sabato 17 dicembre 2022

L'Amaca

 

Poca acqua passò sotto i ponti...
DI MICHELE SERRA
Sono abbastanza vecchio da ricordare la prima “questione morale”, diciamo quella originaria.
Berlinguer che disse a Scalfari: oggi i partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Era il luglio del 1981.
Dieci anni dopo, la tempesta imperfetta di Tangentopoli tentò di dare soluzione giudiziaria alla questione morale. Non possiamo dire, con il senno di poi, che abbia funzionato. Evidentemente la giustizia, che ha inevitabile vocazione chirurgica, non basta a curare un male che è anche nei modelli sociali, nelle aspirazioni delle persone, nei meccanismi del potere.
Oggi lo scandalo all’Europarlamento, perfino nella forma - le banconote a mucchi - fa resuscitare, nel discorso politico, la parola “moralità”, uscita dal baule nel quale gli allegri Ottanta l’avevano cacciata, e poi i Novanta di Berlusconi definitivamente sepolta.
Berlinguer, che con la “questione morale” aveva rincarato la dose della sua precedente, indigeribile parola d’ordine, “austerità”, è stato congedato dalla storia nazionale come un moralista sconfitto, un signore perbene ma di indole quaresimale (si era espresso anche contro la televisione a colori…).
Fossimo capaci di ripensare a quel passaggio storico non per dare delle ragioni e dei torti, ma per trarne qualche insegnamento, forse oggi potremmo fare qualcosa di meglio che litigare tra manettari e garantisti. Per esempio, potremmo capire che “moralità” e “moralismo” non sono la stessa cosa. La differenza non è impossibile da capire.
Dire “non si ruba” non è moralista, è morale. Dire “tutti in galera!” non è morale, è moralista.

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