mercoledì 13 ottobre 2021

L'Amaca

 

L’uomo che disturba i pompieri
di Michele Serra
Dopo i fatti di Roma, la pretesa del Salvini che non si parli affatto di fascismo, ma di «condanna della violenza politica da ogni parte provenga», ha qualcosa di veramente ottuso (dunque, di comico). È come se di fronte a un incendio qualcuno facesse presente ai pompieri che ci sono anche le alluvioni e i terremoti. Con l’idrante in mano, il pompiere risponderebbe: «Siamo d’accordo, buon uomo, ci sono anche le alluvioni e i terremoti. Ma questo è un incendio, dunque o ha intenzione di darci una mano a spegnerlo, oppure per cortesia si levi di torno, che impiccia».
Il problema del Salvini è che ha tanta energia e buona volontà, è un omone attivo, ancora quasi giovane: ma gli manca il ritmo. Non ha orecchio, direbbe Jannacci. Dice e fa spesso la cosa sbagliata nel momento sbagliato, come nella memorabile estate del Papeete (a proposito: ci sono passato, è un posto carino, speriamo riesca ad affrancarsi dal marchio, penalizzante, di club privé di un capoccia).
Nello specifico, poi, dire che «la violenza va condannata da ogni parte provenga» è, da parte del Salvini, un notevole autogol. Perché violenta è la sua comunicazione social, violente le sue citofonate, violenti i suoi esordi politici cantando Forza Etna, violenta la sua sbrigativa maniera di risolvere a frasette da due soldi i problemi del mondo, violento ostentare il rosario per autobenedirsi nei comizi, violento promuovere a eroe nazionale un poveretto che ha ammazzato un ladro.
Per parlare contro la violenza in modo così ecumenico bisogna essere Gandhi, o Capitini, o san Francesco. Le persone normali, come il Salvini, dovrebbero usare prudenza, e come prima cosa guardarsi allo specchio.

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