giovedì 1 dicembre 2022

L'Amaca

 

Al di sopra delle parti
di Michele Serra
La politica è spesso oscura, ma a volte offre brevi scorci di chiarezza, grazie ai quali fisionomie e intenzioni dei singoli protagonisti diventano nitide. Il governo, facendo il mestiere della destra, che non è mai stato rappresentare gli interessi dei lavoratori dipendenti, ha bocciato il salario minimo garantito. A questa decisione del governo si sono opposti tre gruppi parlamentari: Pd, Cinquestelle e Verdi-Sinistra Italiana.
Considerato il valore dirimente (simbolico e pratico) del salario minimo, questa è dunque, nei fatti, l’opposizione della diciannovesima legislatura. A ognuno il diritto di non apprezzarne la composizione, a tutti il dovere di sapere che così stanno le cose.
L’astensione del Terzo Polo discende, probabilmente, dalla presunzione di “terzietà” (appunto) di Calenda, che è legittima, beninteso, ma traccia una distanza molto netta dall’opposizione. C’è un sovrappiù di intelligenza, in Calenda, che gli impedisce la banalità del “no”. Il suo recente incontro con Meloni è, dal suo punto di vista, un notevole successo, perché solleva lui e il suo partito dalla necessità di schierarsi su questioni (come il salario minimo) che fanno la differenza. Il Terzo Polo non si colloca di qua o di là: si colloca al di sopra.
Noi che siamo al di sotto non possiamo che prenderne atto. Per noi certi “no” hanno un significato importante (anche certi “sì’”, beninteso). Si sappia, in ogni modo, che al salario minimo il governo preferisce “attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l’obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione”. Poi dicono che la sinistra parla difficile.

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