DI MICHELE SERRA
Fa sorridere lo “scandalo” del dirigente Rai che partecipa da militante alla festa di partito Atreju e parla da quello che è (un militante di partito), rendendo esplicito ciò che tutti sanno: la Rai è stata occupata per lungo e per largo da meloniani e salviniani (due sfumature di nero) con una protervia che con il termine “lottizzazione”, democristiano e dunque ipocrita, ha ben poco da spartire. La lottizzazione è il passato, l’occupazione il presente, e fanno pena i velami formali, i codici aziendali, i rimbrotti a cose fatte e a giochi chiusi.
La Rai non è più, di fatto, un’azienda pubblica — se non per l’assetto istituzionale e gli introiti — è un’azienda governativa, e la differenza è così macroscopica che non c’è nessun bisogno di spiegarla. Chi dice che “è sempre stato così” mente sapendo di mentire. Non è MAI stato così. Non in questa misura. Non con questa faccia tosta, che autorizza il tizio di turno (in teoria e in pratica un dipendente pubblico) a fare lo sbandieratore di Giorgia Meloni senza nemmeno il dubbio che sarebbe conveniente non essere così espliciti, se si ricopre un ruolo almeno formalmente “pubblico”, ovvero di tutti.
Questi qui sono de coccio, come si dice a Roma. Impermeabili a qualunque dubbio, o scrupolo, o esitazione. Sicuri di incarnare una missione (ribaltare la Repubblica, dunque cancellare non solamente la sinistra, anche l’antifascismo dal quale la Repubblica è nata) e forti di un assoluto disprezzo per “gli altri”. Gli altri, in quanto disprezzati, dovrebbero teoricamente unirsi, e compattare le opposizioni. Ne avete per caso notizia?
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