Pulizia linguistica
di Marco Travaglio
Chi sproloquia di pulizia etnica, genocidio, olocausto, shoah, nazismo, apartheid, guerra di civiltà dovrebbe farci la grazia di un po’ di pulizia linguistica, cioè mentale. Magari leggendo qualche libro. Usare le parole giuste per descrivere ciò che accade non sminuisce di un grammo le responsabilità: aiuta solo a capire il problema. C’è ben poco di etnico nella guerra israelo-palestinese: Hamas uccide a sangue freddo gli ebrei israeliani non in quanto ebrei, ma in quanto israeliani; Israele bombarda gli abitanti di Gaza non perché sono palestinesi (lo sono anche 2 milioni di cittadini ed elettori di Israele), ma perché Gaza è la roccaforte di Hamas. L’Olocausto-Shoah è un unicum storico: nessuna strage, per quanto ampia ed efferata, può esservi accostata (con buona pace di Netanyahu che, dopo averlo foraggiato, paragona Hamas al nazismo). Il genocidio è lo sterminio pianificato di un intero popolo: gli ebrei e gli zingari nei lager nazisti, gli armeni e pochi altri nella storia. Idem per l’apartheid: chiunque abbia visto o studiato come viveva la maggioranza nera in Sudafrica sa che non c’è paragone con Israele, la Cisgiordania e persino l’inferno di Gaza.
La guerra di civiltà fra Occidente buono e resto del mondo cattivo, fra democrazie e dittature, oltre a portare sfiga, è un’altra scemenza: sia per la guerra russo-ucraina sia per quella israelo-palestinese. Putin non ha invaso l’Ucraina perché è democratica (fra l’altro non lo è), ma perché stava entrando nella Nato e, dopo otto anni di guerra civile, minacciava il suo tutoraggio sui russofoni di Donbass e Crimea. Non regge neppure l’equazione “fronte pro Ucraina e anti Russia=fronte pro Israele e anti Hamas”: la Russia ha buoni rapporti con Israele (che non arma Kiev), mentre Usa e Nato hanno ottime relazioni col Qatar e i regni sauditi che armano e ospitano Hamas. E Israele ha appena rimbalzato l’imbucato Zelensky che, sparito dai radar, cercava una passerella a Tel Aviv. Hamas non ha massacrato 1400 israeliani il 7 ottobre perché Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente. Ma perché vuole rappresentare la maggioranza dei palestinesi ostili all’occupazione delle loro terre. Nel 2006 Hamas aveva persino accettato, almeno a parole, le regole democratiche e rinunciato alla lotta armata per partecipare alle prime (e uniche) elezioni dell’Autorità nazionale palestinese, accogliendo l’invito del presidente Abu Mazen e del Quartetto Onu-Ue-Usa-Russia. Poi le aveva vinte, era andato al governo e Usa&Ue avevano iniziato a boicottare l’Anp. Da allora i palestinesi, pro o anti Hamas, hanno capito cos’è la democrazia per noi “buoni”: una finzione che evapora se vince chi non vogliamo noi.
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