venerdì 14 ottobre 2022

Eccola!

 

La Russa e i soliti sospetti, indovina chi lo ha votato
DI DANIELA RANIERI
Non si capisce perché ogni qual volta in Parlamento accade qualcosa di losco, di turpe, di indegno o riprovevole ancorché anonimo tutti pensano che il responsabile sia Renzi. Così ieri quando si è capito che Ignazio La Russa era stato eletto presidente del Senato con 116 voti di cui 17 provenienti dall’opposizione – giacché i senatori di Forza Italia, a questo punto unico baluardo antifascista nel Paese, non hanno nemmeno risposto alla “chiama” – tutti, immancabilmente, hanno pensato che 9 di quei voti fossero di Renzi e dei renzian-calendiani. Renzi pure l’ha pensato, tanto da sentire il bisogno di alzare le mani e di discolparsi in aula: “Non siamo stati noi!”, per dire quanto è radicato questo pregiudizio. Ma quando mai Renzi non è stato di parola o ha agito in modo sleale, facendo un favore alla parte avversa per interesse o per il puro piacere di fare un dispetto al centro-sinistra?
Cerchiamo garanzie nelle varie dichiarazioni. Luigi Marattin (Iv) dice a Sappino e Panella di La7: “Non siamo stati noi, ma nessuno ci crederà”, ben detto, “tanto è sempre colpa di Renzi”, vero, “se dico sì o no, lei mi crede?” (poteva fare un grafico per farci capire meglio). Poi dice due cose che ci fanno dubitare: “La politica ha delle regole non scritte”, e “agli ascoltatori non interessa La Russa, interessano le bollette”. Sono due piccole crepe nell’integerrima reputazione del capo del suo non-partito, sebbene non si veda perché Renzi, che si è sempre ispirato a Giorgio La Pira, avrebbe dovuto votare uno che in casa custodisce memorabilia del ventennio e busti di Mussolini e se interrogato rivendica: “Io non sono antifascista”.
Intanto Fabio Rampelli, ex Fronte della Gioventù, dice a Sky: “Abbiamo avuto più voti di quanti ci aspettavamo, è una crisi d’abbondanza, si è votata una carica istituzionale che sarà di garanzia per maggioranza e opposizione”. Soprattutto per l’opposizione, si maligna sui social: cosa avrà chiesto in cambio Renzi? Si sarà comprato qualche presidenza di Commissione? Ci rifiutiamo di crederlo: laddove non bastasse la sua preclara onestà, un liberale come Calenda, quello dell’opposizione “dura” e “seria”, non avrebbe mai dato la presidenza del Senato a uno che si dice “lusingato” quando gli si dà del fascista e fece il saluto romano in Parlamento. Qualcuno trova la pistola fumante: un video in cui Calenda, che nei giorni precedenti aveva fatto tutta un serie di pilloline su Instagram per illustrare la storia del Senato (in cui entra per la prima volta) dai tempi di “Sciscerone” e “Cadilina”, declama: “Allora si eleggeva il Princeps senatus, noi oggi votiamo La Russa, pensiamo come stiamo messi”. Era una battuta, ma giù accuse: Azione e Iv si sono vendute il voto in cambio di una vicepresidenza? (Giorni addietro si erano impuntati perché pur essendo Sesto Partito continuano a chiamarsi Terzo Polo e in quanto tali pretendevano la presidenza di una Camera). I renziani sui social intanto mettono a dura prova la nostra fiducia nel loro idolo: “Si chiama politica, vi piaccia o no”, twitta Velardi, ex spin doctor di D’Alema, poi renziano di sfondamento; “Grande Matteo!”, rivendicano i fan delle azioni più ciniche e ributtanti nella storia della Repubblica (dai 101 contro Prodi alle sfiducie tattiche), tutte chissà perché attribuite a Renzi. Intanto si arrabbia Enrico Letta: “Irresponsabile… Il voto di oggi al Senato certifica tristemente che una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza”: a “occhi di tigre” non si può nascondere niente. Ma il dubbio più atroce ce lo instilla proprio Renzi: “Oggi noi in Senato abbiamo votato scheda bianca”, twitta, frase che studiosi e decrittatori della lingua renziana ci spiegano voler dire: “Noi non abbiamo votato scheda bianca”. “L’elezione di La Russa nasce da un regolamento di conti interno alla destra e prima ancora dalla folle strategia delle alleanze del Pd e di Letta”, la quale seconda frase confuta la prima, suonando come una lezione, uno sgambetto da bulli, un “pappappero”, la sua specialità. “Sono uno che se fa una cosa del genere la rivendica”, dice ai cronisti per strada, impegnandoci a scoprire semmai perché stavolta non la rivendichi.
In realtà gongolano tutti. La Russa, raccolto il “Sono stato messo sotto dalla Ronzulli, vaffanculo!” di Berlusconi, promette di cambiare la Costituzione (Renzi si è già detto a disposizione) e onora i caduti di tutte le guerre in nome della pacificazione (tra fascisti e non fascisti) già auspicata da Luciano Violante, infatti ringraziato. Il nemico pubblico è Conte, mica i (prefisso a piacere)-fascisti: il male è il Reddito di cittadinanza, il pericolo sono le manifestazioni per la pace, il saluto romano ben venga.
(Come è andata secondo noi: Calenda non l’ha votato, Renzi e i renziani, comprese le cellule dormienti nel Pd, sì).

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