Il ritorno del presidente imbonitore
07 GENNAIO 2018
Il Cavaliere si presenta sempre uguale a se stesso, padre e padrone di una destra anomala che ha inventato dal nulla
DI MASSIMO GIANNINI
Lo scrive Edward Luce nel suo magnifico Tramonto del liberalismo occidentale, rilanciando la lezione di George Santayana: "Chi non ricorda il passato è destinato a ripeterlo". Nessuno lo sa meglio di noi italiani, che tra due mesi andremo a votare e ci ritroveremo sulla scheda il simbolo di Forza Italia in cui campeggia a caratteri cubitali un beffardo "Berlusconi Presidente". Come se il terribile Ventennio Azzurro non fosse mai finito, e ogni manipolazione formale o sostanziale delle regole fosse non solo possibile, ma del tutto naturale.
Come se l'estenuante stagione del revisionismo costituzionale "à la carte" non ci avesse traghettati dalle forzature super-maggioritarie di ieri alle storture iper-proporzionali di oggi. È l'Epifania del Cavaliere, che si ripresenta agli elettori sempre uguale a se stesso. Padre, padrone, padrino, patriarca di una destra anomala che ha inventato dal nulla nel '94, e che in fondo non è mai davvero cambiata. Allora era a-repubblicana, a-fascista, a-morale, unita dagli interessi molto più che dai valori, e da un anti-comunismo immaginario molto più che da un liberalismo identitario. Adesso, complice l'autolesionismo della sinistra e il dilettantismo dei Cinque Stelle, quella stessa destra appare a molti il "male minore". Persino ad Angela Merkel, che non ricorda più il cucù e oggi riabilita Berlusconi come un convinto "popolare europeo". Persino a Bill Emmott, che non ricorda più la celebre copertina dell'Economist e oggi considera Berlusconi "fit to lead Italy".
E persino a noi italiani, ormai disfatti da un inquietante cupio dissolvi. Dopo il collasso del 2011 il Pdl perse 6,4 milioni di voti alle elezioni del 2013.
Sono rimasti chiusi in frigorifero per cinque anni. E oggi che l'opa renziana sui moderati è fallita, quei voti si sciolgono e tornano dov'erano. Cioè nella "casa" del padre-padrone-padrino-patriarca, tra Arcore e dintorni. Non ci ricordiamo più il passato. Lo spread a 511, le 38 leggi ad personam, il ciclopico conflitto di interessi, Biagi e Santoro cacciati dalla Rai per editto bulgaro e "Ruby nipote di Mubarak" per volontà del Parlamento. Tutto è dimenticato, tutto è perdonato.
Per questo il Cavaliere si può ripresentare alle urne come "Presidente", ostentando uno scandaloso "me ne frego". Me ne frego del principio di legalità. Me ne frego della Severino (che lo rende incandidabile perché condannato in via definitiva per frode fiscale). Me ne frego del Rosatellum (che non prevede indicazione né elezione diretta di nessun candidato premier). Tutto questo accade in un clima di indifferenza, disarmata e disarmante. Indifferenza generale: quella di un popolo che sembra ancora una volta disposto a credere alle solite tele-vendite da Cetto Laqualunque (via l'Imu sulla casa, la tassa di circolazione, l'imposta di successione). Indifferenza particolare: quella di un'accozzaglia spuria, nella quale la Lega antieuropeista di Salvini si rassegna alla subalternità in cambio dello scalpo ideologico della Fornero, la fratellanza sovranista di Meloni si acquieta con una manciata di seggi, e la "quarta gamba" dei riciclati centristi si accontenta di uno strapuntino qualsiasi.
Chi fermerà questa Resistibile Armata? Il carrozzone di Grillo, comico spaventato guerriero che ha il terrore anche solo di pronunciare la parola "alleanze"? La coalizione di centrosinistra, dove dovrebbero convivere il "riformista" Renzi (che vuole abolire il canone Rai dopo averlo inserito in bolletta) e il "massimalista" Grasso (che vuole sopprimere le tasse universitarie senza dire dove trova il miliardo e mezzo di copertura), il diavolo di Bonino e Della Vedova (paladini laici del biotestamento e dello Ius soli) e l'acquasanta di Tabacci o Lorenzin (alfieri cattolici dell'obiezione di coscienza e dello Ius sanguinis)? Eccolo, il frutto avvelenato prima di una dissennata lotta fratricida, poi di una sciagurata legge elettorale: una "rissosa macchina da guerra", che purtroppo non basta per vincere, e meno che mai per governare. Anche questa, a ben vedere, un'altra maledetta reincarnazione del "passato che non passa".
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