venerdì 6 marzo 2020

La fine di un viaggio



E così se ne è andato, dopo una lunga ed eroica malattia, mio padre, in un letto d'ospedale, sempre ridente, gioviale, calmo, serafico. 
Voglio ricordarlo con questa foto, scattata poche ore prima della sua dipartita: pur essendo in sofferenza, ad un certo punto ha messo la sua manona, gonfia per la malattia, sulla mia, come a rassicurarmi, ad essermi padre per l'ultima volta. 
Ha vissuto una vita travagliata, irta di problemi, caratteristica della sua classe del 1928.
E' stato abbandonato dalla mamma in età precoce e la zia che lo ha accolto è divenuta per lui anch'essa madre. 
Nei lunghi dialoghi dovuto alla sua staticità mi ha innondato di emozioni, di pensieri, di gioie e dolori. 
Ad esempio ho scoperto che avrebbe voluto da giovane suonare il pianoforte e che stava ore e ore a fingere di pigiare i tasti sul tavolo di cucina. A quel tempo però i metodi austeri dello zio glielo impedirono. Un altro cammeo trasmessomi è stato quando mi ha rivelato che un giorno, un signore dei tempi, ascoltandolo cantare gli propose la possibilità di partecipare ad un concorso a Roma per doppiatori di film, sogno anch'esso infranto dai dinieghi dei suoi nuovi genitori. 
La vita lo ha portato a diventare commerciante di frutta e verdura, ma non lo ha mai considerato un ripiego, cantando e lavorando tenacemente per oltre cinquant'anni in un negozio divenuto riferimento per chi desiderava merce fresca e buona. 
E' riuscito a scusarsi con me per il poco tempo dedicato ai figli per ovvie ragioni lavorative! 
Un gigante di cui non so ancora come riuscirò a sopperire la sua assenza. 
Lo immagino finalmente rilassato in compagnia delle sue cugine intento ad aumentare di suo la già infinita gioia paradisiaca. 
Grazie papà, di tutto, del tanto donatomi. 
Gustati finalmente, te lo meriti, il tanto sospirato "Faccia a Faccia."  
Ti vorrò sempre e per sempre bene. 

Nessun commento:

Posta un commento