mercoledì 29/05/2019
Monumento ai caduti
di Marco Travaglio
Non vorrei che i funerali anticipati dei 5Stelle e i festeggiamenti del Pd per il suo minimo storico e il massimo storico delle destre oscurassero eventi ben più certi e definitivi. Il primo pensiero di cordoglio va a Sandro Gozi da Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena), nostro idolo ex prodiano poi renziano poi gentiloniano, una sorta di eroe dei due mondi, anzi tre, visto che si divide fra l’Italia, la Francia e San Marino (della cui banca è consulente). Siccome in Italia non lo vota nessuno e lo trombano sempre, aveva deciso che la patria non lo merita e si era candidato in Francia, dove invece si sente popolarissimo. Ovviamente nel partito di Emmanuel Macron “La République En Marche”, di cui è un po’ il padre nobile, visto che il presidente francese – come rivelò lui stesso (Gozi, non Macron) aveva consultato proprio lui prima di fondarlo. “Scusa, Sandro, hai niente in contrario se faccio un partito?”. E lui, pancia in dentro e petto in fuori: “Fai pure, Emmanuel! Marchons!”. Di qui l’ideona (“al servizio di una nuova avventura che spero sia replicata altrove”, “una scelta pannelliana”, ma anche “una decisione che viene da lontano”, forse da San Marino) di cedere alle pressioni dell’Eliseo e di “rendermi disponibile” per il partito macroniano, che mai avrebbe osato sperare in un simile apporto di consensi e anche, diciamolo pure, di prestigio. Non capita a tutti il privilegio di avere un Gozi in lista. Uno che promette di “reinventare la politica in Europa” in senso “transnazionale” con la sola forza del pensiero, in qualità di “europeo di cittadinanza italiana” e “figlio rifondatore” dell’Ue dopo i “padri fondatori”, nonché di sbaragliare “l’incompetenza, l’improvvisazione e le fake news dei sovranisti” con le nude mani.
Ora, è con somma costernazione che ci vediamo costretti a comunicare ai milioni di fan transnazionali e intergalattici di Gozi che il loro beniamino è stato trombato anche in Francia: candidato al 22° posto in lista, è arrivato 22°. E indovinate quanti europarlamentari ha eletto la lista? 21. Colpa, ovviamente, degli incompetenti e improvvisati elettori francesi, obnubilati dalle fake news sovraniste che gli hanno remato contro anche Oltralpe. L’unica speranza di essere ripescato è che la Brexit cancelli i neoeletti britannici liberando 5 posti per i macronisti. Ma ci rifiutiamo di credere che un euroarrapato come lui possa mettersi a tifare Brexit per una questione di vile poltrona. Anzi, siamo convinti che, per coerenza, rifiuterebbe sdegnosamente il repechage. A parziale consolazione delle masse goziane in gramaglie, c’è la certezza che il loro e nostro idolo abbia presa bene la trombatura transnazionale.
Un po’ perché è già abituato a quelle nazionali, un po’ perché è un tipo sportivo e decoubertiniano, che già in tempi non sospetti aveva avvertito: “La mia non è una candidatura con scopi elettorali”. Lui infatti si candida alle elezioni non per essere eletto, a scopo ginnico-dietetico: per fare un po’ di moto. Ora però non vorremmo che, non avendo un posto di lavoro neppure in Francia, il governo Macron lo scambiasse per un sans papier e lo rimpatriasse col foglio di via alla frontiera di Ventimiglia o di Bardonecchia, o che la Gendarmerie lo scaricasse nottetempo nei boschi di Claviere con i consueti carichi di clandestini. In ogni caso, gli sia lieve la terra.
Altre luttuose notizie giungono dalla lista +Europa di Emma Bonino che, a giudicare dai titoloni e dagli intervistoni sui giornaloni e dalle masse ritte sulle barricate per salvare i 14 milioni annui di fondi pubblici a Radio Radicale, prometteva sfracelli. Avendo perso le elezioni politiche del 2018 col 2,55% con la soglia di sbarramento al 3, anche grazie al decisivo contributo di Tabacci (un antiabortista con la madrina dell’aborto), +Europa aveva deciso di perdere altri voti alleandosi col fantomatico partito di Federico Pizzarotti “Italia in Comune” (detto familiarmente “il partito dei sindaci” perché, oltre a quello di Parma, vantava pure quello di Cerveteri). E candidando altri noti sfolla-urne come Taradash e Della Vedova, un paio di ex grillini e un esercito di riciclati e voltagabbana, senza contare il tentativo purtroppo abortito (con rispetto parlando) di imbarcare pure Calenda. Insomma, per dirla con la Emma, che siede in Parlamento appena dal 1976, “una sfida liberal contro i sovranisti”, un sostegno agli amici del Pd “per marciare divisi e colpire uniti i populisti”, visto che “una lista unica prenderebbe meno voti”. Invece, divisa, ha preso il 3,09 con la soglia al 4, buttando nell’eurocestino 832.544 voti. Ma anche Bonino &C. fanno sapere che non si candidavano a scopo elettorale, no di certo. L’importante non era vincere, né tantomeno eleggere eurodeputati, ma partecipare. “Ottimo risultato”, commenta il coordinatore nazionale di Italia in Comune Alessio Pascucci. Tanto lui fa il sindaco di Cerveteri, Pizzarotti di Parma e la Bonino la deputata Pd. Dunque, dichiarano entusiasti gli eurotrombati, “l’esperimento è riuscito”. E il paziente è morto.
Sull’altro fronte, sempre a leggere le inchieste, le analisi e i titoli dei giornaloni sull’Italia in preda all’“Onda nera” del rinascente nazifascismo, il redivivo Duce e il risorgente Führer, si paventava un’irresistibile avanzata dell’estrema destra, capitanata da CasaPound-Destre Unite e Forza Nuova, dipinte come padrone incontrastate d’Italia a partire dalle periferie romane. Risultato: CasaPound-Destre Unite raccoglie un formidabile 0,33% e Forza Nuova un ragguardevole 0,15 (ben al di sotto dello 0,23 del Partito Pirata). Neppure sommando i loro voti, le poderose falangi mussoliniane riescono a eguagliare lo 0,6 del Partito Animalista. In attesa della marcia su Roma, ci si contenta della retromarcia.
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