Salvini e la costosissima barzelletta del ponte
DI ALBERTO ZIPARO *
Gli annunci reiterati di Matteo Salvini sul Ponte sullo Stretto di Messina – una vera campagna mediatica – non vanno presi per novità di rilievo politico e programmatico. Il neo ministro delle Infrastrutture ha intensificato frequenza e quantità di annunci, anche perché aumenta la quota di inadempienze e incapacità che l’agitare della figurina del Ponte deve coprire. Se all’inizio era solo l’ignoranza e il vuoto di conoscenza e azione rispetto ai problemi e alle necessità del Sud, specie di Calabria e Sicilia, da occultare, ora si sono aggiunte due autentiche catastrofi sociali per i territori meridionali: la cancellazione del Reddito di cittadinanza e l’avanzata dell’Autonomia differenziata. E questo a non dire delle liti di governo.
Ci sono però alcuni punti da chiarire per spiegare la grande balla del Ponte. Innanzitutto non c’è un atto ufficiale: il verbale del Cdm in cui si è trattato l’argomento chiarisce che l’approvazione del decreto è stata “salvo intese”. Tradotto: questa potrà potrà essere definita una volta che i problemi legali, normativi, economici, tecnici e programmatici della questione siano stati affrontati e risolti, forse tra altri cinquant’anni.
Fonti informali di governo specificano la natura di tali problemi. Il mancato decreto risultava “privo di fondamenti” normativi e legali, prima che tecnici e programmatici. L’elenco delle bizzarrie giuridiche è lungo: “Resuscitare” la società concessionaria del progetto e dei lavori del Ponte, già liquidata; ripristinare i diritti di affidamento dei lavori al Contraente generale (che intanto non esiste più, essendo cambiate natura giuridica e caratteristiche dell’impresa capofila, che prima era Impregilo e adesso è Webuild); riattivare la procedura ex Legge Obiettivo (cosa possibile per la procedure già in corso al momento dell’abrogazione della stessa legge, ma non in questo caso, in quanto la caducazione di tutti i contratti di appalto e la cancellazione ufficiale del progetto ha chiuso anche la continuità di procedura ex Legge Obiettivo e cancellato la fonte normativa dell’operazione). Oggi riaffidare i lavori alla società in cui è parzialmente presente la società ex capofila del general contractor significherebbe affidare un contratto d’appalto di una decina di miliardi a trattativa privata, in barba a tutte le norme nazionali e comunitarie. Come irregolarità e illegalità non c’è male.
La cosa incredibile è che non sono solo e non tanto questi i problemi del Ponte. Gli attuali fan del progetto omettono infatti un passaggio fondamentale, che fu decisivo nel 2013 per la sua cancellazione ufficiale: lo stesso coordinatore tecnico-scientifico del progetto, professor Remo Calzona, aveva ammesso che, a fronte delle numerosissime edizioni di un progetto infinito, la sua versione esecutiva, quella cruciale per dimostrare la reale fattibilità dell’opera, non era mai stata redatta perché avrebbe provato l’esatto contrario della fattibilità, ovvero che il Ponte non si può fare. Non è che sia difficile, problematico, complicato, arduo o pieno di incognite: è semplicemente impossibile. Il progetto è giudicato “allo stato non realizzabile” dalla massima autorità tecnica competente, non da un gruppuscolo di ostinati luddisti, sia nell’ultima versione con campata unica di 3,3 chilometri, sia nella versione con i piloni nello Stretto, bocciata anni prima proprio dai luminari coinvolti all’uopo dalla società e dal ministero, che avevano stabilito l’impossibilità di poggiare il manufatto su pile “nel mare” proprio per le condizioni sismo-tettoniche e meteo-climatiche dello Stretto.
Stessa sorte è toccata alle altre ipotesi progettuali. Il perché di tutto ciò è semplice: a oggi non esistono ancora materiali che assicurino le prestazioni tecnologiche necessarie per costruirlo. Questo problema insormontabile non è mai menzionato dai politici e dai decisori pubblici locali e nazionali che continuano a perseverare sulla favola del Ponte sullo Stretto. La stessa stupefacente insistenza rappresenta un’autodenuncia della sua ignoranza e incapacità. Pur di annunciare “i cantieri tra un paio di anni” è costretta a ignorare il problema capitale della non costruibilità, per non parlare delle gravissime criticità territoriali, ambientali, economiche, sociali, trasportistiche emerse in decenni di studi sul progetto.
Il Ponte è un annuncio perenne, immagine paravento di mancanze e insipienze della politica istituzionale rispetto alle regioni coinvolte e in generale al Mezzogiorno. Più di questo, è stato una formidabile fonte di sprechi e sparizione di risorse pubbliche (oltre mezzo miliardo di euro in cinquant’anni): sarebbe bene smetterla davvero con questa costosissima barzelletta diventata una piaga sociale.
* Ingegnere ed Urbanista Università di Firenze
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