giovedì 30 novembre 2017

Dono pregiato a puntate


Ritenendolo un bene prezioso, un memorandum degno dell'indegna smemoratezza attanagliante questa nazione, dove un pregiudicato dopo vent'anni di malefatte, alcune ignobili, riesce ancora ad avere seguito, ad essere riabilitato persino nei salotti nobili, che nobili non sono perché frequentati oramai da onnivori senza dignità, ho deciso, Marco non me ne voglia, di pubblicare la prima puntata del grande articolo apparso sul Fatto questa mattina. 
Le altre, se vorrete, le potrete leggere comprando uno dei pochi giornali senza padrone, senza contributi dello stato, senza occhio di riguardo alle multinazionali che, pagando pubblicità, pretenderebbero un'attenzione particolare attorno alle proprie malefatte. 
Lo scempio che abbiamo davanti è unico nel panorama internazionale; s'evidenzia dall'impossibilità di racchiudere in un solo articolo, tutte le malefatte compiute da codesto signorotto di provincia, ossessionato dal sesso, e ricercante risorse per la sua famiglia a scapito del bene pubblico, infangando valori di giustizia e dignità.
Leggetelo e vedrete che ogni tanto sobbalzerete chiedendovi come sia stato possibile trascorrere un ventennio tra falsità, leggi sartoriali su misura, infestati da lugubri condoni, storditi dalle sue TV e dal Minzo che nel Tg1, ci faceva vedere le toilette dei cani, mentre questo pregiudicato compiva scorribande su tutta la penisola! 

Soprassiedo sul novantenne, per rispetto, ripensando, chissà perché, a Calvino... 


Scalfari riabilita i governi di B. Ecco tutti gli orrori che scorda
Breve elenco - Dal 1994 al 2011 Berlusconi nelle vesti di premier ha pensato quasi continuamente a una cosa: i suoi interessi. Dal lontano decreto “salva-ladri” ai condoni

di Marco Travaglio 

L’altra sera, a DiMartedì, mi sono confrontato a distanza con Eugenio Scalfari e sono felice che la discussione fra le nostre posizioni opposte e inconciliabili sia avvenuta in un clima civile e rispettoso. C’è però una frase di Scalfari che suona offensiva per tutta la nostra redazione e anche per la nostra comunità di lettori: che il Fatto sia “un giornale grillino”. Capisco che molti, abituati all’idea che ogni giornale abbia dietro almeno un partito o un padrone (che poi molto spesso coincidono), non si rassegnino a quella di un quotidiano libero e indipendente. Ma, per il nostro, dovranno farsene una ragione: nei primi otto anni di vita siamo stati etichettati come il giornale delle procure (almeno finché non abbiamo criticato procure), di Di Pietro (almeno finché non abbiamo criticato Di Pietro), di Ingroia (almeno finché non abbiamo criticato Ingroia), e così via per la sinistra radicale, il primo Renzi, gli scissionisti bersaniani e anche per i 5Stelle.
Chi ha svelato che la Raggi aveva dichiarato in ritardo un incarico all’Asl di Civitavecchia, facendola indagare appena eletta sindaco di Roma? Il Fatto. Chi ha rivelato la guerra sotterranea fra sostenitori della Raggi e amici di De Vito durante le primarie del M5S per il Campidoglio? Il Fatto. Chi ha raccontato la strana storia delle polizze di Salvatore Romeo con la Raggi “destinataria” mentre la sindaca era sotto interrogatorio? Il Fatto. Chi ha chiesto le dimissioni della sindaca pentastellata di Quarto per non aver denunciato le pressioni di un suo consigliere comunale? Il Fatto. Chi ha chiesto la cacciata dei parlamentari siciliani M5S che avevano fatto scena muta davanti ai pm dell’inchiesta sulle firme false? Il Fatto. Chi ha criticato l’ostracismo inflitto al sindaco dissidente Pizzarotti, varie espulsioni di grillini dissenzienti con metodi “staliniani” e la pochade delle comunarie di Genova rifatte perché vinte dalla candidata “sbagliata”? Il Fatto. E potremmo continuare. Però quando i 5Stelle fanno o dicono cose che sosteniamo anche noi, glielo riconosciamo volentieri, senza l’ostilità preconcetta dei giornaloni, convinti che il M5S sbagli sempre e comunque, “a prescindere”. Ciò che qualcuno scambia per “grillismo” è l’atteggiamento che il nostro giornale riserva ai 5Stelle, come a tutti gli altri partiti: elogi quando fanno bene, critiche quando fanno male, senza pregiudizi favorevoli né contrari. Se la Meloni, lontanissima dalle nostre idee, fa una giusta battaglia contro le pensioni d’oro, chapeau.
Se il ministro Minniti prova a mettere qualche regola e un po’ d’ordine nella jungla del Mediterraneo, riducendo drasticamente gli imbarchi e gli sbarchi di migranti, e dunque il numero dei morti in mare e il volume d’affari dei trafficanti, chapeau. Se il renziano Richetti presenta una buona legge per eliminare i privilegi dei vitalizi ai parlamentari, chapeau (anche se poi il suo partito quella legge vergognosamente la affossa). Se invece Scalfari vuole intendere che, per essere “grillini”, basta preferire il giovane incensurato Di Maio al decrepito pregiudicato ineleggibile Berlusconi, allora sono grillini la stragrande maggioranza degli italiani, visto che B. – stando agli ultimi sondaggi – è dato al 14-15%. Noi, comunque, la nostra idea su B. ce la siamo formata 23 anni fa, durante il suo primo vergognoso governo, senz’aspettare che ce la suggerissero Grillo o Di Maio. E quando peraltro anche Scalfari, ancora convinto che la questione morale fosse fondamentale in politica, la pensava esattamente come noi (altrimenti non si vedrebbe perché la sua Repubblica abbia così duramente combattuto Craxi e tutti i ladroni di Tangentopoli). Ora invece dice che “la morale e la politica devono restare separate”, senza spiegare perché gli americani Al Capone lo mandarono in galera, anziché alla Casa Bianca. Poi aggiunge che B. è “adeguato alla cosa pubblica perché sotto il suo governo le cose sono andate più o meno come andavano con altri governi”, a parte “il primo governo Prodi che lo superò largamente”. Ohibò: a noi era parso, anche leggendo Scalfari e Repubblica per vent’anni, che i tre governi B. avessero dimostrato che il Caimano è totalmente incompatibile con la vita pubblica, per i suoi conflitti d’interessi esplosi in una serie infinita di leggi-vergogna, alcune ad personam, altre ad aziendas, altre ad partitum, altre ad mafiam. Noi ne abbiamo contate 57 nei 9 anni dei suoi 3 governi: in media, 8 all’anno. Breve riepilogo per gli smemorati.

1. Decreto Biondi (1994). Vieta la custodia cautelare in carcere (trasformata al massimo in arresti domiciliari) per i reati contro la PA e quelli finanziari, comprese corruzione e concussione, proprio mentre alcuni ufficiali della Guardia di Finanza confessano di essere stati corrotti da quattro società Fininvest e sono pronte le richieste di arresto per i manager che hanno pagato le tangenti. Il decreto, oltre a impedire i nuovi arresti, provoca la scarcerazione immediata di 2764 detenuti, dei quali 350 colletti bianchi coinvolti in Tangentopoli (la signora Pierr Poggiolini, l’ex ministro Francesco De Lorenzo e Antonino Cinà, il medico di Riina). Il pool Mani Pulite si scioglie. Le proteste di piazza contro il “Salvaladri” (così chiamato da la Repubblica di Scalfari) inducono la Lega e An a costringere B. a ritirarlo. Subito dopo vengono arrestati Paolo Berlusconi e i manager Fininvest Salvatore Sciascia e Massimo Maria Berruti.

2. Legge Tremonti (1994). Il decreto n. 357 detassa del 50% gli utili reinvestiti dalle imprese, purché riguardino l’acquisto di “beni strumentali nuovi”. La neonata Mediaset lo utilizza per risparmiare 243 miliardi di lire di imposte sull’acquisto di diritti cinematografici per film d’annata: che non sono beni strumentali, ma immateriali, e non sono nuovi, ma vecchi. A sanare l’illegalità interviene il 27 ottobre 1994 una circolare “interpretativa” che estende il concetto di beni strumentali a quelli immateriali e il concetto di beni nuovi a quelli vecchi già usati all’estero.

3. Condono fiscale (1994). Camuffato da “concordato fiscale”, il primo condono Tremonti consente agli evasori di “patteggiare” le liti col fisco pagando una modica multa. Chi ha contenziosi fino a 2 milioni di lire può chiuderli con un obolo di 150 mila. Per le liti da 2 a 20 milioni, si deve versare il 10%. Per quelle ancora superiori, invece, deve ricorrere alla “conciliazione”: sarà il giudice a stabilire la somma dovuta. Poi il concordato viene esteso anche alle società.

4. Condono edilizio (1994). Riapre i termini del famigerato condono Craxi del 1985: si possono sanare, a prezzi stracciati, le opere abusive ultimate entro il 31.12.1993 pagando le vecchie ammende moltiplicate per 2 (per gli abusi pre-1985) o per 3 (per quelli post-1985).

5. Rogatorie (2001). Berlusconi torna a Palazzo Chigi col suo secondo governo e fa subito approvare una legge che cancella le prove giunte dall’estero per rogatoria ai magistrati italiani, comprese quelle che dimostrano le corruzioni dei giudici romani da parte di Cesare Previti&C. La legge 367/2001 stabilisce l’inutilizzabilità di tutti gli atti trasmessi da giudici stranieri che non siano “in originale” o “autenticati” con apposito timbro, che siano giunti via fax, o via email o brevi manu o in fotocopia o con qualche vizio di forma. Anche se l’imputato non ha mai eccepito sulla loro autenticità, vanno cestinati. Poi, per fortuna, i tribunali scoprono che la legge contraddice le convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e le prassi seguite da decenni in tutta Europa. E, siccome quelle prevalgono sulle leggi nazionali, disapplicano la legge, che resterà lettera morta.

6. Falso in bilancio (2002). Avendo cinque processi per falso in bilancio, B. riforma i reati societari: abbassa le pene da 5 a 4 anni per le società quotate e addirittura a 3 per le non quotate (prescrizione più breve, massimo 7 anni e mezzo per le prime e 4 e mezzo per le seconde; e niente più custodia cautelare né intercettazioni); falso in bilancio per le non quotate perseguibile solo a querela del socio o del creditore; depenalizzate alcune fattispecie di reato (come il falso in bilancio presentato alle banche); altissime soglie di impunità (fino al 5% del risultato d’esercizio, all’1% del patrimonio netto, al 10% delle valutazioni). Così tutti i processi al Cavaliere per falso in bilancio vengono cancellati: o perché manca la querela dell’azionista (B. non ha denunciato B.), o perché i falsi non superano le soglie (“il fatto non è più previsto dalla legge come reato”), o perché il reato è ormai estinto grazie alla nuova prescrizione lampo.

7. Mandato di cattura europeo (2001). Unico fra quelli dell’Ue, il governo B. rifiuta di ratificare il “mandato di cattura europeo”, ma solo relativamente ai reati finanziari e contro la Pubblica amministrazione. Secondo Newsweek, il premier “teme di essere arrestato dai giudici spagnoli” per l’inchiesta Telecinco. L’Italia recepirà la norma comunitaria solo nel 2004.

8. Giudice trasferito (2001). Il 31 dicembre, mentre gli italiani festeggiano il Capodanno, il ministro della Giustizia Roberto Castelli, su richiesta dei difensori di Previti, nega contro ogni prassi la proroga in tribunale al giudice Guido Brambilla, membro del collegio che conduce il processo Sme-Ariosto, e dispone la sua “immediata presa di possesso” presso il Tribunale di sorveglianza dov’è stato trasferito da qualche mese, senza poter completare i dibattimenti già avviati. Così il processo Sme dovrebbe ripartire da zero dinanzi a un nuovo collegio. Ma poi interviene il presidente della Corte d’Appello con una nuova “applicazione” di Brambilla in tribunale sino alla fine del 2002.

9. Legge Cirami (2002). I difensori di Previti e B. chiedono alla Cassazione di spostare i loro processi a Brescia perché a Milano l’intero tribunale sarebbe prevenuto contro di loro. E, per oliare meglio il meccanismo, reintroducono la “legittima suspicione” per motivi di ordine pubblico, vigente un tempo, quando i processi scomodi traslocavano nei “porti delle nebbie” per riposarvi in pace. È la legge Cirami. Ma nemmeno questa funziona: la Cassazione respinge la richiesta di trasferire i processi perché il Tribunale di Milano è sereno e imparziale.

10. Patteggiamento allargato (2003). Sfumato il trasloco dei processi, bisogna rallentarli prima che arrivino le sentenze, in attesa di inventare qualcos’altro: ecco dunque nell’estate 2003 la legge sul patteggiamento allargato, che consente a qualunque imputato di chiedere 45 giorni di tempo per valutare se patteggiare o meno, guadagnando tempo fino a dopo le vacanze. B. ormai è salvo grazie al lodo Schifani, ma Previti no. Dunque annuncia che utilizzerà la nuova legge. Così i giudici devono dargli un mese e mezzo per pensare all’eventuale patteggiamento. Poi ovviamente lo esclude, ma intanto i processi sono sospesi fino a ottobre.

11. Lodo Maccanico-Schifani (2003). Le sentenze Sme e Mondadori incombono. Su proposta del senatore della Margherita Antonio Maccanico, il 18 giugno 2003 la Casa delle libertà approva la legge Schifani che sospende sine die i processi ai presidenti della Repubblica, della Camera, del Senato, del Consiglio e della Consulta (il provvedimento contiene anche la legge Boato, trasversale, che vieta ai giudici di utilizzare senza la previa autorizzazione delle Camere le intercettazioni “indirette”, cioè disposte su utenze di privati cittadini, quando questi parlano con parlamentari). I processi a B. si bloccano in attesa che la Consulta esamini le eccezioni di incostituzionalità sollevate dal Tribunale. Poi nel gennaio 2004 la Consulta boccia il “lodo” e le udienze ripartono.

12. Legge ex Cirielli (2005). Approvata il 29.11.2005, si chiama così perché l’ha disconosciuta persino il suo proponente: dimezza i termini di prescrizione per gli incensurati e trasforma in arresti domiciliari la detenzione per gli ultrasettantenni (Previti ha appena compiuto 70 anni e B. sta per compierli). Risultato: le prescrizioni si moltiplicano, da 100 mila a 150 mila processi all’anno; vengono decimati i capi di imputazione del processo Mediaset a B. (la prescrizione per frode fiscale passa da 15 a 7 anni e mezzo) e viene annientato il processo Mills (la corruzione anche giudiziaria si prescrive non più in 15 anni, ma in 10).

13. Condono fiscale (2002). La Finanziaria varata nel dicembre 2002 contiene il condono tombale per gli evasori fiscali. B. giura che non ne faranno uso né lui né le sue aziende. Invece Mediaset ne approfitta per sanare le evasioni di 197 milioni di euro contestate dall’Agenzia delle Entrate pagandone appena 35. Anche B. usa il condono per cancellare con appena 1.800 euro un’evasione di 301 miliardi di lire contestata dai pm di Milano.

14. Condono ai coimputati (2003). Il decreto 143 del 24.6.2003 contiene una presunta “interpretazione autentica” del condono, in cui il governo infila anche chi ha “concorso a commettere i reati”, anche se non ha firmato la dichiarazione fraudolenta. Così B. salva anche i suoi nove coimputati nel processo Mediaset, accusati di averlo aiutato a evadere con fatture false o gonfiate.

15. Legge Pecorella (2006). Salvato dalla prescrizione nel processo Sme grazie alle attenuanti generiche, B. teme che in appello gli vengano revocate, con conseguente condanna. Così il suo avvocato Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia, fa approvare a fine 2005 la legge che abolisce l’appello, ma solo quando lo propone il pm contro assoluzioni o prescrizioni. In caso di condanna in primo grado, invece, l’imputato potrà ancora appellare. Il presidente Ciampi respinge la legge in quanto incostituzionale. B. allunga di un mese la scadenza della legislatura per farla riapprovare tale e quale nel gennaio 2006. Ciampi stavolta è costretto a firmarla. Ma poi la Consulta la boccia in quanto incostituzionale.

16. Legge ad Legam (2005). Dal 1996 la Procura di Verona indaga su una quarantina tra dirigenti politici e attivisti della Lega Nord, accusati di aver organizzato una formazione paramilitare denominata Guardia nazionale padana in camicia verde. Imputati anche Bossi, Maroni, Borghezio, Speroni, Calderoli e altri. Le accuse sono tre: attentato alla Costituzione, attentato all’unità e all’integrità dello Stato, costituzione di una struttura paramilitare fuorilegge. Ma i primi due vengono depenalizzati dal centrodestra con una leggina ad Legam nel 2005, con la scusa di cancellare i “reati di opinione”: gli attentati alla Costituzione e all’unità e all’integrità dello Stato non sono più reato, salvo in caso di uso effettivo della violenza. Resta l’ultimo reato, la costituzione di banda armata a scopo politico, ma a questo – come vedremo – provvederà il governo Berlusconi-3.

(1 – continua)

mercoledì 29 novembre 2017

E questa è Daniela!


mercoledì 29/11/2017
Il male minore è comunque un male

di Daniela Ranieri

Cosa spinge un ultra-novantenne autorevole intellettuale italiano ad auspicare per i nostri giovani un futuro in cui al governo d’Italia c’è per la quarta volta Berlusconi? Stringatamente: il cinismo dell’intellettuale di sinistra antiberlusconiano, già filo craxiano, prima monarchico e poi spinelliano che, non avendo più nulla da perdere, e non volendo ammettere di avere fallito tutte le proprie battaglie, si rifugia nell’estremo riparo del disilluso, il “tanto peggio tanto meglio”.

Ma Scalfari non è solo; trovandosi in quella fase della vita in cui i filtri cadono, ha semplicemente espresso quel che molti si augurano senza avere il coraggio di dirlo. La gran parte della comunità un tempo riunita attorno alle colonne di Repubblica, girotondista e ostile alla sottocultura retriva di B., oggi tace su Renzi, che ha realizzato alla lettera il programma di B., e spara a zero contro “i populisti”, facendo il gioco di B. e della sua corte di nullità dannose, oppure, e chissà se è meglio, di Renzi e della sua corte di dannose nullità. Quando l’unità d’intenti dei due – conservare il potere e spartirselo facendo finta di litigare – è icasticamente rappresentata dalla figura mozartiana di Verdini: incarnazione della Realpolitik più tracotante, Leporello di due spavaldi Don Giovanni della cosa pubblica. A parte gli intellettuali di Libertà e Giustizia, che si sono detti “sbalorditi” dalle parole di Scalfari, e Paolo Flores d’Arcais che su MicroMega le ha definite “indecenti”, nessuno ha fiatato. Non sia mai venire accusati di essere grillini, cioè di non saper usare i congiuntivi, di credere alle scie chimiche e di non voler vaccinare i figli (come ripete pateticamente Renzi, ostinandosi a non voler comprendere le ragioni di milioni di italiani).

Ma perché preferire un incartapecorito e recidivo pregiudicato, delinquente naturale secondo la Cassazione, a un giovane incensurato? O Scalfari sa su Di Maio qualcosa che noi non sappiamo (magari esiste qualcosa di peggio che essere indagati come mandanti delle stragi di mafia senza che nessuno se ne stupisca), o il suo pregiudizio è talmente forte da fargli preferire il gangster di Arcore a chiunque del movimento di Grillo. Ma scegliere il male minore (e B. lo sarebbe solo se competesse con un nazista) è pur sempre scegliere il male.

Il Fondatore non è uno sprovveduto: non ritiene affatto che un personaggio non forse colluso, ma certamente colluso con la mafia (attraverso il pr Dell’Utri, attualmente in carcere per questo) sia meno pericoloso e infangante per l’Italia di un 30enne con la fedina penale pulita. Semplicemente sa che da Di Maio e da chi lo vota lo separa una differenza antropologica incolmabile, un disprezzo tale da superare qualsiasi reticenza a farsela con un lestofante conclamato. Il “sistema” (contro cui lottano con alterne fortune i 5S), B. o Renzi, Franza o Spagna, è quella cosa capace di assicurare a Scalfari e quelli come lui il mantenimento dello status di autorità morale e contestualmente di interlocutore privilegiato dei grand commis e dei padroni delle ferriere d’Italia. Così una persona istruita come lui non ha pudore a propinare la incredibile panzana di B. “argine contro i populismi”, quando proprio B. è stato l’inventore di un populismo svergognato e policromo, dal “meno tasse per tutti” alle Tv regalate ai sudditi come il circo ai romani.

Scalfari ha poi spiegato che la domanda era “paradossale” (chissà perché) e richiedeva una risposta paradossale, tale fintanto non si immagini un tracollo del Pd e un’alleanza necessaria tra B. e Renzi. Allora, quel che prima appariva assurdo appare di colpo a Scalfari reale e dunque razionale, in linea con la sua coscienza, essendo prioritaria la conservazione del potere delle élite di immaginarsi eterne (Scalfari rappresenta quella aristocrazia democratica vicina al popolo fintanto che il popolo vota come dice lei).

Il progressista un tempo credeva nel cambiamento. Scalfari ha creduto nel finto “cambioversismo” di Renzi e nella smargiassata della rottamazione (una specie di Sindrome di Stoccolma che ha colto i più avveduti tra i vecchi saggi). Ha auspicato l’instaurarsi di un’oligarchia, ai cui vertici vede bene gente come Boschi, Lotti, Poletti, Fedeli. Ha votato Sì al referendum più demenziale e pericoloso della Storia (sic transit: da La sera andavamo in via Veneto a Ma anche Pontassieve va bene). Siamo seri: cambiamento sì, ma mica davvero.

Se B. vincerà come crediamo le prossime elezioni, passeremo anni a dare la colpa agli elettori e all’astensionismo. Cioè al popolo a cui sulla carta appartiene la sovranità. La colpa sarà invece di chi ha ideato una legge elettorale fraudolenta per derubare il popolo della sua volontà e di chi, con parole, opere e omissioni, ha concorso a creare un clima tale che B. è potuto sembrare, ai nostri occhi ormai stanchi e ciechi, il male minore.

Uscita


E' uscita in questi giorni la biografia "Mr. Laurel & Mr. Hardy" di John McCabe, l'unica riconosciuta da Stanlio prima di morire. 

La leggerò con somma devozione ai due più grandi comici del pianeta di tutte le ere. 

Intanto mi gusto, assieme a voi, questa foto, meravigliosa.


Travagliati buongiorno!


Fazio che strazio
di Marco Travaglio - 29 novembre 2017 
Per misurare il peso di un politico italiano, basta vedere le domande che gli fanno i giornalisti Rai. Renzi fu omaggiato per tre anni con domandine-assist finché restò il padrone d’Italia. Poi perse il referendum, lasciò il governo e, quando si affacciava in tv, incontrava giornalisti che fino ad allora mai si erano sognati di criticarlo neppure per le giacche e le cravatte, e di botto ne approfittavano per dirgli – fuori tempo massimo – tutto quello che non gli avevano mai detto a Palazzo Chigi. Le loro domande incalzanti, normali in qualunque democrazia, suonavano maramalde in un’Italia disabituata al giornalismo. La stessa cosa era accaduta a B., osannato, incensato e leccato per 17 anni fino alle dimissioni del novembre 2011, e poi preso a pesci in faccia da chiunque passasse per la strada. Da allora persino Bruno Vespa prese a strapazzarlo (a suo modo, si capisce) fino a sembrare qualcosa di simile a un giornalista. Infatti l’altra sera, vedendo Fabio Fazio alle prese con B., ci è venuta un’insana nostalgia per Vespa: forse nemmeno lui sarebbe riuscito a restare silente dinanzi alle enormità dell’anziano Caimano. L’intervista senza domande di Fazio a B. ha riportato alla ribalta l’annosa polemica sugli intrattenitori che intervistano (si fa per dire) i politici al posto dei giornalisti. Ma Fazio ha vinto vari premi giornalistici ed è stato per anni iscritto all’Albo, salvo poi uscirne per poter fare spot. E comunque, affiliato o meno all’Ordine, è un professionista capace ed esperto nel campo dell’informazione, molto più di tanti telegiornalisti doc (altrettanto scarsini in fatto di domande).
Non occorreva la tessera dell’Ordine per muovere a B. le obiezioni che qualunque italiano che abbia vissuto in Italia e non su Marte nell’ultimo quarto di secolo gli avrebbe mosso. Era lo stesso B. a suggerirle appena apriva bocca. Pareva quasi che sfidasse l’intervistatore a sbottare, che lo provocasse per farsi bloccare, che ce la mettesse tutta per farlo scompisciare. Ma Fazio niente, non raccoglieva, lasciava dire e passava oltre. Chissà quanta gente da casa avrà pensato, mentre B. deplorava la piaga dell’evasione fiscale: “Adesso glielo dirà che ha una condanna per frode”. O, quando B. definiva Dell’Utri “prigioniero politico” e “una delle persone migliori al mondo”: “Adesso glielo dirà che è un pregiudicato per mafia”. O, quando B. annunciava una legge per vietare ai parlamentari di cambiare partito: “Gli ricorderà che lui ne ha comprati a carrettate nel ’94, nel 2006 e nel 2010, e ha una condanna prescritta per l’acquisto del senatore De Gregorio alla modica cifra di 2 milioni”.
O, quando B. parlava delle sue conoscenze di “minorenni immigrati”: “Ora gliela farà una battuta su Ruby”. Invece B. gli strappava le obiezioni di bocca e Fazio la teneva ben chiusa. Uno strazio penoso anzitutto per lui, che un tempo, quand’era a Rai3, era un ragazzo simpatico perché non si era ancora gonfiato di milioni (20 all’anno ne spende la Rai per l’originalissimo “format” di Chetempochefa, consistente in un tavolo e alcune sedie occupate da una sfilata di ospiti, quasi tutti per promuovere il libro, il disco o il film), finiva regolarmente nelle liste di proscrizione del centrodestra, anche se non se ne vedeva il perché. Poi però si è fatto furbo, infatti B. gli ha chiesto di tornare presto da lui, tanto bene si è trovato in sua compagnia. Tutto ciò, con la distinzione fra informazione e intrattenimento, non c’entra: anche un addetto alle pulizie avrebbe saputo cosa obiettare alle balle di B. Poi però avrebbe perso il posto. Perché B. è di nuovo potente, anche se la Rai è tutta di Renzi, anzi proprio per questo.
Il 10 maggio 2008, B. era appena tornato al governo per la terza volta, ma non aveva ancora fatto in tempo a riberlusconizzare Viale Mazzini. Quella sera, ospite di Fazio, ricordai i rapporti del neopresidente del Senato, Renato Schifani, con vari soggetti poi condannati per mafia, citando fatti documentati e in gran parte noti (e poi ritenuti veri dal Tribunale di Torino) e aggiungendo una battutaccia sullo scadimento della classe politica. Apriti cielo. Fui attaccato più dal centrosinistra che dal centrodestra e la sera dopo Fabio inscenò, terreo in volto, un imbarazzante autodafé da processo staliniano, o maoista. Prima lesse un comunicato del dg Claudio Cappon (“La Rai si dissocia e manifesta nei confronti del presidente del Senato Schifani la più alta considerazione e rispetto… stigmatizza un comportamento – inaccettabile in qualsiasi programma del Servizio Pubblico – che mette in campo critiche, insulti e diffamazioni senza alcuna possibilità di contraddittorio”). Poi aggiunse: “Questa trasmissione ha sempre cercato di rispettare due principi: totale libertà di espressione a tutti gli ospiti… e non offendere nessuno, tantopiù se assente e dunque impossibilitato a difendersi… Quindi non posso che scusarmi, e a maggior ragione per il rispetto che è dovuto all’istituzione che il presidente Schifani rappresenta… Mi scuso quindi con il pubblico se ieri sera non è avvenuto quanto ho detto… Chiedo scusa…”. Ora naturalmente nessuno chiede a Fazio di scusarsi per le non-domande a B. né per le impudiche bugie che B., grazie a lui, ha rifilato a oltre 2 milioni di telespettatori-elettori. Il contraddittorio, nel servizietto privato dei partiti, si invoca solo quando qualcuno dice qualche verità, non quando si sparano balle a raffica. A meno che l’ospite non sia un politico di opposizione (immaginate quante domande sui processi avrebbe rivolto Fazio a una Raggi o a un’Appendino, accusate non di stragi mafiose, corruzione, frode fiscale ecc., ma di una frase su una nomina e di reati colposi per una disgrazia). È questa l’unica, vera turbativa che falserà le prossime elezioni. Altro che fake news.

Incontri


Mi piace incontrar gente, forse calamito le loro ansie, mi ritengo aperto a conoscenze. Come ieri pomeriggio alla stazione di Piacenza: aspettavo il treno per Parma ed ecco apparire un signore sulla mezza età, straniero, con valigione blu. Mi fa vedere un biglietto scritto male a penna su cui comprendo "Fiorenzuola".
- Si, gli dico, è la stazione successiva in direzione Parma-
- Grazie amico!-
- Hai fatto il biglietto?-
- No, no! Paga Berlusconi!-
-Ma guarda che ti fanno la multa se ne sei sprovvisto!-

Risata e riposizionamento del cappellino che aveva in testa. 
Si siede accanto a me e comincia a raccontarmi di lui: fa l'autista di camion, mi dice anche il nome della società che evito, lo capirete perché, di trascrivere. 

-Sono arrivato oggi da Salerno; 808 Km.-
-Sarai stanco- gli dico- 
-Stanchissimo! Non mi sono mai fermato!- mi risponde.
-Come mai fermato? Non avete le soste obbligatorie?-
Risposta, da conservare indelebile ogniqualvolta superate un tir o frenate vedendone uno dietro di voi : - S'incazzano se mi fermo! Devo tirare dritto, fermarmi pochissimo! E io glielo dico: guardate che dopo 500 km senza fermarmi, non vedo più nulla; guido ma è come se fossi addormentato! Ma loro se ne fregano e mi dicono di non fermarmi per il riposo!-
-Cavolo!- gli dico- ma se ti ferma la polizia?-
-E' un rischio che devo correre se voglio mantenere il posto di lavoro!-
Mi spiega che una volta che arriverà a Fiorenzuola, lo verranno a prendere e lo porteranno su un altro camion che dovrà partire nella notte verso la Spagna; altri mille chilometri! 
-Ma come fai?-
- Non lo so amico- mi dice accorato- devo guidare e stare zitto se voglio guadagnarmi quei pochi spiccioli che mi danno! E fanno tutti così!-
Capito? Prendono autisti della comunità europea, sottopagati, e li obbligano a viaggiare in continuo, senza soste, per la sicurezza loro e nostra che viaggiamo sulle autostrade.

E poi mi spiega che lui è meravigliato da un fatto che ha visto dappertutto nel nostro paese: 
-Ovunque vado a mangiare nelle mense Caritas, vedo italiani. Tanti italiani. E non capisco! Solo in Italia gli italiani dormono sulla banchina (è il suo modo d'intendere il dormire all'addiaccio) e mangiano alle mense Caritas! Dalle altre parti, in Spagna, in Francia, in Germania, tu non vedi gli abitanti del paese dormire in banchina e mangiare alle mense della carità! Ma come fate a permettere una cosa così?-
Lo guardo e non rispondo, vergognandomi. 
E lui di getto: - i vostri nonni hanno fatto le guerre per dare un futuro a voi! E voi non potete mangiare alla Caritas e dormire in banchina!-
In effetti, non dovrebbe accadere. Ma accade. 
Una volta saliti sul treno, dopo qualche minuto arriva il controllore. Lo guardo, lui mi guarda sorridendo e rimanendo impassibile. Faccio vedere il mio biglietto al controllore, mentre lui si gira la visiera del cappello mettendola di lato. 
Il controllore lo salta, passando alla signora seduta a fianco. Ammetto che non ho capito se si sia trattato di culo o di un segnale convenzionale, del tipo "non ho biglietto ma non mi rompere le scatole." 
Prima di scendere mi guarda felice, mi saluta e mi dice "metti in conto a Berlusconi il mio viaggio!"
Sorridendo scende, lasciandomi un pochetto d'amaro in bocca, dovuto al pensiero di aver pagato il biglietto ma soprattutto a quando incontrerò prossimamente un bestione autoarticolato sulle autostrade, guidato da qualcuno magari al volante da più di dieci ore...

martedì 28 novembre 2017

In terra livornese!


Il treno del Bomba è arrivato a Castagneto Carducci (Livorno) e non serve aggiungere altro per gustarsi una scena degna dei grandi toscani!
Clicca per vedere il video

Si, ci ritorno!


Sarò fissato, sarò da abiurare in quanto non degno della civilizzazione, di questa cialtroneria imperante mascherata sociologicamente. Ma ci voglio ritornare sopra, quasi come un abigeo appena uscito di galera che scopre una mandria di bisonti solitaria! 
Ci voglio ritornar sopra per i lamenti delle mie sinapsi, non comprendenti questo voler inculcare regole fuori dalla normalità, del naturale svolgimento degli eventi, compresi gli atmosferici, che da sempre caratterizzano il nostro vivere a queste latitudini. 
Di che parlo? 
Della mia visita, quasi in modalità zoologica, spassosa come quando andavo a Pistoia a vedere i rinoceronti, del famoso quadrilatero della moda milanese; non me ne vogliano gli aficionados,  ma il restar basito difronte ad incongruenze biologiche tanto eclatanti mi pone e mi porranno in avvenire su un piedistallo tutto mio, che condivido con chi ne vorrà fare parte. 
Perché quando fa freddo, la norma impone di coprirsi. Lo sanno i nobili vecchi, ce lo hanno tramandato da generazioni; lo chiedi a chiunque, normodotato o no, trovi in giro e la risposta, proveniente dai limbi della psiche è, e sarà per sempre, la solita, all'unisono: quando fa freddo ci si deve coprire. 
E se dei giullari, dei guitti, dei ricconi assurti a signori della nostra libertà attraverso un opinabile cerchio in cui i malcapitati di turno, che siamo noi, anzi, che sono tutti coloro che sottostanno agli input subliminali dei mercanti del bello, decidono tendenze, molti dovranno adeguarsi a tali insegnamenti illuminati e blaterati, sborsando cifre indegne per una pochezza di materiale evidente, un capestro per molti degli schiavi nascosti in terre alla mercé dello sfruttamento il cui lavoro pagato pochi euro, infangante la stessa umanità, viene trasformato in oro grazie ad una targhetta, a delle iniziali ivi ricamate, ebbene lo ribadisco: costoro fanno il loro gioco egregiamente contando su una moltitudine di allocchi, deviati in questo dalla mercificazione onnivora di tutto quanto c'attornia, estraniandoci dall'essenziale. 

Perché se ci sono quattro gradi non puoi, porcaccia miseria, uscire di casa con i pantaloni a mezz'asta, i piedi nudi dentro a dei mocassini primaverili o a delle ciabatte pelose che i nostri avi utilizzavano per stare davanti al camino! 
No, non puoi, anzi non devi! Ne va del decoro della persona, miseriaccia cane! 
Ed invece non è così: pagano ciabatte da vestaglia anche 500 euro e le indossano senza calze, uscendo alle intemperie a piedi nudi soltanto perché quest'anno pochi hanno deciso così! 
Fatemi scendere! Fatemi scendere! Non voglio più far parte di questo sistema infetto! Non voglio essere mescolato a cotanta cialtroneria neuronale! 
Fatevi un giro, vi prego, attorno a vie celeberrime, Monte Napoleone, della Spiga; girateci, scrutate, osservate anche voi l'acquario sfavillante abitato da inerti respiranti, viventi per ostentare una diversità resa visibile in eccesso, grazie alla casta di appartenenza permettente di non distinguere più l'essenziale dal superfluo, il bello dall'imposto, l'appagante dal risibile. 
Perché se è vero che dentro ad una bella camicia ci si sta bene tutti, avvolti in un pantalone pregiato è un piacere camminarci, è altrettanto giusto e decoroso valutarne il valore, comprensivo di idea, di materiale, di lavorazione, al fine di cercare un limite oltre il quale scatta, deve necessariamente scattare, la certezza della presa per i fondelli, la riduzione di se stessi ad un babbano qualsiasi. 
Non farò nomi di marche, di stilisti. Ma uno zaino, l'ho già postato può costare 3.400 euro? Tremiquattrocentoeuro per uno zaino? Se tu compri uno zaino per tale cifra, entri di diritto nella terra di nessuno ove non esistono più valori quali la dignità, la parsimonia, lo stesso intelletto. 
Una ciabatta a 500 euro? Una cappelliera a 1500? Un paio di scarpe da ginnastica, bianche a 450?
E se passeggi per quelle illustri vie, vedi, con tristezza, tanti troppi indossare quelle scarpe, bianche con impresse le due iniziali dei loro creatori e ti domandi: cazzo ma non avranno freddo ai piedi? 



  
Guardate l'accostamento delle due vie! Mi ha colpito quasi fossero due religioni a contatto, una pregna di adepti amanti il bisso, l'oro, la ricchezza, l'altra... simbolo di moda.
Scherzi a parte: sono due fedi, lontane anni luce, professanti entrambe regole rigide, inapplicate a volte, ma rigide. 
Monte Napoleone pretende un'assoluta adesione alle scelte di pochi, anche nel caso queste contraddicano gli usi secolari già trattati. Dell'altra non occorre credo parlarne ulteriormente. 
In fin dei conti, l'aggirarsi per quelle zone multicolori ha per me una funzione rilassante, di puro divertimento: ho potuto ammirare il possessore della nuova Ferrari parcheggiata in zona vietata, salire in macchina, accenderla ed aspettare, godendo, che molti occhi luccicanti ne ammirassero le fattezze, la perfezione del suono del motore, per una soddisfazione enorme dovuta all'ammirazione. Forse l'ha comprata proprio per questo, il tapino! 
Queste sono le scarpe. Ditemi voi dove sono gli oltre 400 euro di valore.
Ma il momento clou del tour in questo zoo è stato allorché ho incontrato un poveretto, abbronzato perfettamente, impomatato pure, così agghindato: giacca cachemire, camicia, cravatta e guanti. E allora? Aspettate: pantaloni a mezz'asta, mocassini fascianti piedi nudi! 
Fatemi scendere! Ho suonato! Voglio scendere!  


Per la maglia


Oramai lo guardavo come si rimira una scatola di suppostone, mi sedevo davanti alla tv con le stesse emozioni che si possono avere nella sala d'aspetto di un dentista, o in coda all'agenzia delle entrate.
Tutte le volte mi domandavo se quello che faceva Biglia, non lo avrebbe potuto fare anche il mio lavascale settantenne: prendere la palla dal terzino e passarla ad un compagno vicino si e no una ventina di metri. 
Il gioco era così prevedibile che non solo immaginavo dove la palla sarebbe finita, ma potevo mandare avanti la scena con il decoder pur essendo in diretta, anticipando il futuro, caso unico nel calcio mondiale! 
E adesso è arrivato lui, che non sarà un pozzo di scienza, che degli schemi forse non ne ha mai conosciuto l'esistenza; pretende però da tutti una cosa: metterci cuore, polmoni senza riserve, sempre, in ogni match, onorando la maglia. 
Benvenuto davvero Ringhio, cuore rossonero! Mi basta questo per sperare in un futuro che, ahimè, vedo pure politico, dato che potrebbe tornare anche "quell'altro", contando sul fatto che possedere codesta squadra, gli ha sempre donato un 5% buono nei sondaggi... ma non ci voglio pensare! 
Aspetto con ansia le invettive in calabrese, i vaffanculo sparsi in ogni dove, i colpi alla panchina e chissà: pure il record in litigiosità con il capitano strappante fascia senza fatica e pure senza storia!
Viva, naturalmente, i prodotti di Soverato che auspico occludere presto pertugi di riluttanti e ricalcitranti, per il bene dei sacri colori.

lunedì 27 novembre 2017

Apertamente


Premetto che non ho visto la puntata, perché ho deciso di non vederla mai più, egregio dott. Fazio, per una serie di valide, a mio parere, ragioni tra cui evidenzio la sua onnivora arsura monetaria, i batuffoli imbotralcati con cui pone domande agli ospiti e quella faccia da secchione cuccato nei bagni ad abbassarsi le diottrie, che le è tipica. 
Pongo solo un appunto, o meglio un disappunto, basandomi sulle trascrizioni della leccata, ops! Pardon, della sua intervista al Pregiudicato Erotomane, allorché le ha domandato informazioni circa il fratello di latte Marcello Dell’Utri, attualmente in carcere per una condanna definitiva per concorso esterno mafioso. Per rispetto ai troppi morti non avrebbe dovuto, dottor Fazio, lasciare un’autostrada aperta allo scaltro gnomo immorale, il quale ha incensato solennemente il suo personal tramite con Cosa nostra, colui che s’accordò per i pagamenti a protezione delle società dell’inverecondo personaggio seduto davanti a lei, con denti nuovi per l’ennesimo sorriso caimanesco. 
Bibliofilo? Può anche essere e sinceramente non me ne frega una mazza. Lei doveva intervenire ponendo domande imbarazzanti per una stagione imbarazzante; per il nostro imbarazzo a riveder questo losco figuro intrallazzante con la malavita organizzata per i propri porci comodi. 
Dottor Fazio! Mi sono scaricato la sentenza definitiva della corte d’assise su Marcello Dell’Utri e la sto leggendo a piccole dosi, altrimenti non riesco a digerirla, in quanto mi è inspiegabile come questo sodale con Marcello Dell’Utri, che accettò pure il raddoppio della parcella per il quieto vivere imposto da tale Salvatore Riina, le ricorda qualcosa, possa ancora far divertire, avere seguito, sognare un futuro di potere, di governo. E lei avendolo difronte non ha osato chiedergli nulla al riguardo. 
Si vergogni dottor Fabio Fazio! Spero che il suo share scenda a livelli di lezioni universitarie trasmesse alle 3 del mattino, visto la nullità professionale di cui è pregno, essendo oramai esempio di cosa non si debba fare per realizzarsi come buon giornalista libero. Sopratutto libero.

Questo è quanto!


Apparentemente lontani ma desiderosi d’unirsi a nozze quinquennali, una volta terminato il teatrino elettorale, il re sbarbatello Fakenews e l’Utilizzatore Finale di predellini e olgettine spargono smargiassate colossali sul suolo italico promettendo dentiere, 80euro per tutti, pensioni minime raddoppiate e un luminoso avvenire ben sapendo, da navigati chansonnier ed affabulatori immarcescibili, che gli allocchi, imbambolati da GFV, da diatribe tra tronisti e sguattere, da pianti irrorati su teatri sanguinolenti, prolificheranno sempre più, avendo già scordato completamente ere del Puttanesimo e mille giorni al governo con il beneplacito e per il benessere di Confindustria ed associati, annientanti baluardi issati col sangue ed il sudore, vedi articolo 18, per il ritorno della mercificazione e dello schiavismo, mascherati al meglio sotto tavoli leopoldiani e predellini dorati.

Imparate da lui!



Lo strumento utilizzato da Fazio ieri sera per mettere alle corde, nel corso di un’encomiabile intervista al vero sapore di giornalismo d’inchiesta, il Pregiudicato ottantunenne già sovrano al tempo dell’Era del Puttanesimo.

Minzione armata!


Leggete questo articolo, fatelo girare, iscrivetevi all’associazione Abiti Puliti, guardatene i report. Evitate di comprare dagli orchi citati, diffondetene i nomi! L’avessi letto ieri, che ero a Milano, quante urinate nelle vetrine di questi squali avrei fatto! Ma ci ritornerò armato di vescica gonfia!

lunedì 27/11/2017
LA DENUNCIA
Scarpe e abiti, la nuova frontiera della schiavitù è Made in Europa
SALARI SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ E TRATTAMENTO DISUMANO: È QUELLO CHE ACCADE IN MOLTE AZIENDE DELL’EST CHE RIFORNISCONO IL MERCATO ITALIANO, SECONDO IL REPORT DI “ABITI PULITI”

di Patrizia De Rubertis

Senza diritti e sicurezza - Le operaie sono esposte per ore al calore o a sostanze chimiche tossiche -
“Quando ho detto alla mia supervisore che non riuscivamo a respirare perché in fabbrica c’erano più di 30 gradi in fabbrica, lei ha preso il tubo di scarico della macchina e me l’ha puntato in faccia. E m’ha detto ‘Arrangiatevi, c’è un sacco di gente pronta a sostituirvi’. Quando si aprono le porte e le finestre? Solo se arriva dall’Italia un ispettore o un dirigente. E, in quel caso, accendono anche l’aria condizionata”. A parlare è una lavoratrice di una delle tante fabbriche in Serbia che producono vestiti e scarpe destinate al mercato europeo. Operai che, in condizioni lavorative non dignitose e salari ben al di sotto del livello di sussistenza, spesso inferiori a quelli retribuiti in Cina, riforniscono con i loro manufatti grossi marchi come Benetton, Esprit, Geox e Vera Moda. Brand che, quindi, spacciano per nazionali magliette e calzature tutt’altro che Made in Italy, così come emerge dai due rapporti Chance your Shoes e Clean Clothes Camapaign promossi in Italia da Abiti Puliti.

Non è, però, solo la Serbia il paradiso dei bassi salari. La piaga dello sfruttamento colpisce al cuore di tutta Europa: dall’Albania alla Polonia, dalla Georgia alla Romania passando per Ungheria e Ucraina, si lavora in fabbriche che hanno come clienti – viene citato nel rapporto - i grandi marchi italiani, lusso compreso: Armani, Calzedonia, Dolce & Gabbana, Ermenegildo Zegna, Golden Lady, Gucci, H&M, Max Mara, Mango, Prada, Tod’s, Triumph, Versace e Zara.

Basta pensare che molti dei 1,7 milioni lavoratori raggiunge appena la soglia del salario minimo legale, che varia dagli 89 euro in Ucraina ai 374 euro in Slovacchia. Ma il salario dignitoso, quello che permetterebbe a una famiglia di provvedere ai bisogni primari, dovrebbe essere quattro o cinque volte superiore. E in Ucraina, ad esempio, questo vorrebbe dire guadagnare almeno 438 euro al mese.

“Pare evidente che i marchi internazionali stiano approfittando di un sistema foraggiato da bassi salari e importanti incentivi governativi”, spiega Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti. Che aggiunge: “In Serbia, ad esempio, oltre ad ingenti sovvenzioni, le imprese estere ricevono aiuti indiretti come esenzione fiscale fino a per dieci anni, terreni a titolo quasi gratuito, infrastrutture e servizi. E nelle zone franche sono pure esentate dal pagamento delle utenze mentre i lavoratori fanno fatica a pagare le bollette della luce e dell’acqua, in continuo vertiginoso aumento”.

Come è possibile che il Made in Italy sia prodotto tramite questa filiera sporca? Secondo la campagna l’origine del problema risale agli Anni 70, quando un gruppo di governi guidato da quelli tedesco e italiano, stabilì il regime di Traffico di Perfezionamento Passivo in Europa (TPP) verso l’Europa dell’Est. Un regime che permette alle aziende dell’Unione europea di mandare le materie prime in queste fabbriche dell’Est per trasformarle in prodotto finito. Basta poi completare il confezionamento nel paese d’origine del marchio per etichettare la scarpa o l’abito come prodotto interamente in patria.

Gran bel pezzo!


lunedì 27/11/2017
IL PROTAGONISTA
L’ex Cav. illibato: né processi né mafia, solo lo spirito del ‘94

di Daniela Ranieri

Entra impettito come un tacchino e saluta il pubblico agitando i fogli, ormai una specie di coperta di Linus (un giorno capiremo cosa c’è scritto, forse la lista dei farmaci che prende, nel caso i paramedici dovessero fronteggiare un’emergenza in diretta). Un sorriso fisso, tra Siddharta e lo Stregatto. Sedere lì, nel “salotto buono della sinistra”, gli risveglia il fuoco sacro dell’animatore da crociera. “Sono anche io nel settore dello spettacolo. Ero amico di Gassman”. Rieccolo: crooner, attore, intrattenitore. Un’abbronzatura antica egizia, possibile solo se si vive a Haiti o se si è rivestito il soffitto di casa di lampade che emettono radiazioni Uva 18 ore al giorno. Fazio inizia subito a maltrattarlo tipo giornalismo anglosassone (“Esiste davvero il nuovo presidente del Milan?”); non ci eravamo illusi gli facesse domande sui suoi processi, anche perché la trasmissione dura solo 3 ore (forse bastava chiedergli: “Come si sente a non aver ricevuto un avviso di garanzia per rapina e furto di bestiame?”), e prosegue duro: “Cosa voleva fare da bambino?”. Qui B. attacca un racconto sentimentale lunghissimo come quelli dei vecchi che in gioventù ne hanno fatte quanto Carlo in Francia. “Sono passato attraverso la guerra, il papà mi è molto mancato, ha dovuto riparare in Svizzera… Lavoravo in una fattoria”.

Fazio gongola, più pesce lui nell’acqua di quelli nell’acquario; B. è inarrestabile (come sempre): “Io discendevo dalla collina, fino a dove passava il tram che collegava Olgiate con un altro paese, stavo ad aspettare per ore quando mio padre scese mi prese in braccio io continuai a riempirlo di baci…”.

La pubblicità ci salva dal pippone stratosferico; al rientro è peggio: “Parliamo del presente”, fa Fazio. B. si rianima, come Gasperino il carbonaro sotto il getto dell’acqua santa: “Ho un presente molto operoso, sono riuscito ad avere un programma che è un work in progress”. L’aveva detto nel pomeriggio, alla contro-Leopolda organizzata dalla Gelmini, dove aveva pure millantato di una sua “università” (forse è quella liberale locata a Villa Gernetto, in Brianza: i lavori sono in corso dal 2007) e di suoi personali sondaggi: “Ho incontrato italiani che disgustati da questi politici hanno deciso di non andare a votare”.

È vero che siamo un popolo di psicopatici, ma è quasi incredibile. Infatti: “Non teme che la riproposizione degli stessi politici spinga la gente a votare i Cinque Stelle?” Macché. “I 5S nella vita non hanno mai fatto niente”, manco una compravendita di senatori, una froderella fiscale, una corruzione di giudici. “Noi abbiamo avuto contro il capo dello Stato”, quello che lui è andato a pregare di ricandidarsi.

Parla lento, impastato. Ma i betabloccanti nulla possono contro la verve: “Che penso di Scalfari? La vecchiaia rende più saggi”. Si liscia Mario Draghi: “Io vinsi la battaglia per portare il nostro Draghi alla Bce” (niente più complotti orditi da Trichet-Draghi ai suoi danni). “Noi siamo già al 38%”.

Sempre nel pomeriggio gli era scappato un “in questa legislazione”, voleva dire legislatura; e un “Stasera sono da Fazio a Che tempo fa”, che sarebbe il meteo, ma vabbé.

“Nel 2013 feci la campagna di 23 giorni, aggiunsi 10 punti. Oggi siamo al 16…”. “Lei ha una memoria prodigiosa!”, fa Fazio in trance devozionale (40 milioni spesi bene). A un certo punto gli scappa: E Dell’Utri?”. “Dell’Utri è il bibliofilo numero uno in Italia ed è in carcere in seguito a un processo politico”, tipo Gramsci. Fazio annuisce. B. continua: “Questa storia me la ricordo al mattino al pomeriggio alla notte” (ti credo, dopo le parole di Graviano e la riapertura delle indagini per le stragi del ‘93). Chissà per cosa è in carcere, Marcello.

E i parlamentari? “Disgustoso che cambino partito”, e soprattutto che lo facciano gratis, non come De Gregorio. E le tasse? “I soldi si prendono perché con la fiat fax ci sarà meno evasione”, dice l’evasore più bravo d’Italia.

Chiude contro lo Ius soli: “Abbiamo avuto esperienze conoscitive di minori migranti” (una si chiamava Ruby Rubacuori, e in effetti quella volta non è finita tanto bene).

domenica 26 novembre 2017

Affarone milanese!



Per la concezione che ho dello zaino, credo che questo oggettino di Louis Vuitton faccia al caso mio! Anche il prezzo è perfetto e adeguato ad uno zaino: solo 3400 euro! Ne ho comprati cinque! Quando mi ricapita un affarone così?

È la moda!



Se non fossi stato nel dorato mondo del triangolo della moda milanese, avrei pensato che a questi due baldi giovani fosse capitato:
A) Un assestamento della casa con relativo boato strutturale che gli abbia indotti a scappare frettolosamente senza potersi neppure cambiare d’abito.

B)Una mastodontica perdita d’acqua dovuta alla rottura di un tubo principale, trasformante il tinello in un calle veneziano. 

P.S. Ogni tanto mi fermavo e mi tiravo su i pantaloni perché a Milano usa cosi! Ho visto un poveretto in giacca e camicia con i guanti, i pantaloni a lutto, a mezz’asta, e i mocassini senza calze! Poveretto!

Dixit


“Quando l’ombra del telaio si disegnò sulle tendine era tra le sette e le otto del mattino, e fui di nuovo dentro il tempo, sentendo il ticchettio dell’orologio. Era quello del nonno e quando me lo diede il babbo disse: Quentin, eccoti il mausoleo di ogni speranza e desiderio. Non te lo do perché tu possa ricordarti del tempo, ma perché ogni tanto tu possa dimenticarlo per un attimo e non sprecare tutto il fiato nel tentativo di vincerlo. Perché, disse, le battaglie non si vincono mai. Non si combattono nemmeno. L’uomo scopre, sul campo, solo la sua follia e disperazione, e la vittoria è un’illusione dei filosofi e degli stolti.”
(L’urlo e il furore - William Faulkner)

Coraggio alla Achab



L'incarnazione delle fake news, la fonte di ogni smargiassata, il circo equestre vivente, ha avuto la sfrontatezza di denunciare davanti alla platea di Leopolda 8, un possibile piano destabilizzante operato da chissà chi per cercare consensi, lanciando in aere bufale colossali spacciate per verità.
Quale coraggio sminuente persino quello leggendario di capitan Achab!
Lui, proprio lui s'è avventurato in detta sbertucciata, nell'eclatante, quasi goliardica, affermazione necessitante un epico, roboante "senti chi parla!"
Ricorda lo smemorato di Rignano che tutte le reti della tv pubblica sono al suo servizio? Che professionisti seri sono stati allontanati, pur con share alti, solo perché non sottostavano al diktat toscano di produrre notizie alterate per il bene comune, quello del giglio magico? 
Gabanelli, Floris, Giannini, Giletti han dovuto cambiare casacca, caro Fake-segretario, solo perché dicevano verità scomode per la vostra baracca oramai in estinzione, per fortuna! 
Con che coraggio continui dunque ad importunare il vero, il bello, l'animosità democratica, con queste invereconde sceneggiate circensi? 
Leopolda 8 è stata sfanculata praticamente da tutti gli importanti e sinistri pensatori attualmente in auge dalle nostre parti; l'alta presenza di giovani invece ci sconforta oltremodo, temendo per loro il peggio, visto che a contatto con l'Immoto travestito da rottamatore non potranno che apprendere nozioni lontane anni luce dalla democrazia, tra cui segnalo l'agire pubblico avente come unico obbiettivo la gratificazione personale, sano viatico per una riconferma a vita nella reggia della casta immarcescibile. 
La fobia di perdere consensi e potere, porta certi saltimbanchi a stravolgere la realtà, facendoli apparire come innovatori leali ed integerrimi, agli occhi, purtroppo, dei troppi allocchi ancora in circolazione. 
Aver fatto una legge elettorale capestro, denigrante la libertà di voto, ed averla spacciata per un esempio di lealtà, è una delle più grosse fake news mai prodotte dal pensiero umano!

Raccontare in giro che la lotta all'evasione stia producendo frutti insperati è una palla colossale, in quanto i soliti noti, gli amici degli amici, oltre ad aver cuccato prestiti dalle banche che non restituiranno mai, le famose sofferenze bancarie, proseguono nel vergognoso slalom evitante doveri fiscali e producenti aliquote altissime, generanti vere rapine nei confronti di chi, sentendosi anche coglione, paga i balzelli alla fonte. 
Nascondere scandali, come banca Etruria, Consip, rappresenta un tentativo di occultare notizie che in molte altre nazioni rappresenterebbero invece l'occasione sana per far pulizia nei meandri del potere, al fine di ripartire con una maggiore spinta democratica, per il bene della collettività. 
E quel pupazzo sbarcato dal treno degli Epiteti ci viene a raccontare del rischio organizzato delle fake news! 
Ci tratta da babbei, fingendo acrimonia, dialettica infuocata, voglia di scontro politico nei confronti del vecchietto erotomane rimesso a nuovo da maghi e fattucchiere, con l'optional della dentiera ipermoderna, come se non sapessimo che una volta votato regnerà con lui su queste macerie ancora fumanti, per lo sciacallaggio continuo, perpetrato da decenni in questa martoriata nazione! 
Se non è una fake news questa! 

Triste rimirar


Guardando servizi fotografici di uomini o donne di sport, a volte penso a quanto siano stati sfigati i componenti il mio apparato muscolare; che penseranno il deltoide, il bicipite, la fascia addominale, accessoriate al mio imbolsito fisico? A volte ho la sensazione che prima o poi qualcuno di loro mi denuncerà per stalking, vista l'inoperosità latente inflittagli da un adiposo come me. 
Li immagino con un giornale in mano a contare le ore, stufi di non far nulla da decenni, impegnati a guardare lo sforzo di altri componenti, fegato, stomaco, intestino ad esempio. Alcuni di essi, che so: il brachiale flettente l'avambraccio, i tricipiti, i quadricipiti, vivono nella quasi assoluta e noiosa immobilità smagrendo a vista d'occhio e sognando corpi di sciatori, di cultori dell'atletica, di nuotatori, di rugbisti in cui sarebbero stati messi in grado di realizzarsi. 
Quelli della fascia addominale invece a parer mio sono tanto rilassati da restare tutto il giorno sdraiati ed immersi nella cotenna, comprensiva di epiche maniglie e di un giro vita imbarazzante, tanto da sospettarne un flirt amoroso, sorto per l'epica inoperosità motoria del sottoscritto. 
Mi spiace immaginarli così, di averli ridotti ad essere bersaglio di sfottò da parte di colleghi più fortunati impiantati dentro a patiti di footing, di nuotate, di palestre. 
Le poche volte che prendo un'iniziativa con parvenza motoria,  avverto un'irrefrenabile stupore pervadente ogni tessuto, ogni organo; percepisco dall'assenza di risposta immediata all'impulso di contrarsi partito dalla cervice, una loro impreparazione colossale all'evento, con una successiva e stranita messa in movimento di chi da tempo immemore ne era stato privato, un coro di meraviglia generale, uno scricchiolio facente però presagire il peggio. 
Deltoidi con le estremità poggiate sul tavolo, intenti a rimirar paesaggi o ad interloquire del più e del meno con il perennemente sbuffante apparato digestivo, levarsi shoccati il pigiama di flanella per iniziare a contrarsi, tra ruggini e tarme! Poveretti! Domando loro scusa, promettendogli maggior movimento nei prossimi mesi, eccezion fatta però per il prossimo, ahimè effluvio gastronomico per eccellenza!  

sabato 25 novembre 2017

Tranquilla non me ne sono dimenticato!


Il nobile tema del primo incontro delle donne ministre delle pari opportunità, si è svolto a Taormina il 15 e 16 novembre scorsi. 
Al di là delle tematiche serie che speriamo abbiano seguito nei vari paesi partecipanti, compreso il nostro, evidenzio a mio parere una pruriginosa voglia d'apparire della nostra sottosegretaria Bella Etruriana, da sempre smaniante di visibilità.
Già al G7 dei capi di stato si era intrufolata ad arte 


se pur soltanto alla sera durante il concerto nell'anfiteatro. 
Ed ecco ora invece dirigere finalmente un incontro internazionale sulle pari opportunità! 


Chissà che gioia avrà assaggiato in un momento storico, anche se sottotono, come questo. 
Perché la nostra è ossessionata dall'esserci, dalla visibilità, dalla voglia abnorme di potere. 


Ripeto: il tema era nobile ma l'ego dell'Etruriana, a mio parere, l'ha offuscato un pochetto. 
La seguo sempre sottosegretaria! Stia serena...

venerdì 24 novembre 2017

Resistenza


Anche se mi è apparsa questa mattina la loro dea, vestita di un abito luccicante, con piccoli barattolini dorati ovunque, un mantello sponsorizzato, un viso gioviale ed intrigante, uno scettro tutto costellato di scontrini, si era proprio lei: la dea Shoppante la beneamata dal commercio e insufflante l'acquisto di ogni cianfrusaglia venduta subliminalmente come fosse indispensabile al proseguimento dell'esistenza sul pianeta, nonostante tutto questo ho resistito, o meglio, sto resistendo a questo cavolo di Black Friday ove tutto si sta trasformando in impellente, indispensabile quasi come la bombola d'ossigeno per un portatore d'enfisema. 
Resisterò "slalomando" tra gli inviti estasiati di dolci voci femminili arrivanti dall'etere, stranite per il fatto che ancora non mi sia deciso all'acquisto di frullatore, spazzola, rasoio, abito, scarpa, ritrovato tecnologico, marsupio e via andare. 
Resisterò perché non voglio darla vinta a "lor signori" i quali credono che non si sappia in giro che gli sconti incredibili sono rivolti solo ad avanzi di magazzino, ad obsolete cianfrusaglierie ammassate in lugubri magazzini. 
Certo è dura: ad ogni oggetto visionato scatta l'emozione della parte di me dedita al cazzeggio compulsivo, trasformate uno zaino monospalla in un articolo decretante la mia sopravvivenza quaggiù, così potente da indirizzare le dita sul mouse verso il tempio di Amazon ove tutto appare necessario, ove il sostentamento alimentare quotidiano viene surclassato dalla radiosveglia o dalla macchina fotografica con autozoom. 
Resisterò, credo, per non darla vinta a chi crede che per salvare la patria occorra moltiplicare gli oggetti già posseduti, perché il pil dicono si alza solo nel caso che possegga due tv, tre cellulari, svariati piumini, infinite camice, innumerevoli scarpe. 
Resisterò per non sottostare a mode dal sapore "amerigano" malefici inspiratori di necessaria trasformazione di chiunque in possidente di chincaglieria, già obsoleta una volta strisciata la carta, vedi il mondo da me tanto amato Apple, dove ogni sei mesi quello che hai appena comprato, si trasforma in reperto museale. 
Resisterò a tutti questi vigliacchi che campano egregiamente sulle mie debolezze eclatanti, sulle mie cadute consumistiche, sul mio onnivoro, brutale e compulsivo accanimento spendaccione, volano per un'economia tossica, sviante da principi e valori, conducente all'imbolsimento delle mie già miserrime sinapsi.
Resisterò e già che ci siamo: fuck off black friday      

Confronto


Al confronto i testimoni di Geova suonanti alla domenica mattina sembrano dei festosi mariachi!

Lettera aperta



Egregia Presidente Boldrini
leggo sempre con interesse le sue prese di posizione riguardo a tematiche inerenti la deprecabile violenza sulle donne, in special modo ora che ha organizzato a Montecitorio un incontro in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione di questa becera tipologia di violenza.
Oltre ad esprimerle la mia totale adesione in merito, mi spiace però portarle alla sua attenzione un fatto, incredibile, che a sua volta ritengo una violenza su me stesso, generante una sensazione che, mi scusi per l'eufemismo, definirei di presa per i fondelli. 
Leggo su Repubblica che dal primo gennaio 2018 salteranno i tetti agli stipendi dei dipendenti di Camera e Senato; si potrà insomma ri-sforare il famoso tetto di 240mila euro annui lordi, cifra che ci avete presentato come una catastrofe umanitaria sulle vostre illustri cervici, quasi sfioranti il relativo accattonaggio per sopperire alle cocenti necessità, e che a guardar bene, tolte le tasse, quantificano invece uno stipendio netto mensile di oltre 10mila euro. Non a tutti chiaramente; tale cifra viene percepita da coloro che essendo al termine della carriera, ottengono il massimo degli scatti di anzianità; ma il vanificare di una restrizione, seppur minima, nei guadagni di cotanta classe privilegiata, stride molto con il mondo, non di mezzo, ma normale che vive e vegeta, sacrificandosi all'estremo, attorno a voi.  
L'apprendere che negli ultimi tre anni abbiate risparmiato circa 24milioni alla Camera e 18 a Palazzo Madama, sicuramente ci conforta, anche perché lo scialacquio dalle vostre parti, aveva raggiunto livelli indecorosi ed indecenti. 
I livelli remunerativi che l'anzianità porta ad acchiappare alla faccia nostra torneranno dunque in auge, grazie ai ricorsi dei solerti dipendenti e all'inefficacia di molti abitanti questi simboli imperituri di casta della, mi scusi, peggiore specie. 
Purtroppo, informate così la plebe, ci sono delle regole che non permettono il perdurare di questi tagli, regole pensate ed introdotte da chi vive in quei lussi e bissi ricordanti il non troppo lontano Vaticano. 
Pertanto Presidente Boldrini le esterno in merito la mia personale protesta, mista ad una sensazione di inutilità, d'impossibilità a sperare in un paese migliore, ad una classe politica, ad operatori del burocratese, viventi da decenni sopra le righe del buonsenso e del buoncostume. 
Le ripeto, ritengo tutto ciò una violenza perpetrata nei confronti di chi paga balzelli, assistendo a sceneggiate, a smargiassate di questo genere. 
Senza stima la saluto, sperando pure in una futura giornata dedicata alle vittime di questi subdoli e subliminali soprusi.  

giovedì 23 novembre 2017

L'Amaca di Michele Serra


L'AMACA
La scelta tra l'orrore e il mediocre
DI MICHELE SERRA
A differenza del padre fondatore, tra Berlusconi e Di Maio sceglierei Di Maio. (La terza opzione, tra i due, è la cicuta, ma non so dove si compera). La scelta è tra l'antico e risaputo orrore del demagogo miliardario che ha cercato di smantellare, in parte riuscendoci, la Repubblica, la sua etica e la sua identità, con l'aiutino di qualche episodio di corruzione economica e morale; e il nuovo, inedito spavento di essere governati dal Partito dei Mediocri, dei quali Di Maio è il capo più rappresentativo.
I Mediocri ritengono di essere gli Esclusi: e in parte lo sono veramente. Del loro livore e della loro ignoranza ho ovviamente paura - non certo per me, che sono vecchio e felice, ma per i miei figli - però qualche centesimo potrei anche scommetterlo, sull'asino che vola; mai e poi mai su Silvio Berlusconi. La Casaleggio associati e tutto il delirante accrocco di devoti mi spaventa: ma quello che ha fatto Mediaset agli italiani, ce lo siamo già dimenticato? E Berlusconi che promise "entro tre anni sconfiggeremo il cancro", è meglio o peggio del Casaleggio che pronosticava all'umanità un futuro interstellare? Sarà il gioco di società dei prossimi mesi. Tipo: preferisci morire annegato o bruciato vivo? Tanto vale farlo da subito, e a carte scoperte. Chissà che da questa discussione non rinasca perfino qualcosa di sinistra.