domenica 9 aprile 2023

Cazzaro obbediente

 

È il ministero di Webuild: Salini detta e Salvini scrive
IL COSTRUTTORE DI SISTEMA - Il leghista e l’ex Impregilo. Ponte&C. Matteo fa volare in Borsa il colosso col progetto del 2010; poi lo accontenta sul dl siccità. Nei grandi appalti pubblici è quasi monopolista
DI CARLO DI FOGGIA
Non c’è nulla di più sicuro nella vita pubblica italiana dell’inchino agli interessi privati del costruttore Pietro Salini. L’ultimo ha anche una data d’inizio: 21 ottobre 2022. Matteo Salvini, appena indicato al ministero delle Infrastrutture, esordisce così: “Il Ponte sullo Stretto di Messina è tra i miei obiettivi ed è negli interessi di tutti gli italiani”. Quel giorno l’azione di Webuild, l’ex Salini Impregilo, valeva in Borsa 1,30 euro, dieci giorni prima aveva toccato quota 1,18 euro, il minimo da oltre due anni, punto più basso di un calo inarrestabile dai massimi dell’agosto 2021, quando Webuild aveva assorbito la fallita Astaldi. Da allora le azioni del colosso delle costruzioni hanno ingranato la quinta: +57% in Borsa, record in Europa.
Matteo Salvini ha superato il maestro Renzi, che da premier elogiava il costruttore appena poteva. Da ministro si è fiondato già tre volte a inaugurare cantieri al fianco del boss di Webuild: il Terzo Valico, l’Av Taormina-Fiumefreddo; la nuova metro di Milano. Molto di più ha fatto però al ministero. Il primo regalo è arrivato col Ponte. Il 16 marzo, quando si è presentato a sorpresa nel Cdm col decreto che fa rinascere il progetto del 2010, il titolo Webuild ha chiuso a +12%, il giorno dopo ha aggiunto un altro +8%. Salini festeggia e si capisce il perché. A maggio era stata fissata la sentenza d’appello della causa promossa dal consorzio Eurolink, capeggiato da Webuild, vincitore della gara nel 2005: chiede 700 milioni allo Stato per lo stop imposto nel 2012 dal governo Monti. Salini in primo grado, nel 2018, ha perso e confidava talmente poco nelle sue ragioni che a bilancio quei soldi li dava per persi. Poi la svolta. Mentre ai cronisti gli uomini di Webuild spergiuravano di non aver alcun interesse nella partita, il 14 febbraio ha scritto al ministero di essere pronto a rinunciare al contenzioso (che lo vede perdente) in cambio della garanzia di poter costruire il Ponte. Alcuni mesi prima, Webuild aveva rispolverato un vecchio documento inviato al Mit in cui dettava i passaggi legislativi. Salvini lo ha accontentato. Il 17 marzo, mentre il titolo schizzava in Borsa, il costruttore non tratteneva l’euforia: “In un Paese in declino, il ponte può essere un’opera iconica capace di fare da volano all’Italia nel mondo”.
Salini detta e Salvini esegue? La conferma è arrivata nei giorni scorsi col “decreto siccità”, altro parto del ministro. Il testo velocizza l’iter degli impianti di desalinizzazione, su cui il governo vuole puntare per alleviare la crisi idrica nonostante le criticità che li hanno sempre frenati (sono energivori e producono scorie). La leader del settore è, manco a dirlo, Fisia Italimpianti, controllata di Webuild che nell’estate del 2022 ha lanciato la campagna “Water is life” per promuoverli. Il decreto elimina la valutazione d’impatto ambientale per gli impianti più piccoli e i paletti voluti dal governo Draghi che imponevano di optare per la desalinizzazione solo dopo un’analisi costi-benefici (il testo, peraltro, rende più facile scaricare le scorie a mare): esattamente quanto chiesto da Salini a febbraio.
Che il patron di Webuild sia il costruttore più amato dalla politica è cosa nota. A giugno 2020 Luigi Di Maio gli aprì le porte dei 5Stelle ricevendolo alla Farnesina (“è una persona eccezionale”). Negli ultimi anni, però, lo strapotere è diventato sistemico. Webuild è stata la principale beneficiaria del Far West noto come “modello Genova”, cioè gli appalti affidati senza gara: proprio a Genova il governo Conte-1 le ha affidato la ricostruzione del Ponte Morandi e l’anno scorso s’è assicurata la diga foranea, progetto tra i più grossi del Pnrr (1 miliardo), dopo una procedura negoziata con un iter controverso (commissione defenestrata in corso d’opera, zero trasparenza, etc) e relativo mega contenzioso. Incassato il contratto e 253 milioni d’anticipo, ha subito chiesto e ottenuto una modifica per riempire la struttura d’appoggio con materiali che il ministero considerava a rischio.
Il punto è che oggi Webuild è il sistema degli appalti pubblici. Nata nel 2019, quando la Cdp pubblica ha salvato Salini-Impregilo insieme a Intesa, Unicredit e Banco Bpm. è la risposta di sistema alla crisi nera dei colossi del settore (Astaldi, Cmc, Condotte). Trent’anni fa tramontò il sistema spartitorio dell’Italstat e dei consorzi pubblico-privati, oggi – dopo la crisi del settore – resta solo il colosso, con lo Stato azionista, che fa incetta di appalti dello Stato: 106 Ionica, alta velocità in Sicilia, Napoli-Bari, Torino-Lione, Quadrilatero, Brennero, Terzo Valico e via costruendo. Salini si vanta di puntare all’estero, ma presidia l’Italia: vale il 30% dei ricavi (quota che nel 2019 comprendeva tutta Europa) e il 55% del portafoglio ordini (3,8 miliardi solo nel 2022). Prima del Covid (e che le banche gli consegnassero Astaldi) aveva cantieri attivi per 7 miliardi, oggi per 17. È l’unica in grado di avere le qualifiche per i mega progetti, dove spesso si presenta da sola. Se si ferma Webuild, si ferma il Pnrr. Salvini lo sa e ha messo il ministero al suo servizio, più di quanto non lo fosse già.

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