martedì 01/05/2018
Il narcisista che non riesce a stare zitto
di Daniela Ranieri
Eravamo rimasti che voleva “tacere per due anni” dopo il 4 marzo, e infatti rieccolo dopo due mesi in prima serata su Rai1, a regolare conti interni, a mandare avvertimenti, a parlare a nuora (“chi ci guarda da casa”) perché suocera intenda, ma soprattutto a liberare la sua incontinenza narcisistica, il suo bisogno quasi ghiandolare di pubblico.
Si sa che una cosa detta da Renzi è scritta sull’acqua, quando non vuol dire proprio l’esatto contrario, ma si resta abbastanza ammutoliti davanti alla performance tutta psichica di questo ambizioso di provincia che ha scalato un partito (spesso fallimentare, ma tutto sommato prima del suo arrivo rispettabile) polarizzando ogni sentimento attorno alla sua persona, commissariandolo e riducendolo a quel che è oggi: un campo di forze e ambizioni personali confliggenti o coincidenti col suo ego patologico e dunque prive di qualsiasi orizzonte credibile.
In sostanza è andato a dire due cose: che non vuole andare al governo coi 5Stelle; che se non si riesce a fare un governo è perché “dopo il referendum il Paese è bloccato”. Visto che questa è palesemente falsa (sabato abbiamo fatto il fact checking alle parole di Orfini, spedito a Otto e mezzo a diffondere la stessa panzana in qualità di ballon d’essai: il referendum nulla c’entra con la legge elettorale che precedeva il Rosatellum, dichiarata incostituzionale dalla Consulta nelle parti relative al ballottaggio e alle pluricandidature), abbiamo motivo di presumere che anche la prima lo sia. A pensar male si fa peccato, ma noi siamo peccatori e scommettiamo che Renzi darà mandato ai suoi più fedeli sottoposti di votare a favore dell’intesa col M5S, in direzione o in qualunque altro consesso partorito dalla finta democrazia che ha instaurato nel partito, se non proprio al Senato dove il governo dovrà ottenere la fiducia, continuando in pubblico a escludere perentoriamente ogni ipotesi di alleanza “coi populisti” per far contenti i twittatori del #senzadime (e i 5 passanti da lui importunati in piazza della Signoria). “Su 52 senatori del Pd”, è l’excusatio non petita, “almeno 48 devono votare a favore. Io di disponibili alla fiducia a Di Maio non ne conosco uno”, ma ormai la pulce è nell’orecchio e del resto sfidiamo chiunque a non vederlo nelle vesti di uno che va al governo con Di Maio per poi farlo cadere alla prima fiducia tanto per dimostrare che: 1) i grillini sono incapaci di governare; 2) serve la riforma della Costituzione.
E qui torna lui e tutta la sua amicaglia di miracolati, e siccome siamo già o ancora in campagna elettorale, rieccolo in Tv, a cercare di ricostruire una immagine di sé integra, intoccata dagli scandali Consip, da quelli bancari boschiani e dalle ombre giudiziarie sul babbo e ora pure sulla mamma, tanto da permettersi un moto di indignazione per una presunta colf pagata in nero dalla compagna del presidente della Camera Fico. “Ho iniziato a fare politica contro il partito azienda di Berlusconi”, lo stesso col quale poi ha fatto un patto segreto, una riforma costituzionale e una legge elettorale, questa qui che ci ha destinato all’impasse. “Da quel momento (dal 4 dicembre 2016, ndr) l’Italia non è più in grado di avere un sistema efficiente”, insiste. “Salvini e Di Maio avrebbero avuto interesse a farsi un ballottaggio”, e con ciò dà del deficiente a Gentiloni che ha messo 8 voti di fiducia per far passare il Rosatellum e degli idioti a tutti gli italiani, che non hanno votato contro alcun ballottaggio.
Del resto sta tutto scritto nel “programma dei 100 punti” consegnato al Viminale e firmato dal “Dott. Matteo Renzi”: “La sconfitta referendaria non cancella il ripensamento del sistema istituzionale ma rende questo percorso più difficile”. Difficile, ma non impossibile: basterà aggirare la volontà popolare. Certo, con B. sarebbe stato più facile, ma le vie dell’ambizione sono infinite.
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