martedì 13 ottobre 2020

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ENCICLICA - LE PESANTI CRITICHE ALLA “FRATELLI TUTTI”
“Eretico e comunista”: destra, Rep e Corsera scomunicano il Papa
LE ACCUSE - BERGOGLIO PARAGONATO A MARX E LENIN SULLA PROPRIETÀ PRIVATA. NON PIACCIONO LE SUE POSIZIONI SU CINA, AMBIENTE E MIGRANTI

di Gad Lerner

Non sono cristiano e tantomeno vorrei passare per papista, benché provi grande ammirazione nei confronti di Jorge Mario Bergoglio. Mi suscitano rispettosa estraneità le stesse definizioni canoniche con cui viene incoronato Sommo Romano Pontefice, Vicario di Cristo, Pastore della Chiesa universale, Sua Santità. Considero perciò salutare la ventata di pensiero critico che sprigiona, anche all’interno del mondo cattolico, un’inedita sequenza di critiche pubbliche che un tempo rimanevano avvolte nell’ossequio.

Non occorre lanciare accuse di lesa maestà per constatare che, dopo la pubblicazione dell’enciclica Fratelli tutti e in parallelo con lo scoperchiamento delle malversazioni nell’impiego dei fondi dell’Obolo di San Pietro costate la revoca della porpora cardinalizia ad Angelo Becciu, un vero e proprio attacco concentrico si è scatenato mirando al bersaglio grosso di papa Francesco. Con toni e argomenti a dir poco inusuali.

A far da battistrada sono i giornali della destra. Sotto il titolo eloquente “Marx, Lenin e Mao più moderati di Bergoglio. L’enciclica Fratelli tutti è un inno al comunismo”, il più esplicito è stato Marcello Veneziani su La Verità. Leggiamo: “Dio ci protegga dal comunismo papale. Un’enciclica contro l’occidente cristiano. Se l’enciclica Fratelli tutti di Bergoglio fosse davvero applicata, probabilmente sparirebbero Dio, la Chiesa e la cristianità come le abbiamo finora conosciute. Ci sarebbe l’avvento del comunismo e l’abolizione della proprietà privata”. Una raffica niente male per denunciare l’affermazione papale secondo cui il diritto alla proprietà privata non deve essere riconosciuto come assoluto o intoccabile; bensì va subordinato “alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, al diritto di tutti al loro uso”.

Per non essere da meno, Pietro Senaldi su Libero si affida al pedigree teologico di Chicco Testa, noto esperto in materia: “Nella dottrina cattolica il primato e la responsabilità dell’uomo sul resto del pianeta sono sempre stati un assunto fondamentale e la personificazione della natura, quasi a dotarla di anima, è ritenuto un concetto pagano”. Con ciò abbiamo sistemato anche l’impianto dell’enciclica precedente, la Laudato si’. Titolo della paginata: “Sull’ambiente Papa e Greta sbagliano tutto”.

Non c’è da stupirsi. Sostenendo che “la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia”, il vescovo di Roma si è guadagnato la fama di eretico. Così come, relativizzando il diritto assoluto alla proprietà privata, gli tocca essere spacciato per rifondatore del comunismo. Non parliamo di quando Francesco denuncia “l’ossessione di ridurre i costi del lavoro e il razzismo che si nasconde e riappare sempre di nuovo”, o rivendica la libertà di movimento per i migranti.

Va notato però che gli assaltatori del pontificato di Bergoglio possono contare, nelle retrovie, di ben più grossi calibri. È stato il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, in una intervista al direttore di Repubblica, a sparare a palle incatenate contro il dialogo in corso fra il Vaticano e la Cina agitando, con toni da guerra fredda, lo spettro della minaccia comunista contro i popoli liberi. Un revival confezionato su misura per i nostalgici della scomunica di Pio XII.

Se questo è il contesto, non c’è da stupirsi che sulla scia emerga anche il fino a ieri trattenuto malessere della Chiesa italiana, prontamente registrato dagli editorialisti del Corriere della Sera. Massimo Franco ha appena pubblicato un saggio dal titolo tutt’altro che benevolo, L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato, in cui sintetizza gli umori diffusi nell’ambiente ecclesiastico di cui Becciu figurava tra le eminenze. Dove si sostiene che “Bergoglio ha già dato tutto e rischia solo di ripetersi”, la sua guida evidenzia “grosse falle e contraddizioni”, mentre Casa Santa Marta – l’umile residenza che Francesco ha preferito agli appartamenti vaticani – si sarebbe trasformata in “centro di potere”, addirittura una “curia parallela”.

Intervistato da Aldo Cazzullo, si è mosso con maggior diplomazia il cardinale Camillo Ruini, emerito della vecchia Cei (Conferenza episcopale italiana) assai ridimensionata dalle nomine di Bergoglio: “Chiesa in declino, criticare il Papa non significa essergli contro”. Ma non pare una coincidenza che tre giorni dopo, rispondendo ai lettori del Corriere, lo stesso Cazzullo abbia chiosato: “La sensazione è che non tutte le aspettative suscitate dall’elezione di un Papa chiamato Francesco siano state mantenute”. Per arrivare al dunque: “Se a reggere la più grande diocesi d’Europa, Milano, e una delle capitali della cristianità, Parigi, non c’è un cardinale che concorrerà a scegliere il prossimo Papa, mentre c’è un cardinale ad Agrigento sotto la cui giurisdizione ricade Lampedusa, allora avanzare qualche perplessità è lecito”.

Forse qui sta il punto. A dar fastidio non è solo l’impianto culturale radicalmente alternativo dell’episcopato di Bergoglio, convinto che “ci siamo illusi di rimanere sani in un pianeta malato” e che sia necessaria una redistribuzione delle risorse quand’anche ciò vada a discapito delle nazioni occidentali. Provoca insofferenza che egli stia mettendo a dieta la nomenclatura di territori in cui ormai un sacerdote deve prendersi carico di quattro o cinque parrocchie, ma che ciò non di meno pretenderebbero di conservare il peso di sempre nel conclave e nella curia.

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