mercoledì 12 settembre 2018

Lisciatina


Ma si, diamogliela una lisciatina, deve aver pensato Alessandra Longo di Repubblica! 
E' tornato, è tornato! Non solo è osannato dalla claque impenitente! Pure la stampa che l'adorò, lo rimpiange e sogna il suo amato ritorno! 
Vuoi mettere uno come lui, al confronto di questi, come li ha definiti lui stesso che una volta ricordo si scagliò contro gli insulti, predicando ad allocchi vari, che occorre sempre il rispetto per l'avversario? Ah si: "questa banda di scappati di casa, cialtroni, bugiardi!" Ci mancava "figli di mignotta" ma credo che se la riserverà per la oramai vicina Leopolda. Speriamo torni, davvero! Con lui le grandi aziende in regime di monopolio, tipo Autostrade, riempivano i giornali, compreso Repubblica, di pubblicità pagando tanti soldoni, che poi a ben pensarci a che servisse tale elargizione non è dato sapere, visto che se uno non ha rivali negli affari, a che serve far pubblicità se non a... mi fermo ma i sani di mente capiranno. E poi ogni tanto magari capitava pure che in ascensore il Ritornante incontrasse l'editore di un giornale e gli spifferasse news tanto utili da fargli guadagnare 600mila euro senza colpo ferire. Ah che tempi! 
E allora leggetevelo con tanto tanto calore questo articoletto lisciante che mi sprona a pensare la Longo davanti ad un caminetto con in mano la foto del Grullo assieme ai suoi genitori, a suo cognato. Con tanto di logo Unicef.  

Comizi, cabaret e una corrente Renzi si è rimesso in campo

ALESSANDRA LONGO, ROMA

Da Ravenna a Firenze, da Bologna a Milano, Matteo Renzi è ripartito. La parola d’ordine: basta con l’autoanalisi. Il format: il comizio cabaret. La certezza (sua): sta tornando il consenso.
Tappa dopo tappa, l’uomo si galvanizza, addirittura rivive il passato più glorioso, la sfida (persa) delle primarie con Bersani, che fu trampolino di lancio verso il potere: «Sento nei miei confronti un clima da 2012, ma non mi candido segretario».
No, non si candida segretario (per il momento), ma intanto rimotiva le sue truppe e una nota del suo ufficio stampa certifica «il calore e l’affetto del popolo Pd».
Meno affetto arriva dagli indici di gradimento dei sondaggi, che lo danno agli ultimi posti tra i leader nazionali, ma davvero il parterre delle feste con lui è sembrato in delizia. Perché lo stile è quello di sempre, più di sempre: battute, gag, diapositive degli avversari politici da dileggiare, titoli di giornali stranieri sull’Italia razzista da far rabbrividire («Franco, per favore, mi metti lo Spectator»).
E lui su e giù lungo il palco, il microfono in mano, la camicia bianca custom fit, quella che indossava anni fa, più magro, con Pedro Sanchez (ma lo spagnolo adesso è ben saldo al potere). Stile da showman, sideralmente lontano dal compassato segretario attuale e dalla flemma gentiloniana.
«L’avete notato? Con la personalizzazione abbiamo preso due volte il 41 percento, con la spersonalizzazione il 19...». Applausi da teatro, gente che scandisce: «Matteo! Matteo!
Matteo!». A Milano c’è Ivan Scalfarotto in prima fila, che non l’ha abbandonato, e poi le volontarie e i volontari, le signore con la cuffietta di garza bianca che lasciano gli stand gastronomici per sentirlo. Da loro riceve un supplemento non necessario di autostima. Basta analisi della sconfitta (lui, per la verità, dal 4 marzo non ha esagerato) basta autoflagellazioni. Chi ama Renzi questo vuol sentire: «Smettiamola di rassegnarci, voglio darvi la carica!». «Bravo!», urla la platea. Ricominciare dalle primarie? Tentazione.
Intanto, però, in attesa di un congresso da celebrare chissà quando, gli show alimentano l’adrenalina e la voglia di tenere salda la residua comunità degli estimatori. Primo appuntamento dei suoi in quel di Salsomaggiore, tra pochi giorni. La classica riunione di corrente, ma guai a definirla tale con lui. L’uomo non sta fermo, usa il suo talento: «Ho sempre voluto fare il Pippo Baudo fin da piccolo», scherza con il pubblico. One man show.
«Franco, la diapositiva con il governo...». Ecco Barbara Lezzi, ministro del Sud. Fa due giri di palco: «È quella che ha detto che il Pil cresce dove c’è caldo». Si ferma, aspetta la risata. E poi ritmo, via con altro, con i frammenti della sua opera prima televisiva su Firenze targata Mediaset. Città della bellezza nel Paese della bellezza, che non si merita «questa banda di scappati di casa, cialtroni, bugiardi». Platea deliziata dalla nettezza degli argomenti, pane al pane.
Guardateli, dice: il ministro dei Trasporti Toninelli-Toninulla, il sottosegretario Sibilia, quello che non crede allo sbarco sulla Luna, il guatemalteco Di Battista quello che voleva trattare con l’Isis. No, non mi rassegno a lasciare l’Italia a loro». Liscia il pelo dei militanti. Tecnica collaudata. Nel 2012 girava con il camper, sulla fiancata la scritta in blu «Adesso!». Cento province per sfidare Bersani. Invocava «il cambio di facce»: «Cari D’Alema, Veltroni, Bindi, Marini, avete fatto molto per il Paese, adesso anche basta». Colonna sonora, i Righeira, «L’estate sta finendo».
Rottamato dagli elettori, non si arrende. Fiuta «calore», spazi non coperti, e si rimette in marcia. Selfie con i volontari, speech al forum no profit di Algebris (Davide Serra). Ieri messaggio «agli amici di E-News»: «È stato bello tornare a incrociare i nostri sguardi, il vostro affetto mi ha sinceramente sorpreso».

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