sabato 2 agosto 2025

Impercettibili differenze



Lievissime differenze: il bus in Alto Adige differisce impercettibilmente da quelli nostrani: anzitutto la destinazione è scritta prima in tedesco e poi in italiano; la voce della signorina che annuncia la fermata, nipote di Frau Beucher, parla tedesco, la traduzione in italiana è affidata ad una voce maschile, probabilmente uno schiavo addetto al pascolo delle mucche; quando il bus si ferma si apre solo la porta dedicata alla salita, per far aprire quella centrale occorre, oltre a pigiare il tasto, anche a recitare a memoria la formazione della nazionale tedesca del 1968; si narra che nel 2005 uno sventurato pescatore amalfitano, in vacanza a Brunico, salì sul bus dalla porta dedicata alla discesa: oltre alle inevitabili scudisciate, di lui si persero le tracce, alcuni dicono che fu inviato segretamente in Baviera a coltivare luppoli, altri preferiscono non rilasciare dichiarazioni. Al momento della salita, devi passare il pass, se sei in hotel è gratis, davanti all’apparecchio posto a fianco dell’autista, dotato di uno sguardo glaciale simile al T1000 di Terminator, che, scrutandoti con uno scanner incardinato nella pupilla, comprende le tue origini italiche, per cui, oltre alla rigidità ferrea tipica del luogo, s’innesca pure un moto dí impercettibile disprezzo, lo stesso che il Genio Villaggio tradusse in “voi italiani, pizza, spaghetti e mandolino!” 
Se per sfortuna o poca dimestichezza non riesci a passare il cell con il pass, nessun problema, il T1000 al volante aspetta, paziente, rigido, impassibile. Narrano le cronache che nel 2014 uno sventurato di Chioggia rimase sette ore davanti all’autista, tra l’indifferenza generale, prima di avere il via libera a sedersi. Durante il viaggio il silenzio è glaciale, ricordante le chiamate per il lasciapassare di epoche lontane…

Ma che razza di str!



Ci fosse una classifica degli stronzi , Galeazzo Bignami ne sarebbe estromesso per eclatante supremazia. Questo idiota dal cognome che porta a riassumere in un termine la sua vergognosa esistenza politica, stronzo appunto, si è permesso di denunciare Francesca Albanese, relatrice ONU che ha detto solo la Verità sul genocidio che stanno compiendo gli assassini sionisti, accusandola di comportamento antisemita. Detto da uno stronzo che si mascherò, tra il serio e il faceto, da nazista agevola i sani di mente, misterioso termine per Galeazzo, a turpiloquiare nei suoi confronti, trovando facilmente rime baciate dal suo nome: Galeazzo, Galeazzo, ma quanto sei incommensurabilmente testa di ….!

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Quarantacinque anni fa l’Italia fu scossa nelle sue fondamenta da un attacco fascista al cuore delle istituzioni. Fascista fu la progettazione dell’ecatombe, fascisti furono tutti coloro che successivamente cercarono di depistare le indagini. Interi apparati dello Stato interagirono in un mefitico mercimonio diretto e coadiuvato da quel gran bastardo di Licio Gelli, al tempo adulato da chicchessia, chiesa e politica compresi. Alcuni carnefici oggi sono già liberi, altri per fortuna marciscono ancora in galera. Sdolcinate dichiarazioni si sono via via snocciolate nel corso degli anni, senza arrivare al nocciolo del problema: fu una strage fascista con la collusione di apparati dello Stato. Ammetterlo renderebbe memoria e rispetto agli 85 martiri.

L’Amaca


Dichiarare guerra alla Svizzera
di Michele Serra 

"Dichiarare guerra alla Svizzera” era una delle fissazioni parodistiche di Cuore e dei suoi lettori. Ora lo ha fatto, per davvero, Donald Trump, che dicono molto irritato perché le banche svizzere hanno spostato buona parte dei loro interessi verso il mercato asiatico, con conseguenze sgradevoli sul debito pubblico americano. E dunque, assecondando la sua sfrenata pulsione punitiva, ha imposto alla Svizzera un dazio altissimo, 39 per cento, simile a quello inflitto a Paesi produttori di jeans e elettronica a basso costo.

Pare che le autorità svizzere non siano contente, e non a causa delle difficoltà che gli orologi a cucù incontreranno sul mercato americano. È una rottura abbastanza trasparente del quieto vivere molto gradito alla finanza mondialista, una turbolenza grave: se i ricchi litigano tra loro — ci si domanda nei peggiori bar del pianeta — almeno qualche briciola cadrà nel nostro piatto?

Il problema, evidente anche ai non economisti e ai non analisti di politica internazionale, è che il sovranismo, lo dice la parola stessa, non ha la concordia tra i popoli tra i suoi obiettivi, optando, semmai, per una lotta suprematista senza tregua, nel continuo desiderio di stabilire chi è il più forte, il più ricco, il più armato, eccetera. Non c’è dubbio che il precedente ordine mondiale non fosse favorevole ai poveri; ma nemmeno si può dubitare del fatto che se i ricchi litigano tra loro, nemmeno mezzo vantaggio potrà confortare il resto dell’umanità. I danni collaterali, possiamo scommetterci, saranno tutti a carico del cosiddetto popolo, che paga il suo dazio da tempo immemorabile, ben prima di Trump.

Eccome se è vero!



Fa fine e non impegna

di Marco Travaglio 

Oggi trovate col Fatto il rapporto di Francesca Albanese, relatrice dell’Onu sui territori palestinesi occupati: una delle rare personalità al mondo che alle parole fa seguire i fatti e ne paga le conseguenze. Abbiamo deciso di pubblicarlo pensando a un bambino di Gaza condannato a vivere nell’ultimo girone dell’Inferno, ad arrostire in fila per ore sotto il sole cocente per strappare, se è fortunato, una ciotola d’acqua sporca e un piatto di brodaglia mista a sassi e sabbia (i famosi “aiuti”), a zigzagare fra le bombe dei droni e le raffiche di mitra dell’Idf e/o della Ghf. Cosa penserebbe se, come pena accessoria, gli toccasse pure vedere i nostri tg o leggere i nostri giornali? Dopo il primo anno di silenzi, quando i morti han superato quota 50 mila è partita in Europa la gara a scaricarsi la coscienza, a costo e a rischio zero. Giornalisti e intellettuali hanno iniziato a usare parole sempre più estreme: pulizia etnica, anzi apartheid, anzi genocidio, anzi tutt’e tre le cose, tié; Netanyahu assassino, anzi macellaio, anzi nazista, anzi tutt’e tre le cose, così impara. Per il bambino di Gaza e per il governo Netanyahu non cambia un bel nulla, ma vuoi mettere come si sente fico chi si riempie la bocca di tutti quei bei paroloni? Gli mettono pure un sacco di like sui social.
Anche i politici hanno escogitato una trovata che fa fine e non impegna: annunciare o invocare il riconoscimento dello Stato di Palestina, che non è nato quando lo riconoscevano 147 Paesi e continuerà a non nascere quando e se lo riconosceranno pure Francia, Germania, Uk, Canada e altri trafelati neofiti. Però vuoi mettere quanto sembrano coraggiosi Macron, Merz, Starmer e gli altri paraculi? Senza quella magnifica dichiarazione d’intenti, dovrebbero fare qualcosa di concreto per salvare i palestinesi superstiti, costringere Netanyahu a fermarsi e creare le condizioni perché lo Stato palestinese possa un giorno nascere davvero. O almeno spiegare perché non fanno nulla: 18 pacchetti di sanzioni alla Russia e zero a Israele, che diversamente dalla Russia è nostro alleato e non ha le risorse naturali, industriali e diplomatiche di Mosca per resistere a embarghi economici e militari. Invece ora, se qualcuno osa fare domande, possono rispondere: “Ma io ho detto che riconoscerò lo Stato palestinese, che volete da me?”. Intanto Netanyahu & C. continuano a massacrare i palestinesi di Gaza al ritmo di cento al giorno, a inzeppare la Cisgiordania di colonie illegali e a frenare il calo di consensi in Israele perché gli alleati parlano, tuonano, strepitano, ma non fanno una mazza. Però ora il nostro bambino, mentre fa lo slalom fra le bombe e le raffiche di mitra, sa che qui è pieno di gente che riconosce il “genocidio” e lo “Stato palestinese”. E può morire tranquillo.

venerdì 1 agosto 2025

Eh purtroppo



“È che abbiamo comprato grilletti Durex ultrasensibili!”

Zzzzzzz

 

Modalità opossum
DI MARCO TRAVAGLIO
Il via libera di Conte a Matteo Ricci nelle Marche è forse obbligato, ma rischioso. Dalle carte finora rese pubbliche – l’invito a comparire come indagato per corruzione – si evince che la vecchia giunta Ricci a Pesaro affidò senza gara appalti ed eventi a due associazioni create ad hoc da amici del suo braccio destro che poi lo “ringraziarono” con 100 mila euro. Ma non emergono elementi che dimostrino la sua consapevolezza o complicità nello scambio. E nessuno sa se i pm che lo accusano di concorso in corruzione quegli elementi li posseggano e li tengano nel polsino o no. Giusto prendere tempo per leggere le carte disponibili e attendere gli interrogatori: se i Ricci-boys avessero accusato l’ex sindaco che li scarica di essere connivente con loro, non solo il M5S avrebbe dovuto mollarlo, ma forse persino il Pd avrebbe estratto la testa dalla sabbia. E scelto una linea un po’ meno indecente del “Ricci si dice estraneo, quindi è estraneo” (oste, è buono il vino?). Ma i Ricci-boys hanno fatto scena muta. E nessuno può sapere quando parleranno e cosa diranno: confermeranno la sua difesa insaputista (“Non so nulla perché non mi occupavo di appalti”) o la smentiranno, magari sollecitati da qualche asso uscito dalla manica dei pm? Nel primo caso, Ricci ha la strada spianata, elettori permettendo. Nel secondo, la partita chiusa ieri si riaprirà con la richiesta di rinvio a giudizio quando non ci sarà più nulla da fare: se sarà prima delle elezioni, i 5Stelle inviteranno a non votare Ricci; se sarà dopo, usciranno dalla giunta (come in Puglia da quella di Emiliano, neppure indagato), oppure il Pd si ricorderà di avere un Codice etico che impone le dimissioni ai rinviati a giudizio per corruzione.
Quindi Conte sostiene Ricci come la corda sostiene l’impiccato: appoggio condizionato e a tempo. Il che rende ancor più assurde le decisioni del Pd di candidarlo e, con l’aggravarsi dello scandalo, di confermarlo: Ricci, eurodeputato da appena un anno, tale doveva restare per onorare il mandato degli elettori fino al 2028. Ora invece, se sarà eletto presidente delle Marche, passerà mesi o anni appeso agli umori dei suoi ex fedelissimi. Queste sono le ragioni, non penali ma politiche, che avrebbero dovuto indurre il Pd, a conoscenza del caso fin dall’inizio, a scegliere un altro. Invece Schlein&C. si sono finti morti in modalità opossum. Come a Milano, dove mesi di inchieste giornalistiche e poi l’avviso a Sala e le richieste d’arresto per il resto del Sistema Milano non sono bastati per affrontare una questione morale (non penale) grande come un grattacielo. Così ieri gli arresti sono arrivati. Ma l’opossum, dopo essersi finto morto per sfuggire ai predatori, si rimette in piedi. Nel Pd ancora tutto tace: più che tanatòsi, è rigor mortis.

L'Amaca

 

Chi manda avanti il mondo
di MICHELE SERRA
Come capita a molti, mi sono fatto male (caduta in scooter) e sono finito in ambulanza al pronto soccorso.
Milano, ospedale Fatebenefratelli. E come capita a molti, anche se non a tutti, sono stato prima soccorso, poi visitato, medicato, radiografato, suturato, disinfettato, incerottato come una mummia, infine dimesso perché non avevo niente di rotto.
I pronto soccorso non sono luoghi facili.
C’è il dolore e lo spavento, c’è quello che urla, quella che piange, quello che non vuole aspettare, ci sono il sangue, il pallore, lo sgomento, l’attesa e la paura. Ci si sente più indifesi, più guardinghi, più irascibili. In questo mare procelloso, mi è sembrato che soccorritori e barellieri, infermieri e medici, fossero forti e tranquilli, e non so se sarei capace di altrettanto. Ho avuto la fortuna (il caso a volte parla molto chiaro) di essere accolto e assistito da una specie di pool di sole donne, con l’eccezione dell’infermiere siciliano — di Licata — che mi ha portato in radiologia. Attorno alla mia barella insanguinata c’erano tre giovani dottoresse e una giovanissima infermiera che, se il mondo funzionasse per il verso giusto, dovrebbe essere nominata primario entro una settimana.
Ho pensato che il mondo funziona, incredibilmente, e a dispetto delle sue spaventose tare, per merito delle persone.
Che sono le persone, una per una, a impedire che prevalga il caos. Il mondo sembra disfarsi fino a che qualcuno, in fin dei conti non per obbligo ma per senso del dovere, provvede a rammendarlo. Voglio ringraziare le innominate donne in camice che mi hanno soccorso, sopportato e curato. Le ho sentite mie simili, e mi è sembrato che anche loro mi trattassero come un loro simile. Per il servizio sanitario nazionale: hip hip hurrà! E guai a chi non lo premia, non lo aiuta, non lo porta in palmo di mano.