sabato 3 settembre 2022

Sicuri che sia fuori di testa?

 

Russia, Angola, Libia: come mai nessun candidato ne parla?
DI ALESSANDRO ORSINI
La campagna elettorale dovrebbe includere un numero maggiore di argomenti per due ragioni principali. La prima è che, in una democrazia, gli elettori dovrebbero conoscere approfonditamente le idee di chi sarà chiamato a governarli per ridurre la quota di potere arbitrario che le élite di governo esercitano sul popolo. Ecco perché appaiono poco democratici quei leader che promettono di riportare Draghi alla presidenza del Consiglio in caso di vittoria alle prossime elezioni. Draghi non sta partecipando alla campagna elettorale. Le sue ricette sono note, ma non intende sottoporle né al voto popolare, né al dibattito democratico. Draghi ha tutto il diritto di aspirare nuovamente alla presidenza del Consiglio, ma dovrebbe candidarsi e rispondere alle domande dei giornalisti dando conto del suo operato fino a oggi. Ad esempio, aveva assicurato che gli ucraini, uccidendo tanti soldati russi anche grazie alle armi dell’Italia, avrebbero costretto Putin a chiedere la pace, ma questa promessa è andata incontro a un fallimento totale. Draghi dovrebbe presentarsi in televisione e rispondere a domande come questa: “Mi scusi, caro presidente del Consiglio, che cosa ha da dire sul fatto che la sua politica per raggiungere la pace in Ucraina è completamente fallita?”. Sarebbe corretto, da parte di Draghi, annunciare di non essere disponibile a fare il presidente del Consiglio nella prossima legislatura, altrimenti molti cittadini potrebbero pensare che aspiri a tornare alla guida del governo aggirando le regole basilari della democrazia con una manovra di palazzo. Desta una certa impressione pensare che milioni di italiani si recheranno al voto sapendo che alcuni partiti intendono insediare alla presidenza del Consiglio un uomo che ha rifiutato di competere con gli altri candidati. Dà l’idea di una democrazia incompiuta o quantomeno anomala.
La seconda ragione, per cui la campagna elettorale dovrebbe includere un numero maggiore di argomenti, riguarda il “test di qualità” che ogni cittadino dovrebbe condurre sugli aspiranti al potere pubblico. Il fatto di parlare dei soliti tre argomenti è un affare per i politici che appaiono in televisione. Parlando cento volte al giorno della “flat tax”, i candidati danno l’impressione di essere preparatissimi. Chi non sembrerebbe preparato trattando lo stesso argomento su tutti i canali per tre mesi?
Il dibattito potrebbe essere ampliato includendo la crisi in Libia, dove tutto sta peggiorando. Stiamo cercando di dire che l’Italia dovrebbe evitare di trovarsi schiacciata tra la guerra in Ucraina e quella in Libia. L’Italia, intesa come sistema Paese, uscirebbe esangue da una morsa di quel tipo. Che cosa sanno della Libia i principali capi di partito? Sono informati delle complesse dinamiche geopolitiche da cui è afflitto quel Paese martoriato? Quali ricette hanno in mente per evitare una nuova guerra civile che, con ogni probabilità, si internazionalizzerebbe velocemente mettendo a rischio la nostra sicurezza nazionale? Sanno ciò che la Russia sta facendo in Libia e la sua ambizione di ricavarsi un porto davanti alla Sicilia?
Un altro argomento riguarda i rapporti con Angola, Mozambico e Algeria. Il governo Draghi ha deciso di aumentare la dipendenza energetica da questi tre Paesi per liberarsi del gas russo. Ma che cosa sanno i nostri candidati degli Stati succitati? E se uno dei tre fosse scosso da un’agitazione politica, i nostri leader politici si troverebbero impreparati com’è accaduto con il Donbass, di cui non si erano mai occupati? Ovviamente il “test di qualità” diventa inutile se il prossimo presidente del Consiglio sarà un uomo che non ha mai risposto a nessuna domanda. Anzi, a dirla tutta, sarebbe inutile l’intera campagna elettorale.

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