La pubblicità vale 1.000 Mld. Nello stagno italiano vince “l’anomalia B.”
A GOOGLE, META, TIKTOK, ALIBABA E AMAZON NEL 2024 OLTRE 500 MLD DI RICAVI - Un mercato piccolo, in cui la tv ha un peso sconosciuto nel resto dell’Ue: la maggior parte va in tasca a Mediaset
di Marco Palomni
Oltre mille miliardi di dollari, metà del Pil italiano. È il valore del mercato pubblicitario globale nel 2024 secondo gli ultimi dati di GroupM, la media agency del leader mondiale del settore per fatturato, la londinese Wwp: grazie a una crescita di quasi il 10% quest’anno si sfonderà per la prima volta il muro del trilione di dollari e l’anno prossimo quello dei 1.100 miliardi (+7,7%). Un mercato in rivoluzione, in cui pure sopravvive ottimamente l’anomalia italiana, un bizzarro animale che ha un nome, anzi un cognome. Berlusconi.
Prima di arrivare al nostro piccolo stagno, partiamo dalla situazione mondiale, come si faceva una volta nelle riunioni politiche. Quel mercato da mille miliardi di pubblicità finisce per oltre la metà alle prime 5 società di pubblicità digitale, Google, Meta (ex Facebook), ByteDance (Tiktok), Amazon e Alibaba: il “digital pure play” rappresenta infatti il 72,9% dei ricavi pubblicitari globali (in crescita) e quei cinque squali se lo prendono quasi tutto. In soldi si sono messi in tasca oltre 500 miliardi solo quest’anno, “la maggior parte direttamente da inserzionisti di piccole e medie dimensioni attraverso le loro piattaforme pubblicitarie o da grandi inserzionisti che acquistano direttamente”. Bell’esempio di disintermediazione.
Se seguire i soldi è un buon consiglio investigativo, allora seguendo i soldi del mercato pubblicitario si troveranno indizi sulla morte, forse naturale forse no, del mondo com’era: irrilevante e in contrazione la stampa (digitale compreso), residuale il cinema, benino l’audio, specie grazie allo streaming, mentre la vecchia tv – ivi compresa quella su internet – è una specie di riserva indiana assediata dai cowboy. Vale ancora un cospicuo 15% abbondante del mercato, ma in rapido calo visto che cresce meno del resto del settore: +2,5% l’anno fino al 2009 (comprese le varie forme di tv online) contro il 6,4% medio.
La tv è ovviamente il cuore dell’anomalia italiana, che però merita qualche parola generale. Intanto la dimensione del mercato: 11,7 miliardi nel 2024 (+5,7%). Sembrano molti soldi, ma sono pochi: l’Italia vale l’1% del settore avendo il 2,1% del Pil globale. La cosa sarà più chiara attraverso qualche paragone: l’Australia ha metà della nostra popolazione e un Pil assai più basso, eppure i suoi ricavi da spot valgono 17 miliardi; il Canada ha quasi lo stesso Pil dell’Italia e molti meno abitanti, ma la pubblicità vale 21,2 miliardi di dollari, cifra che sale a 30 miliardi in Francia e a 37 in Germania. In questo stagno la tv, tanto lineare che “advanced”, pesa ancora in modo sconosciuto al resto del mondo: per restare all’Europa, la televisione – dati 2023 di Iab Europe, la Confindustria europea del settore – vale il 10% del mercato pubblicitario in Gran Bretagna, il 15% in Germania, il 19 in Francia, il 22 in Spagna e il 35% in Italia.
Quest’anno, e torniamo ai dati GroupM, a differenza che nel resto del mondo sarà uno dei traini del mercato in Italia: +9,9%, che rimane un lusinghiero +7,4% depurando il dato dalla advanced tv (streaming o piattaforme che siano). Sale anche il “digital pure play”, che per la prima volta in Italia supera la metà del mercato: 51% contro il quasi 73% globale (Google, Meta, Amazon e TikTok incassano più di 85 euro ogni 100 spesi in questo segmento). Riassumendo, mercato piccolo e con un peso innaturale della tv, all’interno del quale ha un peso innaturale Mediaset: all’attuale Mfe (Media for Europe), che realizza quasi tutti i suoi ricavi in Italia e Spagna grazie alla pubblicità, ogni anno finiscono il 55% abbondante degli investimenti totali in spot televisivi nonostante la sua audience si aggiri attorno al 35%. Di fatto l’azienda della famiglia Berlusconi assorbe da sola tutto il surplus determinato dai tetti pubblicitari della Rai (che infatti lotta strenuamente per mantenere). Il 2024 non farà differenza: se confermasse l’ottimo andamento dei primi nove mesi dell’anno, il bilancio Mediaset si chiuderebbe con introiti pubblicitari in Italia per quasi 2,2 miliardi di euro, cioè il 55% dei 4 miliardi del mercato totale stimato da GroupM a fronte del 36% di share. Un bel risultato, anche se non va dimenticato che nel 2010 Mediaset di miliardi ne incassava 3 e prima anche 4…
L’anomalia è stata favorita dai legami con la politica negli anni Ottanta, s’è cristallizzata grazie all’intervento diretto in politica di Silvio Berlusconi e ora si perpetua nella politica della fidejussione, essendo gli eredi Berlusconi gli effettivi proprietari – attraverso 100 milioni di garanzie sui debiti – di Forza Italia, società guidata dal prestanome Antonio Tajani.
Quell’anomalia ha tenuto in piedi l’azienda, pur rimpicciolita, ma non finora ha creato un grande player europeo che possa sopravvivere in un mercato profondamente cambiato. Il pubblico della tv generalista invecchia ogni minuto che passa e in generale il settore si fa sempre più competitivo: le piattaforme (Netflix, Prime…) e i grandi produttori divenuti broadcaster (Disney, Warner…) contendono al Biscione il pubblico più giovane e quello più affluente. Mediaset oggi non ha la stazza per realizzare produzioni da vendere all’estero, preferisce non partecipare ad aste per gli eventi tv (il bagno della Champions su Premium le è bastato) e le sue produzioni di punta sono i reality show (i cui format non sono di sua proprietà) e Maria De Filippi (che parimenti non è proprietà dell’azienda, né è replicabile).
L’anomalia italiana ha regalato tempo ai Berlusconi e i profitti cresciuti negli ultimi tre anni grazie a quell’anomalia gli regalano la possibilità di mettere le mani sulla malmessa società tedesca Prosiebensat (depurandola dalle attività non core tipo l’e-commerce e i social): a questo fine Mediaset ha ottenuto dalle banche un finanziamento da 3,4 miliardi da usare “nel 2025 inoltrato”, cioè dopo le elezioni tedesche. Che quest’aggiunta basti però a portare nel futuro un’anomalia del passato non è comunque sicuro.
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