Un errore di traduzione
di Michele Serra
Non si riesce a credere che Viking Books, editore della poeta americana Amanda Gorman, ammetta solo traduttori, nelle varie lingue, che siano, nell’ordine: donna, giovane, attivista, preferibilmente di colore. (Non vengono specificati peso, altezza e gruppo sanguigno). Dev’esserci un errore di traduzione. Oppure è una manipolazione dolosa, la fake di una centrale reazionaria che vuole gettare discredito sulla lunga e gloriosa lotta contro la discriminazione etnica e di genere.
Oppure ancora è uno scherzo, una intelligente autoparodia di ambienti molto politically correct che hanno deciso, saggiamente, di prendersi gioco delle proprie ossessioni… Le osservazioni nel merito potrebbero riempire un volume.
Almeno due delle qualità richieste — giovane e attivista — sono così insensate da levare il fiato.
Una o un cinquantenne non attivista politico, o attivista dismesso, non è in grado di tradurre, leggendo il testo e conoscendo il contesto, l’opera di una scrittrice afroamericana ventenne? Poiché si dice che Omero fosse cieco, l’Iliade può essere tradotta solo da ciechi? Pasolini solo da omosessuali, Pound solo da fascisti, Collodi solo da persone che hanno vissuto sulla loro pelle l’esperienza della falegnameria? Ma poi, la traduzione! Uno dei processi più "contaminati" della cultura umana, da lingua a lingua, da popolo a popolo, per definizione un transito, una mutazione: come può venire in mente la pretesa di traduttori-clone? E dove trovarli, tra l’altro? Su questo crinale, il politically correct all’americana minaccia di diventare un agglomerato di conventicole di puristi. La sola consolazione è che, per loro natura, le conventicole si odieranno l’una con l’altra, tentando di distruggersi.
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