Il centrosinistra d’Arabia
di Michele Serra
Il destino ha voluto che Matteo Renzi fosse a Riad, laddove la parola omosessuale è semplicemente impronunciabile, mentre sul suo manipolo di senatori si addensavano i sospetti di avere affossato la legge Zan. Ovviamente ognuno è libero di promuovere o bocciare una legge, il Parlamento esiste proprio per questo. Ma se davvero l’esultanza da stadio della destra italiana è dipesa anche dalla posizione, diciamo così non entusiasta, di Italia Viva sulla legge Zan, siamo liberi anche noi, semplici elettori, di trarne le dovute conseguenze.
Il Rinascimento arabo del quale Renzi parla a gettone non contempla, tra le sue opzioni, né i pari diritti delle donne né quelli (per carità!) delle minoranze sessuali. Si disse, ai tempi, che Renzi aveva qualche pecca, come leader del Pd, in termini di diritti del lavoro, ma qualche merito nel campo dei diritti della persona: la legge Cirinnà testimonia a suo favore. Ora la gran prudenza nell’arginare l’omofobia e la transfobia (questo, non altro, con qualche limite formale ma una sostanziale chiarezza, cercava di fare la legge Zan) lascia pensare che Matteo d’Arabia sia stato la più clamorosa svista di tutti i tempi nella storia della sinistra italiana.
Lo attende un radioso futuro — è giovane, ci ha il fisico — dentro quel grande incontro di wrestling che è la nascita del Nuovo Centro, già irto di partitini e leaderoni, più vanità che voti. Ma la sua appartenenza al campo del centrosinistra, di qui in poi, si fa davvero improbabile. A meno che ci si riferisca al centrosinistra arabo.
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