domenica 31 luglio 2022

Secondo Veronica


La tragedia folle di un cretino e quella pietà che manca ai vili
DI VERONICA TOMASSINI
Alika, sei morto sotto i colpi della tua stessa stampella. Non c’è più tempo, signori, per dire: fregatene. Fottitene. Non ti curar di loro. No fermati, invece. Guarda. Piazzati davanti, perché Alika, il mendicante nigeriano, il segno di contraddizione evangelica, il povero che di traverso molesta la nostra coscienza, nel frattempo è morto.
Il piagato e il rettile, il lebbroso biblico caduto sotto i colpi di un parvenu, di un impiegato della mediocrità, del cretino informato dalle fake, scoglionato e istruito dal giornalismo beotizzante, i talk miserandi, gli anchorman delle seconde serate; dalle costanti erezioni social a cui deve una certa gratificazione, un probabile leone da tastiera con un cosino piccolo così.
Non cercate ragioni metafisiche. A un cretino. È un cretino. Un cretino uccide sudando, ruttando, avvolto nel suo stesso nauseabondo meteorismo.
Il mendicante ucciso dal borghesuccio incafonito, molto consapevole di un Sé grosso quanto una palestra di dopati, un po’ tronista dentro. Il discepolo delle Isole e dei Grandi fratelli, di ogni metafora escrementizia che merita il nostro Paese, dei buoni e dei cattivi, degli sputi via etere, della fantasmagorica circense classe dirigente, del tizio ex ministro avvoltolato nell’esergo da crisi di governo, er nanerottolo, ed è già una notizia Ansa.
Per tutto ciò muore il nostro prezioso Alika, farfugliante la compassione, in un passeggio di vacanzieri. Non ti curar di loro. Perdonaci, Alika. Avrete modo di incontrarvi tutti quelli che abbiamo tradito nel vile adagio del “guarda e passa”. Noi funzionavamo nel jingle acclarato: “non ti curar di loro”.
Mentre ogni bassezza si compiva, dentro l’irascibile flatulenza del cosiddetto soggetto che non avremmo detto mai, giuro.

Eccetto che era semplicemente un cretino. 

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