sabato 7 agosto 2021

L'Amaca

 

Uno su mille ce la fa
di Michele Serra
Sarebbe bello (e impossibile) gestire l’indubbio successo della spedizione italiana a Tokyo senza cadere nel deliquio patriottardo. Però anche dicendo che sì, effettivamente, in mezzo a svariati mascalzoni, buffoni e fancazzisti ci sono un sacco di italiani tenaci, bravi, ingegnosi, disposti al sacrificio.
E soprattutto metodici: altro che genio e sregolatezza.
Provate a farvi un’idea di che cosa significhi allenarsi, per anni, ogni giorno, in una piscina vuota, o su una pista deserta. Nessuna gratificazione, al massimo un allenatore che ti ripete sempre le stesse cose, e il rimbombo del tuo respiro che rimbalza sugli spalti vuoti.
Provate a immaginare una marciatrice, un marciatore, che consuma le suole lungo stradoni asfaltati, rasentando capannoni, stoppie rinsecchite, villette a schiera, rotonde in mezzo al nulla frequentate, al massimo, da furgoni e nutrie.
La televisione e i titoli di giornale arrivano in cima a una salita anonima, sudata, massacrante, silenziosa. Uno su mille ce la fa.
Dicono tutti, infatti, la stessa frase: questa medaglia mi ripaga di una vita di sacrifici.
E dunque, a conti fatti, vale il talento, valgono la fortuna, la predestinazione, il Dna che non lo compri e non lo vendi, ci nasci. Ma vale, eccome se vale, la fatica, che non ha proprio niente di geniale, è fatica e basta.
È la rinuncia a tante altre belle cose, specie se si è ragazzi. È il puro dedicarsi a uno scopo, quello scopo, mettendo tra parentesi tutto il resto.
Fummo Paese di migranti, muratori, minatori, contadini, può darsi che nel medagliere olimpico si rifletta, giù per li rami, anche la gloria dei nostri avi capaci di sputare sangue, pur di farcela.

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