Serra finanziere, non ho mai avuto il piacere di incontrarli di persona, i mercati, e di bere un drink con loro. Ma dubito che fossero compattamente entusiasti, ai tempi, della scelta di Draghi di forzare le regole dell’austerità per dare nuova vita all’unione monetaria; così come dell’impressionante lievitazione del Welfare (dunque del debito) per affrontare la pandemia.
Perché dunque mortificare l’elezione del capo di uno Stato importante, e la figura di un candidato autorevole, declassandole al rango di uno sfizio “dei mercati”? Davide Serra non ci crederà, ma a parte gli investitori di Borsa nel mondo esistono altre forme di vita.
Dal pangolino al camionista, dalla badante all’alligatore, dal campesino al filosofo, dalla siccità al maremoto, la biosfera è per definizione complessa. E per semplificarla non bastano né la camicia bianca con le maniche rimboccate né tutti i miliardi della Terra.

Ohhh Marco!

 

Madama la Marchesa
di Marco Travaglio
Contrariamente a quanto potrebbe desumersi da nostri precedenti articoli, noi siamo assolutamente favorevoli alla candidatura di Maria Elisabetta Casellati Alberti, e non solo per gli altissimi meriti menzionati ieri dal Corriere con un eccesso di minimalismo: “Il papà partigiano, il figlio direttore d’orchestra, la sintonia con Ghedini”. Fosse soltanto questo. Principessa del foro di scuola Ruby (marocchina) nipote di Mubarak (egiziano). Statista super partes presente alla gazzarra dei parlamentari forzisti al Tribunale di Milano che osava processare il capo, poi apparsa in aula di nero vestita quando quello fu condannato ed espulso dal Senato in segno di “lutto per la democrazia” contro il “plotone di esecuzione”. Donna delle istituzioni fin dai tempi del Csm e delle nomine targate Palamara & C. Presidente del Senato imparziale, molto critica su Conte che faceva Dpcm fuori dal Parlamento e molto distratta su Draghi che lo calpesta coi decreti. Pluridecorata con vitalizio extralarge che ingloba anche il periodo del Csm in barba ai regolamenti parlamentari e, per par condicio, fautrice della restituzione degli assegni a senatori ed ex senatori, pregiudicati e non. Cultrice di ogni mezzo di trasporto purché blu, dall’auto (memorabile lo speronamento del corteo di Mattarella) all’aereo (124 voli di Stato in 11 mesi, anche in Sardegna ad agosto, “per evitare il Covid”).
Madre esemplare che, nelle cause ai giornalisti rei di narrare le sue gesta, si autoritrae “notissimo avvocato matrimonialista che ha sempre condotto grandi battaglie a tutela delle donne e dei minori e in generale a sostegno della famiglia”, soprattutto la sua. Nel 2005, sottosegretaria alla Salute, assunse la figlia Ludovica come capo-segreteria, essendo la ragazza dedita “per ragioni familiari al cicloturismo” e “punto di riferimento per il mondo a due ruote nota nel web come Ladybici”. Quanto al figlio Alvise, “violinista, manager e direttore d’orchestra”, è “considerato uno dei talenti emergenti degli ultimi anni”, almeno da mammà, che ne segue i concerti in giro per il mondo, anche in Colombia e Azerbaijan, dove ha la fortuna di avere sempre missioni istituzionali simultanee. Purtroppo il tour s’interruppe a causa del Fatto, che svelandolo la “colpì nei suoi affetti più cari”, la “turbò”, la “avvilì” e la indusse “a rinunziare spiacevolmente e ingiustamente alla propria presenza ai concerti”. Povera stella. Poi la sua amica Ada Urbani, consigliera del Festival dei Due Mondi, ingaggiò Alvise (per dirigere il coro di S. Cecilia) e Ludovica (testimonial della Spoleto Norcia Mtb) riunendo la sacra famiglia in quel di Spoleto. Quindi poche balle: eleggetela subito presidente dell’Associazione Marchese Onofrio del Grillo.

mercoledì 26 gennaio 2022

Come nella vita

 


Mi rivolgo a voi egregi signori, capeggianti quello che generalmente viene chiamato, immeritatamente, molto immeritatamente, centrosinistra: e cioè Enrico il giovane più vecchio dello zio amico e consulente dell'Improvvido, Giuseppe coordinatore di quelli che avrebbero dovuto aprire il parlamento come una scatoletta di tonno e che invece si sono trasformati anch'essi in tonni, ma forse meglio definirli tilapie, inorridite dalla possibilità di lasciare anzitempo gli scranni d'oro; ed infine Roberto, speranza per un mondo più giusto, e indomito ministro della Sanità in questi tempi pandemici. Ebbene cari signori! Quando normalmente si organizza una cena, una vacanza, un progetto comune tra amici, in genere, con le buone maniere, si tende ad estromettere con le buone, depotenziare, inficiare colui, o colei, che generalmente manifesta apertamente limiti di operatività. E allora mi chiedo: come avete potuto permettere che il boccino delle elezioni presidenziali sia in mano a questo somaro in foto, alternante schizzofrenicamente momenti di lucidità, sparuti come i suoi neuroni, ad abissi cognitivi impensabili nel genere umano? 

In pratica il bellimbusto in questione si è arrogato il destino del prossimo settennato della nostra nazione, senza che né Enrico, né Giuseppe, né Roberto abbiano tentato minimamente d'intralciargli la strada. E questo fesso fa occhiatine significative alla Casellatimazzantiviendalmare che nel 2013 manifestava contro i magistrati rei di perseguire il Pregiudicato per antonomasia, oppure ad agevolare l'arrivo del Topastro già servente il Cinghialone e che da tempo immemore si sta intascando tra pensioni e stipendi qualcosa come un trentamila euroni al mese! 

Forse non conoscete più questa parola caduta in disuso da lustri: opposizione! Enrichetto alza il tono di voce, non essere conciliante, smuoviti dal letargo! L'ora è solenne, e voi pare che non ve ne rendiate conto! Sveglia!       

L'Amaca reale

 

Quando i Savoia battono cassa
di Michele Serra
Così come Mattarella, lasciando onorevolmente il Quirinale, non vorrà portare con sé i tendaggi e i corazzieri, allo stesso modo bisognerebbe che gli eredi Savoia si mettessero il cuore in pace sui “gioielli della corona”, custoditi in un caveau di Bankitalia dal 1946 dopo la poco onorevole partenza di Umberto II.
Li pretendono, con tanto di carte bollate, ed è la seconda volta che battono cassa allo Stato italiano dopo una stramba richiesta di “risarcimento” di qualche anno fa (finita nel nulla) per i danni patiti in seguito al crudele esilio, sicuramente oneroso perché trascorso — noblesse oblige — non già nel suburbio, nella banlieue, nella favela, come avrebbero certamente preferito, ma in eleganti località turistiche, noiosissime.
Il dibattito giuridico e politico sulla monarchia, sul corpo del Re (corpo statuale, difatti bersaglio di regicidi) con tutti gli annessi e connessi (l’accessoristica monarchica è, per antonomasia, fastosa) è antico, già i politologi del Seicento scrissero libroni sull’argomento.
Il trono e lo scettro appartengono alla Nazione o a chi li adopera? Quel collier, quel diadema, sono dovuti al ruolo, oppure brillano per meriti familiari? Quanti gioielli avrebbero, i Savoia, non fossero stati casa regnante?
Nel dubbio, fossi il discendente di un ex monarca, lascerei perdere. Dicono i Savoia (ovvero Vittorio Emanuele, sorelle e figlioli: ma ci sono anche altri Savoia che lavorano, addirittura) che con quei 300 milioni, qualora la causa fosse vinta, vorrebbero fare una Fondazione benefica. Soluzione più semplice e più repubblicana: la Fondazione la fa direttamente lo Stato, mettendo all’asta quei beni e destinando il ricavato a quelli che, ai tempi dei Savoia, si chiamavano “i bisognosi”.

Marco

 

Specie protetta
di Marco Travaglio
Da quando è nato, ci si domanda a che serve il Pd (oltre che a perdere tutte le elezioni e a entrare in quasi tutti i governi). Ieri, dopo anni di sforzi, è arrivata la risposta di Enrico Letta, di quelle che scaldano il cuore al popolo della sinistra: “Il mio ruolo è proteggere Mario Draghi”. Vasto programma, come disse De Gaulle a quel tale che urlava “A morte tutti i coglioni!”. E noi già immaginiamo la ola degli elettori Pd, come già l’altra sera, quando il “giovane Letta” (per distinguerlo dallo zio) ha annunciato da Fazio un’altra lieta novella: “Parlerò con Salvini di Draghi e del Mattarella bis, che sarebbe l’ideale”. Soprattutto per un politico di 55 anni che sembra lo zio dello zio. Ieri poi ha sfiorato la standing ovation bocciando Frattini in tandem con Renzi (molto amato dalla base): ma non perché è il cameriere di B. che gli tagliò su misura la legge-farsa sul conflitto d’interessi; bensì perché non è abbastanza “atlantista” per spezzare le reni a Putin in Ucraina, dove gli eserciti restano in surplace in attesa di un cenno dal Quirinale. Il fatto che Frattini non l’avesse candidato nessuno aggiunge un tocco di surrealismo alla gag di due leader che, per dimostrare la loro esistenza, bocciano un candidato inesistente.
Resta da capire da chi o da cosa Letta voglia proteggere Draghi, facendogli scudo col suo gracile corpicino. Possibile mai che un supereroe come SuperMario, già Salvatore dell’Euro e poi della Patria, Capo dell’Ue post-Merkel, necessiti della protezione di uno che si fece fregare da un tweet di Renzi? Se Letta sperava di rafforzarlo, è riuscito a indebolirlo più ancora di quanto non si fosse già indebolito da solo. Perché l’unico nemico da cui Draghi va protetto è se stesso. Con buona pace di giornaloni, talk e maratone, che raccontano un mondo dragocentrico e furioso contro la politica puzzona “in stallo” perché non ha eletto nessuno nei primi due round (come in 10 elezioni quirinalizie su 12). Peraltro, se non s’è ancora trovato un accordo, è perché – per la prima volta nella storia – due egolatri si sono autocandidati al Colle a dispetto dei santi, delle regole e dei numeri: B., lanciato dal centrodestra il 14 gennaio e tramontato il 22; e Draghi, che si è lanciato il 24 dicembre, ma nel vuoto, visto che nessuno lo ha raccolto, e ora sta per schiantarsi al suolo col suo prestigio, la sua maggioranza, il suo governo e un bel pezzo dell’Italia senza che gli passi per l’anticamera del cervello di prender atto che nessuno lo vuole al Quirinale (neppure gli amici dell’Economist e gli amati “mercati”), riporre ambizioni e capricci, smettere di usare il piedistallo di Palazzo Chigi per farsi campagna elettorale a urne aperte e rassegnarsi a fare ciò per cui Mattarella lo chiamò un anno fa: governare, se ci riesce.

Sia Lode!



Quale miglior commento estasiante se non questo scanziano per celebrare l’Evento?

di Andrea Scanzi

Vive!!! Egli vive, immunizza, nidifica, tritura, divelle, sconquassa, irradia, sganorza, tonifica e santifica tutti noi.

Preghiamo.

Dopo il terzo e quarto set, con un grado di sangue e dolore che neanche a Pearl Harbor, non ci avrebbe scommesso (quasi) nessuno. E invece il Pupillo si è fatto maglio tonitruante e ha vivisezionato con evidente e giusto compiacimento l’imbelle e sommamente colpevole Rapper Frignone.

Era dal terzo episodio di Guerre Stellari che non vedevo vincere il Bene sul Male.

Fate subito santo questo ragazzo, rendete subito festa nazionale questo giorno e chiamatelo “Il Giorno in cui Egli ebbe a parlarci”. 

Si gode come castori in un’orgia sadomaso.

Matteo Berrettini è uno dei portenti per cui valga la pena vivere in questi tempi di merda. Preghiamo, gioiamo e aneliamo all’illuminazione tutti. Ancora una semifinale Slam. Che prodigio!

Ora Nadal. La leggenda Nadal. Saremo sfavoriti, ma se Il Pupillo entrerà in campo con la consapevolezza di poterlo battere, be’, allora l’agnizione non ci sarà preclusa. Nadal, spesso, ti batte prima di scendere in campo. E serve fare uno step ulteriore: l’ultimo prima della Cima.

È festa, come cantava la Pfm. È torcida inesausta, come dico io.

Sia davvero somma e giusta Lode per tutti noi, giacché Egli ci ha parlato.

Ronzullianamente

 

Centrodestra, l’ascesa di Ronzulli baluardo del leader nella parabola di Forza Italia

di Filippo Ceccarelli

Garantisce la senatrice Licia Ronzulli, ormai più ciambellana che governante dell’esausto regno di Arcore, che il vecchio sovrano ricoverato "è un leone e tornerà presto a ruggire". Aggiunge, sempre in ambito ferino, che "gli sciacalli invece restano sciacalli". Ma poi ieri mattina, dopo essersi riconciliata con Sgarbi al tele-teatro Merlino, approfittando del sole si è portata a piazza del Quirinale, dove ancora una volta ha celebrato se stessa in magnifica simmetria fra cielo blu e statue bianche, con sguardo fascinoso, mani in tasca e spalle al Palazzo dei palazzi.

Quando gli storici, ma anche gli artisti del futuro dovranno ricostruire o trarre ispirazione dalla stagione terminale del berlusconismo ne troveranno fin troppa nella pagina Instagram di questa giovane donna (46) che oltre ad aver letto in teletrasmissione agli alleati, forse ha pure collaborato alla stesura dell’atto di abdicazione del Cavaliere, definitiva pietra d’inciampo della Seconda Repubblica.

Per dire: l’ultima story ronzulliana, purtroppo destinata alla cancellazione dopo 24 ore, era quasi lisergica: nuvole e bolle di cuoricini, pollicioni, musica di Porta a porta e di Elton John, bambine e bambini con la gommina in testa che facevano il tifo, parole retrattili e assai più sgargianti di quanto si potesse avvertirne il senso, “tag the team”, “yes we can” (povero Uolter!), “adventure”, “let’do it”, “go goooo” - ma dove andare, e a far che, con chi, perché?

Intanto lei ci dava dentro, una due, tre dieci Ronzulli che si susseguivano a ritmo sullo schermo in diverse versioni e morfologie, ma sempre con lunghi orecchini, intervistata, fotografata, rispecchiata e reduplicata negli altrui dispositivi ottici secondo la tecnica della mise en abyme; e di nuovo rock incalzante, di nuovo lampi e palloncini, faccette e saette, di nuovo orologi al quarzo che andavano sempre più veloci, tappeti rosa shocking, animazione di schede quirinalizie che si ammonticchiavano, “agree”, “interview” “decisions decisions decisions and more and more decisions”. A un certo punto, prima di Vespa e dopo Gasparri, sono apparsi in qualità di intrusi anche un perplesso Minzolini e Marco Damilano lievemente annoiato, mentre lei per iscritto proclamava: “Anbiamo – sic – il diritto e il dovere di esprimere”... boh.

Pare che in Forza Italia ormai non più solo i governisti ce l’abbiano parecchio con Ronzulli; è quasi certo che Meloni non la può vedere, mentre Marina figlia si fida assai, a prescindere dall’inclinazione pencolante verso Salvini; ma tutto questo, per quanto decisivo nell’interpretazione della politica, si assottiglia e sbiadisce dinanzi alla piena dell’effetto visuale che non prevede penombre, chiaroscuri, sfumature. La politica come un incrocio di racconti, linguaggi e immagini assemblati da social media manager per l’uso di onorevoli bimbeminchia appassionate del web; nulla comunque che riguardi più l’etica del Bene comune, tutto a vantaggio dell’estetica del consenso pubblico, amen.

Resta l’aspetto cortigiano, quello sì, a ricordare agli immemori che si tratta pur sempre del Secondo Cerchio Magico, insieme femminile e tribale, nemesi toccata in sorte al partito monarchico e fallocratico per eccellenza. Ci si potrebbe scrivere un saggio sulfureo, ma basterà sapere che da un paio d’anni il duo Ronzulli-Fascina ha scalzato il duo Mariarosaria Rossi-Pascale, avvicendamento problematico solo per le avvicendate.

Detto questo, Licia è affabile, simpatica, svelta e sinceramente affezionata al povero Berlusca ruggente.

Fisioterapista di vaglia, l’ha curato dopo i tagliandi e dopo l’aggressione con la statuetta del Duomo. In tribunale ha testimoniato sul Priapetto da girotavola; alla radio ha proposto di intitolare dei club a Dudù, pure lanciandone il claim: “Fai come Dudù, apri un club anche tu”; e quando il Cavaliere ha compiuto 81 anni, come segnaposto di cioccolato gli ha messo quello col numero 18. Lui tutto contento, bei tempi.

Pensierino


A pensare che tutto ruoti attorno al fatto che 945 stipendiati a 14mila euroni, vogliano succhiare risorse sino al 2023, compresi soprattuto quei beoti capitanati da un Bibitaro che volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, verrebbe voglia di vedere al Quirinale solo un personaggio, visto che, come un mantra, quei 945 iper agiati continuano a raccontarci la frottola dei tempi duri. E allora che tempi duri siano! Daje Rocco!

lunedì 24 gennaio 2022

La Bianca ha un costo

 

Ed eccoci al grande giorno in cui i nostri rappresentanti voteranno per eleggere il nuovo presidente della Repubblica! 

I grandi milleotto elettori (uno di loro è mancato proprio ieri) da noi delegati, dovrebbero essere il top, la crema della nazione. Ahimè non sarà così, visto che tra di essi ci sarà pure la Polverini condannata in primo grado a nove mesi di detenzione per uso illecito della carta di credito appartenente ad un sindacato, di destra. Ma va bene lo stesso! Secondo i rumors oggi molti voteranno scheda bianca. 

Facciamo due conti: per questi 1008 nostri rappresentanti, calcolando che guadagnino una media di quattordicimila euro al mese, che oggi non faranno altro di prendere una scheda ed infilarla dentro ad un'urna, spenderemo qualcosa come 470.400 euro, senza contare gli spostamenti, gli hotel, i pasti.  

Non male vero? Mi chiedo solo quando si potrà finalmente votarlo noi il presidente, senza sotterfugi di sorta. Una votazione solo e via! Con i suoi costi certo, probabilmente anche più alti. Ma vedere il Cazzaro fare incontri per decidere il simbolo dell'unità, mi sconvolge al punto di desiderare di respirare aria di democrazia. Democrazia, null'altro.   

Uscire dal mantra

 Mi riallaccio a quanto detto poc'anzi, ovvero ricercare quella capacità indispensabile per evitare di cadere nello scontato, anticamera della realizzazione del motto sordiano "Io so' io e voi nun siete un c..!" 

Leggendo un bellissimo articolo di Emilio Molinari - presidente emerito del Comitato per un Contratto mondiale sull'Acqua e vicepresidente dell'Associazione "Laudato sì" - ho galoppato a ritroso verso una ritrovata realtà, invereconda e vergognosa. 

Molinari ricorda anzitutto alcune spaventose cifre, prese dal rapporto dell'Onu del 2019: 

4 miliardi di persone sulla Terra non hanno acqua sicura. Ripeto: quattro miliardi di persone. 

800 milioni di esseri umani sono privi di accesso all'acqua potabile. 

Due miliardi e mezzo di uomini e donne sono privi di servizi igienici. 

700 milioni devono fare i loro bisogni all'aperto. 

Entro il 2030 si prevedono dai 300 ai 700 milioni di profughi. 


Cifre spaventose, raccapriccianti, così mefitiche da indurre ogni uomo di buona volontà a vergognarsi per l'ingloriosa fine di questa tipologia di società. 

Ma questo è niente: il 30 dicembre dello scorso anno, un finto rivoluzionario che in passato vendeva le bibite allo stadio di Napoli, ha lanciato la candidatura dell'Italia ad ospitare la decime edizione del Forum mondiale dell'Acqua. Apparentemente dovrebbe essere una proposta valida, non trovate? Se non fosse che questa convention non è organizzata dall'Onu, bensì dalle multinazionali che realizzano guadagni stratosferici con la più naturale sostanza di proprietà dell'intera umanità. Veolia e Suez Lyonnes des eaux, presiduta da Loic Fauchon, presidente di Eaux de Marseille, ovvero Veolia. 

L'ex venditore di bibite allo stadio, incomprensibilmente divenuto ministro degli Esteri, ha definito il Forum "il Rinascimento dell'Acqua", sull'esempio dell'altro nostra vergogna nazionale, inneggiante all'assassino saudita. Quello che stona maggiormente è che tra i promotori del comitato a sostegno della candidatura vi sia, tra gli altri, la Custodia del Sacro convento di Assisi, sì proprio Assisi e il suo Santo, colui che scrisse parole meravigliose come "Laudato s' mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile ed humile ed pretiosa et casta"; ed assieme ad Assisi come sede del Forum si è proposta persino la culla del Rinascimento, quello vero, Firenze. 

Votammo ad minchiam in quel referendum in cui il popolo si espresse a favore dell'acqua quale bene di tutti! Non è servito a nulla, come al solito ci han trattato e ci trattano da incompetenti borotalcati, ninnoli simpatici da prendere costantemente per il culo! E chissà quanti, compreso il Bibitaro, assoceranno il Consiglio mondiale dell'Acqua ad altri organismi nati e custoditi sotto l'egida Onu, come la Fao, l'Unicef etc. Invece no! Questo ennesimo specchietto per le allodole e gli allocchi, che siamo noi, è una creatura di chi opera per privatizzare l'acqua! E già si sono incuneate tra noi, come Roma, Milano, la Liguria, la Sicilia e la Calabria sono a testimoniare (A2a, Hera, Iren, Acea ed Enel).

I francesi, che a volte fortunatamente ancora s'incazzano (cit.), hanno sfanculato questi mercanti indegni del bene più prezioso, nella loro Parigi, facendo ritornare l'acqua nella gestione pubblica. 

Da noi invece incompetenti maximi come appare il ministro degli Esteri esultano nel candidare l'Italia ad ospitare una becera assemblea gestita da multinazionali il cui scopo unico e lucroso è rendere l'acqua un bene di proprietà, da quotare in borsa, come è già stato fatto, nel 2020 a Wall Street in un titolo derivato. 

S'incunei in ognuno di noi l'eclatante vergogna dinnanzi ad un esecrabile avvenimento com'è questo! E' la mia speranza, come al solito, speriamo, ultima a morire!   

 

 

     


Controcorrente

 


Assillato da dubbi ancestrali con possibili risvolti xenofobi o misantropi, cerco di non cadere nella corrente contraria di chi non sogna di vedere più lontano possibile le carcasse luna park galleggianti di questa modalità 2.0 di fare turismo, agevolato probabilmente dal fatto che vivendo in zona San Cipriano, agogno di poter respirare miglior aria possibile, pur fumando come un imbecille. 

Cadere nella voce fuori dal coro è un attimo! Sguardi di compatimento, carezze in cervice, sogghigni, risate da deprecazione. Attorno infatti vive sano e vegeto il mantra della quotidianità, fagocitante, a mio parere, fetecchie entrate nella normalità: il turismo va protetto, come i container e la ciminiera, fino a poco tempo fa, motivo di occupazione e progresso, e le armi - ma vuoi mettere se chiudesse la fabbrica dei carri armati che sbandamento occupazionale avremmo? - e via andare. 

Allora mi isolo, ecco la misantropia, e m'acciglio ruminando sulle mie idee di turismo, un'arte che dovrebbe preservare innanzitutto i luoghi e le loro caratteristiche, come il silenzio pregnante la maestosità delle Cinque Terre, o la melodia del vento attorno a Montemarcello, e poi i meleti di S. Stefano che non ci sono più, Pitelli e la discarica, l'insenatura di Panigallia che senza il rigassificatore sarebbe oggetto di miriadi di puntate su Discovery. 

Emerge un binomio, come il libro mastro dei mantra suggerisce: turismo e prostrazione. Silenti e contenti dobbiamo obbedirvi senza se e senza ma. Già avverto foruncolosi all'idea che tra non molto sarà aprile e torneranno dalla Cisa ad ingolfarci la vita roteante attorno al caldo e ai suoi piaceri. 

Forse sbaglio, la visione è sicuramente retrograda e, soprattutto, non riesco a genuflettermi. Fuori dal coro, avviato al canuto e al cappello in auto, tristemente non mi resta, per restare al passo con questi meravigliosi tempi contornati dalla focaccia a tre euro all'etto, di aprire la porta del balcone, inspirare per un suffumigio figlio di questi mantra, tipo "ce lo chiede l'Europa."


Illuminante

 

L’ultima ideona: l’appello della sinistra per la destra
DI FRANCESCA FORNARIO
Caro direttore, il padre dell’operaismo Mario Tronti mi ha quasi convinto. Sulle pagine del Riformista e del Foglio ragiona da mesi con Bersani, Bassolino e D’Alema di come compattare “La sinistra per Draghi”, il quale dovrebbe sì andare al Quirinale ma anche restare a Palazzo Chigi: seguendo l’esempio di Tronti, Bassolino, Bersani e D’Alema che stanno sì a sinistra ma anche al governo con Salvini e Berlusconi.
Non condivido però l’approccio riformista. “La sinistra per Draghi” è una formula che può dare adito a interpretazioni ambigue in tempi che richiedono scelte chiare e nette. È il momento di lanciare l’operazione “La sinistra per la destra”. Come gli elettori sanno, non si tratta di una trovata estemporanea. Da anni la sinistra lavora e per e con la destra fingendo però di trovarsi lì per caso, spinta ora dalla crisi finanziaria, ora dalla pandemia, ora dalla minaccia che se non governi con Salvini e Berlusconi che governano con Giorgia Meloni arriva al governo la destra. Pd, Forza Italia e Lega hanno inserito il pareggio di Bilancio in Costituzione; Bersani e Berlusconi hanno votato insieme la Legge Fornero.
Ma questa è solo una parte del lavoro fatto dalla sinistra per la destra: il più facile. In tutti questi anni, gli esponenti della sinistra oggi “Per Draghi” si sono prodigati, con grande spirito di unità e fair play, a governare per conto della destra anche quando la destra era all’opposizione. Nella fase in cui le piazze accecate dal populismo tenevano Fini, Bossi e Berlusconi e i loro eredi Meloni, Salvini e Berlusconi lontani dal governo, è stato Bersani a privatizzare i servizi pubblici, D’Alema a bombardare la Serbia, Renzi a cancellare l’articolo 18. L’elenco delle riforme di destra fatte dalla sinistra è così lungo che per rendere giustizia dovremmo scriverne volumi rilegati in pelle di stagista morto in alternanza scuola lavoro, di disoccupato schiantato di freddo, di malato defunto per assenza di posti letto. Non intendo in questa sede entrare nel dettaglio di ogni favore ai costruttori e alle lobby farmaceutiche, di ogni accordo con i dittatori, di ogni finanziamento dato a pioggia alle imprese che inquinano e delocalizzano e alle scuole private, di ogni taglio alla sanità e al trasposto pubblico in favore delle cliniche e delle auto ibride, di ogni aumento delle spese militari, di ogni riforma fiscale che ha tolto ai poveri per dare ai ricchi facendo triplicare i primi e la ricchezza dei secondi. Non è elegante stabilire se abbia fatto più cose di destra la destra o la sinistra, rivendicando un inutile primato. Meglio lavorare insieme con lealtà come si sta facendo da vent’anni, nell’attesa che al termine di questa fase che lo stesso Tronti definisce di transizione si ristabilisca il regolare bipolarismo dell’alternanza, rappresentativo delle diverse sensibilità che attraversano il paese: da una parte gli eletti e dall’altra gli elettori.
Oltre che di Giuliano Ferrara, l’appello alla Sinistra per la Destra ha già collezionato le adesioni del mondo dell’imprenditoria che vanno da Briatore a Bill Gates e illustri esponenti della politica internazionale da Blair a Clinton, da Merkel a Macron. Fino a Bin Salman, impressionato dai risultati ottenuti in Italia dalla sinistra per la destra (uno su tutti: i 3 Italiani più ricchi possiedono più dell’insieme dei 6 milioni più poveri. l’Italia è il solo pese dove i lavoratori guadagnano meno di 20 anni fa e dove, per andare a lavorare, è obbligatorio il green pass ma non il salario minimo legale. In sei milioni guadagnano meno di 12 mila euro lordi l’anno. Avanti così e il reddito di cittadinanza bisognerà darlo a chi ha un lavoro). Il sultano è così colpito che starebbe pensando di provarla anche lui questa democrazia parlamentare. Non lo fa solo per non mancare di rispetto al suo grande amico senatore che sogna di abolire il Senato.

Pino


“Avevo i numeri, ma mi ritiro”: la farsa finale del capocomico

DI PINO CORRIAS
“Avevo i numeri, ma mi ritiro dalla corsa per il Quirinale” è una delle più sciocche e insieme delle più commoventi frasi di Silvio B. destinata a entrare negli archivi del suo caso umano prima che politico. Servirà al lavoro dei posteri. Quelli che si incaricheranno di analizzare non tanto la testa del leader, destinata ai laboratori di criminologia politica & varietà, ma quella dei suoi milioni di fedeli, che per una trentina d’anni hanno creduto ai suoi miracolosi sciroppi contro la tosse e contro le tasse. La frase fa il paio con quell’altra: “Non ho mai pagato una donna in vita mia”, più spudorata, e forse ancora più commovente per la fragilità sessuale che involontariamente rivelava, perché pronunciata dalla cima delle bugie contabilizzate dal ragionier Spinelli nella sequenza dei bonifici mensili spediti a quella trentina di povere disgraziate ingaggiate a tassametro. E costrette a ridere alle barzellette del padrone, durante le cene in cui erano pronte a diventare le due portate principali, il dolce e la carne.
Ma candidarsi al Quirinale non è stata solo una farsa per il titolare della farsa. Per due ragioni. La prima, quella di misurare la cieca obbedienza della sua corte disposta ad assecondarlo fin oltre il baratro del comico, proprio come ai tempi del voto parlamentare su Ruby nipote di Mubarak. E il trio Tajani, Salvini, Meloni – convocati a suo capriccio sulla soglia di Villa Grande – si sono dimostrati come sempre all’altezza. La seconda ragione, assai meno dispettosa della prima, è quella di agevolare la prossima mossa: pretendere dal nuovo titolare del Quirinale il laticlavio di senatore a vita. Non solo come risarcimento al narcisismo ferito del bimbo statista. Ma specialmente come l’ennesimo scudo mediatico per i prossimi processi. Il pennacchio finale al “frodatore fiscale” riabilitato.

domenica 23 gennaio 2022

Poverino!



Come da canovaccio, a noi poveri sudditi, grazie al micione Zangrillo, viene validata la fregnaccia sulle condizioni di salute che l’hanno costretto a rinunciare al trono quirinalizio. Perché i voti, dice lui, li aveva eccome, essendo il migliore, il più bravo, l’unico in grado di saper fare la buona politica! E mi raccomando: tutti a bere la fetecchia!

Adieu?



Per chi come me lo sta osservando da più di venticinque anni, il passo indietro del maggiore usurpatore delle nostre libertà dell’ultimo trentennio, rappresenta, spero, l’ultimo atto di una delle più tristi commedie del dopoguerra; e questo grazie non tanto a lui, sognare un mondo senza malfattori infatti è pazzia, ma a tutti coloro che durante l’Era del Puttanesimo, han finto di contrastarlo solo per rispettare il copione, agevolandolo in tutto e, a volte, compartecipando alle sue malefatte. Nomi? Certamente: tutti i pseudo compagni o sinistrorsi dediti a verticali di Krug in rispettosa giacca vellutata, e tra questi metto Mortadella, Baffino, Grissino, Ronf Ronf Letta, l’adorato nipotino imbelle rignanese, Violante Spasimante, il neo godereccio nonché trastullatore di cazzocampana pensieri simil rossi imbonitori cervici apparentemente in lotta, al secolo Faustino, ora assiduo frequentatore di club esclusivi à la page di Cortina alla faccia dei compagni che ancora oggi lavorano mentre lui magna; la Chiesa col suo papa rosso Testa a Pera Ruini, che si spinse ad interpretare le massime evangeliche per legittimare guerre e casini (non Pierfi vero pretendente occulto quirinalizio, ma i bordelli alla bunga bunga per intenderci); la prona stampa di sua proprietà e non; le tv, praticamente tutte, con quel Minzo allora direttore del tg1 che, tra una strisciata e l’altra della carta aziendale per privati goderecci, mandava in onda, invece delle malefatte del suo signore, servizi sulla toilette dei cani. Insomma: grazie agli agii e al soffuso borotalco della finta opposizione, il despota mediatico per antonomasia ha imperversato per decenni nella nazione, impoverendola in cultura, dignità e morale, sminuzzando alcune pietre miliari al fine di agevolare lo sdoganamento di reati quali l’evasione fiscale, la sparizione di risorse in paradisi fiscali, e il rispetto della donna. 
Ed ecco che ieri, mentendo spudoratamente come sempre, annuncia per lettera il suo addio al sogno di divenire il futuro presidente della Repubblica. I motivi dell’abbandono sono solo due: salute, e qui mi fermo, augurandogli ogni bene possibile, o la consapevolezza che una sua salita al Quirinale avrebbe provocato uno sconquasso finanziario importante, con relativa fuga dei famigerati investitori esteri. Davanti al danè dunque lo stolto meneghino, come sempre, potrebbe ancora una volta essersi genuflesso. L’importante è che sia stata l’ultima, deo gratias!

sabato 22 gennaio 2022

Mariangela



La difesa di Mariangela-Lupi verso il Pregiudicato è quanto di più squallido si sia prodotto da tanti anni a questa parte su questo suolo: un mefitico mix di ballismo, adulazione, stravolgimento della realtà, mistificazione, rivalutazione di un pusillanime frodatore, incallito tangentista, amorale fino al midollo, degna di uno sguattero dedito ai bagordi in balia del suo padrone. Mariangela-Lupi si è inabissato, deturpando la propria dignità, a profondità mai frequentate neanche dal peggior Gasparri! Una triste vicenda nell’oscurantismo sempre più pesante di questo insano tempo.