Due veri mafiosi
di Marco Travaglio
L’errore di Michele Emiliano non è stato raccontare (per l’ennesima volta) un episodio di vita vissuta col giovane Antonio Decaro nella Bari Vecchia degli anni 2007-2008. È stato non prevedere che, col caso Bari su tutti i giornali, il suo racconto sarebbe finito in pasto a chi quella storia (sua e della città) non la conosce e può persino credere alle panzane di politici e giornali di destra. L’attuale presidente della Regione è stato il pm che più di tutti, prima da Brindisi poi da Bari, ha ripulito la Puglia dalla Sacra Corona Unita ottenendo arresti, condanne e confische per centinaia di mafiosi. Nel 2003 prosegue l’opera da sindaco: il Comune inizia a costituirsi parte civile nei processi di mafia, confisca i beni alle famiglie e avvia protocolli e progetti di legalità e antimafia sociale (“Il magistrato trova i vasi già rotti, il sindaco cerca di evitare che si rompano”). Il Far West di Bari Vecchia, la Scippolandia dove si spara ad altezza uomo, cambia volto. Nel 2004, con assessore al Traffico il novellino Decaro, Emiliano la svuota dalle auto, scatenando la rivolta dei residenti, famiglie mafiose in testa. Il clima è rovente: il Sindaco Sceriffo e l’assessore, contestati e minacciati, girano per i quartieri, riuniscono i comitati, spiegano che la musica cambia per il bene di tutti.
In quelle assemblee infuocate e nei tour per le piazze dove si vive e si mangia per strada e si rincasa nei “sottani” solo per dormire, Decaro è un pesce fuor d’acqua, mentre l’ex pm conosce a uno a uno i parenti dei boss che ha fatto arrestare e condannare. “Dove prima si sparava nascosti dietro le auto, ora mettiamo le fioriere e i vostri figli possono giocare senza rischi”, è il suo refrain. E alle mogli e madri dei detenuti (per mano sua) o dei caduti nelle faide aggiunge: “Volete che i vostri ragazzi finiscano in galera o al cimitero come i vostri mariti e i vostri figli?”. È in questi giri nei vicoli più inquinati che Michele lo Sbirro, privato della scorta appena lasciata la toga, copre con le sue spalle larghe quelle gracili di Decaro e fa quel discorsetto alla sorella di Antonio Capriati (lei incensurata, lui ergastolano per omicidio), come ad altri parenti “eccellenti” che presidiano il territorio con aria bullesca di sfida: qui l’aria è cambiata, rassegnatevi; se avete qualcosa da dire all’assessore, fatelo col rispetto che portate a me. L’ex pm se lo ricorda perché sa con chi parlava e l’ha fatto infinite volte. Decaro no, perché non ha in testa l’albero genealogico dei clan. Tant’è che ieri è uscito un suo selfie del 2022 con due donne imparentate con i Capriati alla festa di San Nicola davanti alla loro boutique. E lui ha dovuto chiedere al parroco chi fossero (non lo sapevano neppure i carabinieri). Peccato non avere in casa un esperto del settore, tipo Dell’Utri o Mangano.
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