Quanto è vecchia la nuova politica
DI MICHELE SERRA
Il curriculum del neoinquisito siciliano Luca Sammartino (Udc, Pd, Lega, in successione) è politicamente illeggibile. Destra, sinistra, centro diventano vaghe approssimazioni che non consentono di inquadrare né la persona né la sua storia. Un po’ come certi influencer, che sono famosi perché sono famosi, certi politici fanno politica perché fanno politica: non è rintracciabile una mezza idea del mondo che aiuti a definirli, se non la loro capacità di stringere mani e promettere protezione.
Non è solo colpa loro. È anche colpa della politica, e nello specifico dei partiti, che hanno una così bassa considerazione di se stessi da non richiedere, all’ingresso, alcuna garanzia: come un club che apre le porte a chiunque, basta che paghi. Basta che porti voti, i famosi “pacchetti di voti” che soprattutto al Sud capi e capetti sbandierano come la mercanzia della quale fare commercio, “venghino signori”.
Dai tempi dell’ideologia, coi suoi rituali inamidati e le sue professioni di fede, a questa sbracatura che non conosce altra forma se non il comparaggio, la politica non ha certo guadagnato prestigio. E soprattutto non ha ceduto il passo a qualcosa di più dinamico e “nuovo” che la rimpiazzasse; semmai ha restituito la società italiana, quella meridionale ma non solo, a vecchie regole di vassallaggio personale e sottomissione interessata. Qualcosa di così decrepito che precede, e di molto, l’epoca dei partiti politici come luoghi delle ideologie. C’è qualcosa di pre-moderno, nel trasformismo e nel traffico dei voti. La società liquida che si riaccorpa stancamente in piccoli clan, e i movimenti di massa rimpiazzati dai capannelli che patteggiano davanti a un caffè.
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