Nordio Belushi
di Marco Travaglio
Carlo Nordio pensa che raccogliamo firme (quasi 150 mila ormai) per farlo dimettere perché ce l’abbiamo con lui. Nulla di più sbagliato: noi siamo solidali con lui e vorremmo liberarlo di un peso che neppure il suo proverbiale stomaco moquettato è in grado di digerire. Quando B. cancellava i suoi reati dal Codice penale, si dimezzava la prescrizione, tentava di trasferire i suoi giudici e i suoi processi, aboliva l’appello del pm perché un pm aveva appellato una sua assoluzione, non si faceva scrupoli di inventare pietose scuse né si nascondeva dietro i sacri valori, il garantismo, la privacy, la presunzione d’innocenza, l’eredità di Cesare Beccaria (che tendeva a confondere con Cesare Previti): diceva che i magistrati sono matti, un cancro da estirpare, peggio delle Br; rivendicava il diritto di evadere alla festa della Guardia di Finanza; rievocava i tempi in cui andava per assessori “con l’assegno in bocca”; chiedeva di oscurare La Piovra perché danneggia l’Italia; si presentava in tribunale sotto la scritta “La legge è uguale per tutti” per dirsi “più uguale degli altri perché ho preso i voti”. Se Nordio si fosse candidato con FI, che poi è proprio il suo habitat naturale, potrebbe dirlo papale papale: “Signori, mi han fatto ministro per distruggere definitivamente la Giustizia e impedire che corrotti, corruttori, truffatori, peculatori, frodatori, evasori, abusatori d’ufficio, trafficanti d’influenze, truccatori di appalti, mafiosi col colletto bianco siano intercettati, scoperti, processati, condannati, arrestati ed espulsi dalla vita pubblica. Quindi non rompetemi le palle: è una vita che sogno di vendicarmi dei colleghi che, diversamente da me, ce l’hanno fatta”.
Invece non può, perché s’è incomprensibilmente candidato con FdI (che incomprensibilmente l’ha candidato e fatto ministro): un partito che dice (e sottolineo dice) di battersi contro mafia e corruzione, per la legalità e financo per la certezza della pena. Quindi è lì che si arrabatta da mane a sera per escogitare scuse tipo Blues Brothers (“Ero senza benzina, avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per il taxi, la tintoria non mi aveva portato il tight, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, e le cavallette!”). La più esilarante è che lui attacca le intercettazioni per evitare abusi mediatici: come se il ministro della Salute attaccasse il bisturi perché si può usarlo per sgozzare qualcuno. In ogni caso ieri il Garante della Privacy ha seppellito il suo alibi: dal 2020, dopo le riforme Orlando e Bonafede, gli abusi mediatici – già risibili prima – sono scesi a zero. E ora gli tocca inventarsene un’altra. Ma è vita, questa? Dia retta, torni a casetta. Alla sua età, il free climbing sugli specchi può essere letale.
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