David Gilmour, il rito misterico di un 78enne che suona la chitarra in modo soprannaturale
LIVE - Fino al 3 in concerto al Circo Massimo
DI STEFANO MANNUCCI
Mettete una Stratocaster o una Martin nelle mani dei cento migliori strumentisti. Ascolterete funamboli, virtuosi, esploratori. Nessuno di loro ha tra le dita l’eloquenza lirica, trascendente di David Gilmour. Il Circo Massimo 2024 ospita il rito misterico di un anziano signore che persiste nella sua investigazione spirituale: la voce, che si spezza arrampicandosi dove non può più (ma non è mai stato un cantante in senso stretto, malgrado il pastoso timbro) è l’elemento umano, la chitarra quello soprannaturale. L’Eternità incombe attorno a David: tra Aventino e Palatino rintoccò la prima division bell di Roma; e c’è il Dio Giano, che da un altro colle vedeva passato e futuro. Gilmour domina nel “suo” teatro all’aperto da 15 mila spettatori (c’era stato nel 2016) per la prima mondiale del tour, una residency di sei date, poi tappe multiple alla Royal Albert Hall, l’Hollywood Bowl di LA, il Madison Square Garden. A passeggio nei Millenni, elusivo e meditabondo – così lontano dalla grandeur del detestato Waters – come il Virgilio delle Bucoliche dispensa poesia per incantarci con fiumi infiniti, prati divinizzati, il sole e le stelle che ci sorpassano nella nostra vita brevis. Campane risuonano, nel fondo dell’anima.
Dal live di Gilmour promana una filosofica, stoica saggezza: il filo narrativo è la tirannia del Tempo. Lo si capisce dalla scaletta: tra i classici pesca le sezioni di Dark Side of the Moon (Breathe, Time) che segnano le età dell’esistenza, con una versione di The Great Gig in the Sky spogliata di ogni elemento sensuale, definitivamente oltremondana con quattro donne – un coro – attorno a un piano ornato di candele, quasi una commemorazione, un rito unplugged, il passaggio verso non sai dove. E se in quell’intermezzo acustico il brano successivo è A boat lies waiting, dedicato allo scomparso sodale Richard Wright, diventa chiaro che il concerto sia l’elegiaca celebrazione dell’Invisibile, lo stesso congresso di spettri di Wish you Were Here. Gilmour è lì con le sue Parche; nel catalogo Pink Floyd cerca se stesso, la propria firma: Fat Old Sun (da Atom Heart Mother) è il raggio di luce in cui passa la consapevolezza; i tasselli di The Division Bell (la commovente performance per Marooned, la struggente High Hopes; Coming Back To Life, A Great Day For Freedom) risuonano con maggiore eloquenza di trent’anni fa, del Gilmour che sanciva il dominio pieno della band post-Waters; e così la vecchia Sorrow, scritta in solitudine nella casa galleggiante. Ma se il bis di Comfortably Numb, con l’inarrivabile assolo, è per il rock ciò che è l’ultimo Canto del Paradiso per Dante, sarebbe ingeneroso tacere che i brani del nuovo Luck and Strange si inseriscono perfettamente in questa indagine di un uomo alle prese con l’angoscia delle stagioni che gli restano. Il momento più sublime è l’entrata della figlia Romany con la sua arpa, per eseguire e cantare soavemente Between two points. La ragazza ha 22 anni, la stessa età di David quando si unì ai Pink Floyd. La risposta a tutto è lì, nello sguardo del padre.
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