martedì 21 dicembre 2021

Di cosa stiamo parlando?

 

Per capire di cosa stiamo parlando
Oslo, a cena con Omicron 150 contagiati da un positivo
Gli invitati alla festa erano tutti testati e vaccinati. Uno era tornato dal Sudafrica
di Elena Dusi
I 117 invitati sono arrivati sui pullman alle sei di sera. Hanno ballato, cenato e ordinato cocktail al bar fino alle dieci e mezza. Poi sono tornati a casa, felici per la prima festa di Natale dall’inizio della pandemia, organizzata dalla loro azienda. Il ristorante di Oslo, con una sala di 150 metri quadri, a quel punto ha aperto le porte a un secondo turno di clienti. Un’ottima serata, quel 26 novembre scorso, per pubblico e gestori.
Nonostante in Norvegia non fosse richiesto, per scelta degli organizzatori tutti i partecipanti avevano fatto un auto-test, un tampone rapido, prima di cena. I vaccinati con due dosi erano 107, il 96% dei presenti. Nessuno aveva avuto la terza. E Omicron non era ancora famosa. Proprio quella sera l’Organizzazione mondiale della sanità l’aveva dichiarata “variante preoccupante”. Ma la sua presenza era stata rilevata in Sudafrica e in Botswana: visti da Oslo, l’altra parte del mondo.
E Omicron invece si era già invitata alla festa. Uno dei partecipanti alla cena era tornato dal Sudafrica due giorni prima. Aveva voglia di stare con gli altri e il suo tampone era negativo (o almeno così aveva dichiarato). Ha portato la nuova variante a ballare, e lei si è data da fare. Girando vorticosamente, ha infettato 81 persone fra gli invitati alla cena aziendale: il 74%, tre su quattro.
Due positivi sono non vaccinati e uno solo è asintomatico: dato strano per un gruppo di giovani (39 anni di media) e segno che chi è rimasto senza sintomi è sfuggito al tracciamento. Fra i clienti entrati in sala per il secondo turno, tra le 10 e 30 e le 3 di notte, altri 70 sono rimasti contagiati, 53 con la variante Omicron. Non è chiaro quanti fossero i presenti nel locale quella sera. Non tutti gli ospiti della serata sono stati individuati perché i tracciatori di Oslo sono stati travolti dall’enorme focolaio.
Il viaggiatore proveniente dal Sudafrica ha accusato i sintomi due giorni dopo la festa. La maggior parte degli invitati – 37 persone – ha cominciato invece a sentirsi male esattamente 3 giorni dopo. «Un tempo di incubazione di 3 giorni è rapidissimo », secondo Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di epidemiologia, ex direttrice del Centro nazionale di sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità. Il virus di Wuhan aveva circa 5 giorni di media, scesi a 4,2 con Delta. «Questo dava più tempo a chi effettuava i tamponi e ai tracciatori che dovevano ricostruire le catene di contagio», spiega Salmaso. In 3 giorni il tempo per inseguire e bloccare il virus non c’è. «In Italia già oggi abbiamo problemi con tamponi e tracciamento, e siamo alle prese solo con Delta». Un caso di Delta è stato trovato anche a Oslo. Segno che di positivi, quella serata, ai tamponi ne sono sfuggiti almeno due.
«Anche in Danimarca – aggiunge Salmaso – molti contagi di Omicron provengono da grandi focolai». Segno che la nuova variante ama le feste e ha un “tasso di attacco”, cioè una percentuale di persone contagiate da un singolo infetto, estremamente alto. «Ma può darsi anche – per Salmaso – che solo nei grandi focolai il tracciamento riesca a funzionare, con virus così veloci. In Italia, dove siamo già in difficoltà oggi, non abbiamo neanche un quadro chiaro della presenza di Omicron».
A Oslo, nonostante la doppia dose di un vaccino a Rna (quasi tutti da meno di tre mesi) e l’età giovane, 71 contagiati hanno avuto ben tre sintomi, soprattutto tosse, seguita da raffreddore e febbre. Nessuno, al momento, è stato ricoverato, e questo non smentisce l’impressione che Omicron non dia sintomi più seri di Delta. Ma gli esperti del Norwegian Institute of Public Health, del Comune di Oslo e dell’ospedale universitario aggiungono due conclusioni allo studio pubblicato su Eurosurveillance.
La prima è la conferma che «ambienti chiusi, tempi lunghi di esposizione al virus, affollamento e necessità di parlare a voce alta» favoriscono il contagio. La seconda riguarda il Green Pass: «Anche se fosse stato previsto, probabilmente non avrebbe impedito il focolaio, visto che la stragrande maggioranza aveva sia doppia dose di vaccino che test negativo », anche se fai da te.

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