lunedì 28 agosto 2017

Nel contatto


Ieri sera mentre stavo accompagnando mia moglie al treno alla stazione di S.Stefano Magra, un giovane di colore mi si è avvicinato chiedendomi se sapevo a che ora partisse il primo treno per La Spezia. L'ho portato vicino al visore riepilogante le partenze e gli ho comunicato che il primo treno per La Spezia era previsto alle 22:38. Erano le 20:20 e la faccia quasi disperata del ragazzo mi ha subitaneamente portato ad offrigli un passaggio, subito accettato con gioia. 
Parlando in macchina nel breve tragitto mi ha detto di chiamarsi Gabriel e di provenire dalla Costa d'Avorio. 
Avrà avuto non più di 25 anni. Gli ho domandato come avesse fatto ad arrivare sin qui e, in quel momento, ho toccato con mano anzi, con il cuore, l'immensa fatica, l'agghiacciante storia simili alle altre migliaia che oramai non fanno più notizia, suscitando sentimenti razzisti in molti di noi.
Il viaggio di Gabriel è durato sei mesi. Ha lasciato casa sua dove viveva con mamma e sorella più piccola, il padre è morto quando lui era piccolo. Ha attraversato il Burkina Faso, la Nigeria e la Libia dentro a furgoni stipati all'inverosimile. In Libia ha atteso per due mesi vivendo in una baracca, senza servizi e patendo la fame. Poi ha intrapreso il viaggio della morte verso una vita pregna di morte, sbarcando a Lampedusa. Ha visto morire tanti suoi compagni di viaggio. Attualmente vive a Carrara e da un anno a questa parte passa le giornate a cercare lavoro. Dice di essere un meccanico e di sperare in ogni momento di trovare un'occupazione che gli permetta di vivere in serenità, progettando anche di formare una famiglia. 
Da parte mia gli ho illustrato la fatica che fanno molti giovani italiani nel trovare lavoro e che quindi il suo sforzo sarà esponenzialmente più grande. Ad un certo punto ho quasi chiesto scusa per il clima arroventato che ha trovato in Italia, con quell'idea sempre più avvolgente che scaturisce da un'avversione mediatica trasformante molti locali in razzisti. Non eravamo così Gabriel! gli ho detto. Lui ha annuito, confermando la sensazione mortifera che quotidianamente avverte. 
Non siamo mai stati così! Pensa che anche noi in un lontano passato siamo emigrati per cercare la dignità e, memori di quel passato, siamo stati per molto tempo accoglienti. 
Ma ora vari elementi contingenti stanno alterando il pensiero comune, svergognando i nostri comuni valori. 
Gabriel mi ha guardato mentre scendeva. Mi ha stretto la mano e, per la prima volta da chissà quanto tempo, ha ringraziato per un gesto semplice qual è un passaggio, ma illuminante un pertugio di speranza nel suo cuore, di viaggiatore proveniente dal regno del terrore, alla ricerca della dignità umana. 

Nessun commento:

Posta un commento