venerdì 14 ottobre 2022

L'Amaca

 

La bambina e il presidente
DI MICHELE SERRA
È toccato a una signora carica di anni e di memoria, tra i pochi sopravvissuti ai campi di sterminio, bambina italiana deportata in Germania in virtù delle leggi razziali promulgate dal governo fascista, proclamare l’elezione a seconda carica dello Stato di uno dei leader storici del neofascismo. Ditemi se non è stata una scena incredibile...
Qualcuno avrà pensato: è la prova definitiva del cinismo, dell’ignoranza, della nullaggine del nostro Paese, nel quale la sola cosa che conta è la pancia piena, e di tutto il resto chi se ne frega. Qualcun altro avrà pensato: è una pagina storica, di pacificazione e di saggezza, è l’uscita dal Novecento con venti e rotti anni di ritardo.
Difficile che la verità stia esattamente nel mezzo. Anche perché è un “mezzo” indefinibile, enorme, troppo grande e irreparabile è la distanza, in casi come questo, tra i due sguardi: lo sguardo Segre e lo sguardo La Russa. Tendo a collocare la verità, dunque, un poco più vicina alla prima ipotesi (un Paese cinico e senza memoria). Ma dentro di me mi auguro, direi disperatamente, che la seconda ipotesi (l’uscita dal Novecento) abbia la sua energia, la sua forza, perfino una sua moralità.
Scopriremo nei prossimi mesi quanto “nuova” sia l’ascesa al potere di ciò che ci è apparso, per tutta la vita, tragicamente vecchio. Vecchio per definizione. Ci dicono che dobbiamo fare il tifo per l’Italia, e va bene. Lo faremo. Ma un gesto di vera penitenza (nel senso cristiano del termine) della tribù dei La Russa di fronte alla tribù dei Segre, sterminata con l’aiuto determinante di Mussolini e dei “difensori della razza” come Giorgio Almirante, nonché per l’ignavia di quella mezza cartuccia del re Savoia, ci aiuterebbe a vivere più decentemente i prossimi cinque anni.

Nessun commento:

Posta un commento