La politica in polvere
DI MICHELE SERRA
Sul clima intollerante ed episodicamente poliziesco che si fa largo, una cosa molto giusta la dice Zerocalcare, intervistato a Torino da Fabio Tonacci: “La povertà di conflitto genera società barbariche e chiuse dove ogni espressione di critica diventa qualcosa da reprimere con la galera”. Ovvero: ci siamo progressivamente disabituati al conflitto sociale e politico organizzato (così come alla politica organizzata nel suo insieme) ed è come se si fossero perdute le regole di ingaggio, e con esse il senso delle proporzioni. Le autorità di governo strillano alla censura per la rabbiosa contestazione di una quindicina di ragazzi contro una ministra: che avrebbero detto di fronte alle fiumane di studenti e operai che nel secolo scorso, per anni, hanno invaso piazze e strade urlando slogan non propriamente amichevoli? Avrebbero schierato l’esercito?
Sarebbe intervenuta l’aviazione?
Il conflitto politico si è come polverizzato, ed è finito sui social dove ci si odia individualmente o per piccole tribù o per branchi aizzati da capetti ringhiosi. Un odio-nebbia che non assume mai i connotati nitidi, pubblici, del grande conflitto sociale o ideale. È la morte dei movimenti di massa e la sua sostituzione con una caricatura da cameretta.
Questa vera e propria privatizzazione dei conflitti – tutti contro tutti e ognuno per sé - non solo non compensa in altra forma il ruolo della politica, ma la svuota. E nelle stanze del potere (quello politico e quello economico), ormai abituati a battersi contro nessuno, si resta di stucco al primo segno di antagonismo o di forte opposizione. Il ritorno della politica alla politica - dunque alle idee in conflitto tra loro, ai modelli sociali non conformi, alle differenze che cambiano la scena - non è in vista.
Ogni strillo, invece di essere assorbito in una vicenda più ampia, risuona nel silenzio, e pare uno scandalo essendo solamente uno strillo.
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