giovedì 14 luglio 2022

Lettera aperta


Caro sindaco Italia, Siracusa non è sua (né del duo D&G)

di Veronica Tomassini 

Caro Francesco Italia, mi permetto di scriverle questa lettera che indirizzo parimenti a Domenico Dolce e Stefano Gabbana, per conoscenza e perché ritengo che sia opportuno distribuire alcune – discutibili – responsabilità. C’è qualcosa che proprio non mi torna nella vicenda sfavillante che attiene alla sfilata di alta moda, in piazza Duomo, a Siracusa, città che lei amministra da molti anni. Mi interessa capire con quale editto, decreto, norma, lei abbia affidato un sito, patrimonio dell’umanità, inserito tra i 58 tesori dell’Unesco, tutelati in Italia, a un duo di imprenditori, per un uso privato; dunque un bene collettivo, del mondo, dell’universo intero insomma, lei in definitiva lo cede o affitta per un fatto di élite, personalistico, in fondo una specie di festicciola per il cosiddetto jet set, lustrini, paillettes, tutto molto esclusivo ed eccitante, secretato a quanto pare, blindato. Un po’ come dire, io che posso – amico – affitto il Partenone per un aperitivo, le piramidi d’Egitto per un diciottesimo; la Torre di Pisa per un happy hour. Io che posso, amico. Giusto?
Un tempo eravamo così ortodossi che per molto meno chiamavamo in causa la Sovrintendenza. Rogne. Ortodossia: chiamare passato quel che oggi potremmo liquidare come vecchiume. Perché no? In fondo sono solo pietre, ok, inserite nella World Heritage List. Ma sono pietre. Giusto. Così l’impalcatura elefantiaca si incola testè, posticcia, una gradinata che neanche in piazza di Spagna avrebbe sortito un effetto tale da coup de théâtre. Gradinata e passerella in legno estesa per decine e decine di metri fino al nobile palazzo arcivescovile, settecentesco, con rivoli di barocco e neoclassicismo, una splendida coorte e residui di volte a crociera. Ogni beltà servirà alla beltà. Del jet set, del bel mondo, della esclusività inibita tout court al resto della città. Città che lei si è preso, signor sindaco, e ha ceduto, senza chiedere, senza addurre un qualche ragionamento di opportunità o ancor meglio di riguardo nei confronti di chi questa città la vive e con le proprie tasse contribuisce semplicemente affinché questa esista. Per lei è cosa sua. Ma piazza Duomo, la Cattedrale, la città, non è cosa sua, né di Dolce e Gabbana, mi par di capire, piuttosto, come si sa, essa sia del mondo. Uno dei 58 siti italiani salvaguardati dall’Unesco, come si diceva sopra, per l’esattezza. A ogni modo, chiudiamo un occhio sulla procedura, a Siracusa c’è chi ha esultato per un ritorno di immagine. Ma sul serio. Che bello. Ancora stiamo aspettando il riscatto del party al Teatro Comunale che sempre lei, signor Sindaco, ha dato in uso ai medesimi imprenditori, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, inibendolo ovviamente alla città. Si parlava di qualcosa come 30 mila euro, la cifra pattuita per il “nolo”, alla stregua di un abito di gala per le grand soir. Dress code e cosiddetta location secolare, teatro comunale datato 1897. Una di quelle incompiute mangiasoldi, sa. Ma con Dolce e Gabbana perlomeno lo abbiamo aperto, era chiuso per manutenzione dal 1962. Accidenti e che manutenzione!
Bene in questo ritorno di immagine coeva, di adesso, lei ha preso i siracusani per la collottola e li ha sbattuti fuori. Eh sì. Perché non ci ha concesso nemmeno di assistere, come si dice, da veri cornuti (mi perdoni il figurativo), intontiti e schiacciati sulle transenne. No, niente. Nemmeno quello. Una bellezza tutta vostra. Ci mancherebbe. Il rione è povero, sono disoccupati, miserabili, che razza di figura avremmo fatto a renderli un tantino partecipi. La bellezza è di chi la merita. Certo. Quale bellezza?

Nessun commento:

Posta un commento