mercoledì 29 luglio 2020

Timone ben saldo!

Cari lettori e amici virtuali, sodali con me in questa avventura, che mi donate linfa vitale e, soprattutto, la speranza che qualche seme sparso dalla mia dabbenaggine, fruttifichi per rinforzare la mano, che siamo noi, reggente il timone affinché la rotta non finisca per portarci nelle acque melmose ove stagnano i Porro, i Facci, le Chirico, (quanto mi sta sulle palle questa Annalisa Chirico non ve lo immaginate neppure!) e tutta la cianfrusaglia danneggiante il libero pensiero, la libera opinione! 
Ebbene vi sprono a non perdere la rotta anche oggi! Rimanete fermi a guardare le vicende di quell'insulso ometto che i tribali accordi tra becere accozzaglie fingenti di essere un polo di centro-destra, che se fosse fatto con il pieno rispetto della Politica meriterebbe pure rispetto e sani contrasti per una democrazia sempre migliore, ma che in realtà sono una commistione tra fasci, avidi difensori di un pregiudicato e  citrulli adoratori del dio Po, hanno posizionato, senza nessun merito, sullo scranno più alto della regione Lombardia. Non arretrate di un millimetro mentre il Cazzaro vomita insensatezze circa lo stato di emergenza, giustamente richiesto da Conte perché, al diavolo gli imbecilli alla Sgarbi, alla Zangrillo, il virus è ancora qui, proprio qui tra noi, solo per distrarci dal problema Fontana. Si il problema Fontana, l'emblema del cazzaro leghista! 

E allora per rimanere inamovibili, senza distrazioni di sorta, leggete di seguito questo articolo inchiesta, di Repubblica. 
Leggetelo con calma, soppesando le parole, soffermandovi sui fatti eclatanti che portano a pensare all'ennesima presa per il culo, la sfrontatezza con cui ci vorrebbero tutti babbani. 
Ma non lo siamo per fortuna. Non lo siete! 
Buona lettura! (io intanto sto preparando il profilo per entrare dentro il gruppo di quei 18mila psicopatici di cui vi raccontavo nel post precendente. Farò un 25enne molto religioso, tradizionalista, nemico di papa Bergoglio. Che la Provvidenza mi faccia entrare, facendomi incontrare anche un terrapiattista!! Pregate affinché ciò si realizzi!) 

Le contraddizioni di Fontana. Il conto svizzero non era dormiente

28 LUGLIO 2020

L'inchiesta camici in Lombardia: accertati movimenti per centinaia di migliaia di euro tra il 2009 e il 2013. I pm scavano per capire di chi fossero. Perquisita la società del cognato


DI LUCA DE VITO


MILANO — C’è una lunga serie di incongruenze nelle dichiarazioni di Attilio Fontana rispetto a quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Milano. Mentre i magistrati e i militari della Guardia di Finanza dragano le carte raccolte in questi mesi e vanno alla ricerca dei camici (ieri sera è stata fatta una perquisizione presso la società del cognato di Fontana), mettendo insieme i pezzi dell’indagine e le versioni del governatore ogni giorno si evidenziano nuove contraddizioni.

Il denaro all’estero

Il primo aspetto riguarda le provviste di denaro depositato all’estero, la cui prima traccia nel tempo è il trust alle Bahamas aperto nel 1997. Si tratta dei 5,3 milioni scudati nel 2015, diventati 4,4 oggi e scoperti sul conto Ubs di Fontana quando ha provato a fare il bonifico per risarcire il cognato. Il lascito di un’eredità, secondo la versione ufficiale. Il Governatore, nell’intervista rilasciata ieri a Repubblica, ha dichiarato che i suoi genitori non hanno mai evaso le tasse, ma come questo possa coniugarsi con la detenzione illegale di grosse cifre di denaro su un conto svizzero intestato alla madre non è chiaro. Se fossero stati soldi legalmente portati all’estero, allora non ci sarebbe stato bisogno di scudarli con i trust alle Bahamas (di cui Fontana risultava beneficiario) e di redigere una voluntary disclosure nel 2015 per regolarizzare la posizione. Un’incongruenza che non ha spiegazioni e su cui Fontana non è riuscito a fare chiarezza.

Di chi sono quei soldi

Un altro aspetto su cui si stanno concentrando gli investigatori, riguarda la vera natura di quelle cifre detenute all’estero. Possibile che un medico e una dentista negli anni ottanta avessero tanti soldi in Svizzera? E che bisogno c’era di utilizzare strumenti come i trust alle Bahamas per schermarli? Il sospetto è che possa trattarsi, almeno in parte, di soldi dello stesso Fontana. Un passaggio delicato, perché in caso il denaro avesse altre provenienze andrebbe a confliggere con quanto dichiarato nella voluntary del 2015 che ha come causale «eredità». Il riscontro di una dichiarazione mendace configurerebbe un reato molto grave, il falso in voluntary. Un’ipotesi tutta da dimostrare con riscontri investigativi per gli inquirenti, ma su cui il governatore potrebbe sgombrare il campo da subito: sono soltanto soldi dei genitori quelli? O nel tempo se ne sono aggiunti altri, appartenenti a qualcun’altro? E lo stesso Fontana ha mai avuto un conto in Svizzera prima del 1997 o ai tempi del primo trust, quando era sindaco di Induno Olona da due anni?

I movimenti

Le risposte di Fontana sono vaghe e spesso contraddittorie quando si riferisce alla sua situazione patrimoniale. Ad esempio, nell’intervista pubblicata ieri da Repubblica, quando parla del conto dei genitori, dice: «Era un conto non operativo da decine di anni, penso almeno dalla metà degli anni Ottanta». Affermazione contraddetta da quanto emerso dalla voluntary: da quei documenti risulta una serie di movimenti registrati tra il 2009 e il 2013. Prova che il conto è stato attivo, movimentando centinaia di migliaia di euro, e in un lasso di tempo in cui la madre del governatore aveva tra gli 86 e i 90 anni. Le cifre le ha anticipate la newsletter di Domani: nel 2010 sul conto svizzero arrivano 129 mila euro, l’anno dopo ne escono circa 500 mila. Nel 2012 ne arrivano 442 mila e nel 2013 altri 200 mila. Un conto tutt’altro che dormiente, quindi.

Le date della fornitura

Altre incongruenze emergono poi sul fronte della ormai famosa fornitura di camici mai portata a termine. In questo caso riguardano le dichiarazioni di Raffaele Cattaneo (assessore della giunta) e Filippo Bongiovanni (ex numero uno di Aria) rese davanti ai magistrati. Fontana ha detto lunedì in consiglio Regionale di non aver saputo dell’affidamento oneroso della fornitura prima del 12 maggio. Smentito da Bongiovanni (che ha informato la segreteria dal 10 maggio) e anche da Cattaneo che ai pm ha detto di aver informato Fontana da subito. Lo stesso governatore ha detto di aver saputo dall’inizio della disponibilità di Dama a dare un mano, così come detto per altre quattro aziende: ma perché allora avrebbe dovuto presumere che si trattasse di una donazione nel caso della società del cognato se per le altre era pacifico che fossero forniture onerose?

I camici mancanti

Infine l’aspetto più spinoso che riguarda direttamente il reato per cui Fontana è indagato, ovvero la frode nelle pubbliche forniture legata alla mancata consegna dell’ultima tranche di dispositivi. Bongiovanni ha detto ai pm di non aver chiesto che la fornitura, bloccata dopo la consegna di 50 mila camici, venisse portata a termine. Avrebbe spiegato che non ne avevano più bisogno. Nessuno — in Aria come in Regione — ha pensato di far comunque consegnare i 25 mila camici rimanenti, nonostante in quel periodo il bisogno di dispositivi di protezione per gli ospedali fosse cogente. Perché rinunciare? Forse per consentire a Dini di rivenderli e di ridurre l’impatto economico dovuto alla necessità di stornare le fatture per non intaccare l’immagine di Fontana? Anche per questo il nucleo valutario della Guardia di Finanza ieri sera ha sequestrato i camici rimanenti trovati nei magazzini della Dama.

   

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