Siamo al punto di non ritorno (speriamo bene)
di Antonio Padellaro
Fino a prova contraria sia il governo Conte sia il governo Draghi hanno affrontato e affrontano la questione delle riaperture sulla base delle evidenze scientifiche, e dunque di quel “rischio ragionato” (Dio ce la mandi buona) di cui ci parla Roberto Speranza. Nominato ministro della Salute da Giuseppe Conte e che l’attuale premier ha voluto accanto a sé nella conferenza stampa di ieri, anche come risposta agli attacchi abbastanza sconnessi di Salvini&Meloni. È la stessa continuità che si può riscontrare confrontando le riaperture annunciate da Draghi&Speranza con le riaperture contenute nel Dpcm Conte&Speranza del 18 maggio 2020. Più o meno siamo lì, a parte forse l’evidenza con cui oggi si consentono le “attività all’aperto”, dal momento che si è improvvisamente scoperto che il maledetto Covid non sopravvive en plein air. Proprio come succedeva agli spaventosi marziani della Guerra dei mondi (e come sostiene da tempo il mio giornalaio).
Sappiamo bene che alla speranzosa primavera di un anno fa seguirono la licenziosa estate del liberi tutti e il cupo autunno del tutti di nuovo a casa. A sentire gli aperturisti à gogo Renzi&Salvini, tutta colpa del Conte&Speranza che, evidentemente, non avevano aperto abbastanza. Uno schema che tuttavia il governo Draghi non potrà più ripetere per la semplice ragione che questa volta indietro non si torna. Per due ragioni evidenti. Prima di tutto per la presenza, piuttosto invadente, del Berlusconi&Salvini nella maggioranza di governo: della destra cioè che ha premuto e preme per un ritorno del Paese esattamente com’era prima che il contagio si diffondesse. Ma a impedire un eventuale contrordine sarebbe soprattutto la tenuta degli italiani che molto, ma molto difficilmente (è un eufemismo) accetterebbero di sottomettersi per la terza volta consecutiva alla segregazione fisica e alla paralisi di ogni attività. Come dimostrano le piazze già in avanzata ebollizione. È un punto di non ritorno che lo stesso Draghi ha in qualche modo annunciato con la riapertura al pubblico dello Stadio Olimpico, il prossimo 11 giugno, per la partita inaugurale degli Europei, Italia-Turchia. Afflusso ammesso al 25% della capienza il che equivale a circa 18mila spettatori. E se 18mila persone sono autorizzate a convergere in uno spazio comunque limitato, come li tieni tutti gli altri? Infatti non li tieni più. A Draghi&Speranza non sfugge certo che contagi e vittime ancora non accennano a diminuire, ma scommettono sulle vaccinazioni di massa che in autunno, nella malaugurata ipotesi di una terza o di una quarta ondata (abbiamo perso il conto) potrebbero costituire una barriera immunizzata al virus. È il “rischio ragionato” di cui ci parlano (che Dio ce la mandi buona).
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