Quante dosi, Figliuolo?
di Marco Travaglio
Se Gozzano fosse vivo, aggiornerebbe il catalogo del salotto di nonna Speranza. “Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone, i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)… i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, un qualche raro balocco…”. E poi il Mes e la prescrizione (ah le mozioni italovive in Parlamento!). I Dpcm incostituzionali di Cassese (oh la sentenza della Consulta che ora li giudica doverosi!). Il Sussidistan del sciùr Bonomi (ieri così incazzoso sui bonus e, ora che ne arrivano altri 50 miliardi, quasi impagliato come il Loreto!). L’orrido Ecobonus dell’incompetente Fraccaro (ora meravigliosa per il Sole 24 ore, evviva!). La fetida task force del Recovery (brutta con Conte perché aveva 300 tecnici, troppi; bella con Draghi perché ne ha 500, troppo pochi!). La strage degli innocenti nelle carceri perpetrata dal troglodita Bonafede (ora elogiato pure da Antigone su Rep, oh gioia e tripudio!). I videomessaggi del tiranno Giuseppi, novello Pinochet o Chàvez, che per ben due volte non chiamò i giornalisti (ora inutili intralci ai democratici monologhi del Sempre Sia Lodato!).
Però che palle ‘sto salotto di nonno Mario. Usciamo a prendere un po’ d’aria. E chi ti incontriamo? Il Gen. Comm. Grand’Uff. Francesco Paolo Figliuolo. Si vede subito che è un tipo sveglio: a lui non la si fa. Infatti spiega in esclusiva al Corriere “la strategia ‘in due pilastri’ studiata dal governo” per le vaccinazioni. E i due pilastri – tenetevi forte – sono: “da una parte la disponibilità e l’afflusso dei vaccini; e dall’altra la capacità di somministrarli”. Esattamente in quest’ordine, casomai a qualcuno venisse in mente di iniettarli prima di riceverli. Non a caso lui “ha tre lauree e ha comandato le truppe in Afghanistan e Kosovo”. Sennò magari non ci pensava che i vaccini, se non li ricevi, non puoi somministrarli. Il Foglio nota
“una discontinuità col predecessore Arcuri (una laurea e zero guerre, nda). Figliuolo tende a sottolineare un altro aspetto: ‘L’importante non sono io, ma lo Stato. Vedrete, vincerà l’Italia’”. Non il Madagascar, come diceva sempre quell’altro. Altro pilastro: “Puntiamo a chiudere la campagna entro l’estate, se faremo prima saremo stati più bravi”. Se faranno dopo, un po’ meno. Questo sì che si chiama programmare. “La chiave è: comando accentrato, esecuzione decentrata”. A meno che non riesca a fare 100 milioni di punture tutte da solo. Ma attenzione: “Johnson&Johnson ci consegnerà 25 milioni di dosi e, poiché se ne fa una soltanto, è come se ne arrivassero 50 milioni” (una delle tre lauree dev’essere in matematica). Non so voi, ma io mi sento già molto meglio. Con un fastidioso effetto collaterale, però: un’inspiegabile nostalgia per Giulio Gallera.
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