venerdì 9 novembre 2018

Nomi


Nomi, nomi, nomi che s'intersecano, sfuggono, languono, irridono sfrontatamente per sbeffeggiare verità sempre più nascoste. Come quello di Agostino Marioni, ingegnere ed ex presidente della società Alga che si occupò nel 1993 del rinforzo della pila 11 del ponte Morandi, crollato a Genova. La sua tesi, ponte crollato per la perdita di una bobina d'acciaio, caduta secondo lui da un tir, è stata per fortuna smontata dalla società autotrasportatrice e dai filmati della polizia di stato. Altrimenti saremmo già stati indotti ad accarezzare i dirigenti di Società Autostrade, Atlantia e la famigliola veneta, quasi chiedendo scusa per l'incauta gogna mediatica a cui sono stati sottoposti dal quel 14 agosto, ed avremmo pure sdoganato le festicciole che i riccastri fecero negli stessi drammatici attimi in quel di Cortina, e tutto ci avrebbe indotto a rimostrar sorriso al casello, mentre s'onora il leccornioso balzello a loro dovuto non si sa perché, né deciso da chi. 

Nomi, nomi, nomi: come quello di Mauro Moretti, Michele Mario Elia, Mario Castaldo, Vincenzo Soprano e via via altri per arrivare alla spettrale cifra di 32, un solo punto sotto trentatré, che fu il bilancio delle vittime della strage di Viareggio del 2009. Lorsignori la sfangheranno, come sempre da queste parti, per mano di Madame Prescrizione visto che a breve comincerà l'appello, farcito e pregno di avvocatoni al ralenty, moviolati e profumatamente pagati per inficiare il corso, abnormemente lungo ad hoc, di questo e di altri processi. Scompariranno le accuse di incendio e forse le lesioni, e che volete che sia in un disastro di tale portata, ove le povere vittime furono accese come torce dalla fuoriuscita e scoppio di prodotti altamente infiammabili! 

Nomi, nomi, nomi: come quello dell'ing. Fabrizio Cimino, indicato come responsabile dei pessimi lavori di restauro della palazzina di via D'Annunzio a L'Aquila, crollata durante il terremoto del 6 aprile 2009; sette anni e mezzo non sono bastati per accertare responsabilità ed anche in questo caso, la prescrizione ha smacchiato, profumato colpe, ridicolizzando tragedie. 

Ancora nomi, come quello di Stephan Schmidheiny, ex amministratore delegato dell'Eternit, condannato in appello a 18 anni, pochi al confronto dei morti assassinati in nome del lucro, e nel 2014 tornato immacolato per via della solita ed osannata prescrizione e chissà ora dove nascosto a godersi una dorata vita ridanciana e sfanculante giustizia e senso dello stato. 
Il cerchio di fuoco immane scatenato dalla proposta di rimodulare la prescrizione, architrave del concetto nato, sorretto e levigato nell'Era del Puttanesimo, che vuole che i manigoldi, gli infami, i parassiti non debbano mai e poi mai andare in galera, è spaventoso. Gracchiano i servili giornaletti di proprietà di baroni della mala essenza, intenti ad accatastare ricchezze e potere, lontani anni luce dal diritto di una civiltà oramai defenestrata da questi lupi non più solitari. Cicalecci si odono pure nelle stanze per fortuna disadorne del vecchio regime, retto e diretto da uno che oltre a pagare Riina e soci con tangenti, ha pure usufruito di ben otto processi interrotti dalla madame di cui sopra. 
Su tutto, su nomi e misfatti, scorre nel silenzio più assoluto di media e peripatetici commentatori, la notizia che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo una legge del governo del Bomba Egoriferito del 2016 che imponeva alla polizia giudiziaria di informare in tempo reale i diretti superiori, cioè i vertici di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza (fonte Fatto Quotidiano) agevolando di conseguenza soffiate, come nel caso dell'inchiesta Consip, la bighellonata dell'Era del Ballismo attorno ad uno dei più grandi affari d'Europa, con Lotti, il generale Saltalamacchia, il comandante generale dei Carabinieri Del Sette e il presidente di Publiacqua fiorentina Vannoni, attualmente indagati. 


Anche per loro, naturalmente, dovrebbe intervenire la mano santa di madame Prescrizione. A meno che la legge proposta dal M5S e dalla Lega, non rimetta le cose a posto. E soprattuto la dignità.

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