sabato 01/06/2019
Il Mitomane
di Marco Travaglio
Il problema non è Salvini che si crede il presidente del Consiglio. Il problema sono tutti quelli che lo credono il presidente del Consiglio e lo convincono di esserlo. La mitomania è un fenomeno piuttosto noto e ricorrente nella letteratura, soprattutto clinica: la “tendenza ad accettare come realtà, in modo più o meno volontario e cosciente, i prodotti della propria fantasia e a raccontarli come veri allo scopo di attirare su di sé l’attenzione altrui e soddisfare così la propria vanità”. I reparti psichiatrici sono pieni di degenti che si credono Napoleone, Garibaldi, Leonardo da Vinci. A prenderli per tempo, sono pure curabili. Il guaio è quando gli psichiatri, anziché curare i pazienti, assecondano le loro mitomanie. Nel caso di Salvini, questa funzione asseverativa la svolgono i giornaloni. Che, prima delle elezioni, lo descrivevano come un infaticabile stakanovista delle leggi e delle decisioni, unico padrone incontrastato del governo, anche se non ha praticamente mai messo piede al Viminale e quasi tutte le norme prodotte da maggioranza e governo sono targate 5Stelle. E ora, dopo il voto, continuano imperterriti a correr dietro a quel che dice, come se le sue parole avessero un qualsivoglia rapporto con la realtà. Sono stati loro, prim’ancora della sua macchina da like detta “Bestia” e degli elettori, a pompare questo fenomeno da baraccone tutto virtuale, questo pallone gonfiato pieno d’aria e ora anche di voti. Un caso ormai incurabile di mitomane che si crede Superpremier e Superministro e cambia dicastero a ogni ora del giorno, come il personaggio di Alberto Sordi in Troppo forte di Carlo Verdone: l’avvocato Giangiacomo Pignacorelli in Selci che, di punto in bianco, sgrana gli occhi, trilla “dadan-dadan!”, smette la toga e indossa la tutina aderente per diventare un ballerino-coreografo che danza sull’aria di Oci Ciornie, mentre le anziane sorelle ricordano “quando faceva il dentista e cavò tre denti al fruttivendolo che gli fece causa perché erano tutti sani”. Alle pareti, le foto delle sue precedenti incarnazioni accanto a Papa Giovanni e Togliatti.
Ore 8, ministro della Difesa. Salvini, in tuta mimetica, attacca la collega Trenta, dicendosi deluso di come conduce il dicastero e alludendo a un imminente rimpasto per rimediare personalmente. Dunque, “non chiedo rimpasti”.
Ore 9, ministro dei Trasporti e Infrastrutture. Salvini, in divisa da capomastro, attacca il collega Toninelli, dicendosi furioso per il blocco dei cantieri (senza mai dire quali, anche perché non ne è stato bloccato neppure uno) e lodare “la Tav” che ora sarà “finanziata per il 55% dall’Ue” (ovviamente ignara di tutto).
Insomma, “con Toninelli ci sono problemi, è evidente”. Dunque “ho piena fiducia in Toninelli”.
Ore 10, ministro del Sud. Salvini, in coppola, giacca di velluto e cartucciera, se la prende con la collega Barbara Lezzi che lui sostituirebbe volentieri perché sa cosa fare per il Sud. Ma non lo dice, sennò gli rubano l’idea. Dunque, “nessun rimpasto”.
Ore 11, ministro dell’Ambiente. Salvini, con la felpa di Greenpeace, critica il collega Sergio Costa perché non sa fare il suo mestiere, rifiutando di riempire l’Italia di inceneritori e di cantieri inquinanti. Dunque, “niente rimpasti”.
Ore 12, ministro della Chiesa. Salvini, in completo bianco, con tanto di tiara, mitria e papalina pontificia, si affaccia dalla finestra di via Bellerio per la tradizionale recita del Mattheus: bacia un rosario, la teca portatile col sangue di San Gennaro e un dente di Padre Pio. Poi polemizza con papa Francesco che non lo riceve in Vaticano. “Io, al suo posto, mi sarei già ricevuto”.
Ore 13, ministro della Giustizia. Salvini, appresa la notizia della condanna del suo viceministro Rixi a 3 anni e 5 mesi di carcere per peculato, indossa la toga di avvocato e giudice, dice che “non ci sono prove” e “accetta le dimissioni di Rixi” nelle proprie mani per il bene del governo e della Nazione tutta. Poi Rixi apprende che le dimissioni, perché siano valide, deve inviarle a Conte che deve firmare un decreto e inviarlo a Mattarella: così le gira al premier, di nascosto dal capo.
Ore 14, pausa pranzo.
Ore 15, ministro dell’Economia. Salvini, travestito da docente di Economia, annuncia che l’Italia sforerà il 3% di deficit e farà subito la Flat tax. Poi si reca in visita al ministro Tria e gli comunica che il 3% non si sfora, senza fargli il minimo accenno alla Flat tax. All’uscita, conferma che è tutto a posto per lo sforamento del 3% e la Flat tax.
Ore 16, ministro delle Finanze. Salvini, in divisa da fiscalista, annuncia un condono tributario, che però nessuno ha visto. Nemmeno lui.
Ore 17, ministro dello Sviluppo economico. Salvini, un po’ stretto nell’abitino di Di Maio, si accorda con i 5Stelle sul dl Sblocca-cantieri. Poi, all’uscita, fa presentare dai suoi un emendamento allo Sblocca-cantieri che lo bloccherebbe, trasformandolo nel Blocca-cantieri.
Ore 18, ministro dei 5Stelle. Salvini, travestito da Beppe Grillo con parrucca e barba posticcia, intima ad Alessandro Di Battista di non immischiarsi nel M5S: “Prenda il motorino e giri il mondo”.
Ore 19, ministro della Rai. Salvini si affaccia dal settimo piano di Viale Mazzini 14 e comunica urbi et orbi che “Fazio e Lerner alla Rai non sono il cambiamento”, diversamente da Teresa De Santis (in Rai dal 1979) e Gennaro Sangiuliano (dal 2003).
Ore 20, ministro della Salute. Salvini, in camice bianco da dentista, viene fermato da un passante che gli domanda: “Ma lei non è il ministro dell’Interno?”. E lui: “Certo, infatti ho appena minacciato di revocare la scorta a Saviano”. Poi cava tre denti sani al fruttivendolo sotto casa. Nessuna notizia degli psichiatri che lo hanno in cura.
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