venerdì 16 settembre 2022

Il cugino travagliato

 

Me l’ha detto mio cugino
di Marco Travaglio
Per farsi un’idea del rigore scientifico con cui l’Amministrazione Biden compila i dossier sui fondi russi a politici occidentali da sparare nel ventilatore della campagna elettorale italiana, basta leggere a pag. 4 l’intervista di Josh Rudolph, ex consigliere di Obama, Trump e Biden, al nostro Stefano Vergine: un frittomisto (per giunta vecchio di due anni) di fatti stranoti lontano dall’Italia, illazioni senza riscontri, voci di corridoio senza uno straccio di documenti, soldi promessi e mai versati nella hall dell’hotel Metropol (da tre faccendieri russi, privi di incarichi nel regime putiniano, al leghista Savoini), deliri mai accertati di tal “El Pollo” su 3,5 milioni a Casaleggio sr. da Maduro (che è venezuelano, non russo). Il tutto basato su “fonti aperte”: giornali e siti, forse anche confidenze della zia e del cugino. “Fuori i nomi”, urlano tutti. Giusto: ma se anche uscissero prima del voto, cosa potremmo farcene? Un dossier dei servizi Usa, fra l’altro assemblato in quel modo, non è una sentenza giudiziaria. E varrebbe qualcosa solo se contenesse documenti inoppugnabili (contabili, bancari, bonifici, foto o intercettazioni di scambi di denaro) che lo rendessero quantomeno plausibile. Sennò resterebbe una scandalosa interferenza estera targata Usa, non Russia. Incredibilmente Draghi, che ne ha parlato con Blinken, non zittisce il suo garrulo ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che usa la Farnesina per farsi campagna elettorale e i dossier a rate degli amici yankee per attaccare i politici colpevoli di avere più voti di lui (cioè tutti). Per non parlare dell’altra figura di garanzia che dice, insinua e contraddice un giorno sì e l’altro pure: l’incontinente del Copasir Adolfo Urso in tournée a Washington.
Mentre tutti montano la panna su ciò che non si sa, nessuno ricorda ciò che già si sa. Dal 20021 al 2022, non contento delle consulenze e conferenze pagate dal principe-criminale saudita Bin Salman, Matteo Renzi è stato membro del Cda di Delimobil, colosso russo del car sharing con sede in Lussemburgo fondato dall’italiano Vincenzo Trani in società con la banca statale moscovita Vtb: perché nessuno gli domanda quanto prendeva del milione di euro annuo destinato all’intero Cda? Fra il 2010 e il 2016 Repubblica ha ospitato l’inserto mensile di propaganda putiniana Russia Today, ovviamente a pagamento: perché il quotidiano Gedi, così inflessibile sui soldi di Mosca, non ci dice quanti soldi incassò da Mosca, posto che sei anni fa Russia Today ruppe il contratto e offrì lo stesso servizio al Sole 24 Ore per 1,5 milioni di euro l’anno? Già, perché il giallo potrebbe finire come La maledizione dello scorpione di giada: Woody Allen che indaga sui furti di gioielli commessi da lui.

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