Tanto per non farsi mancare nulla. Un articolo illuminante di Giuliano Foschini, ieri su Repubblica, che ci spiega perfettamente parte della spelonca di briganti attorno alle Ferrovie Sud-Est, ove il 13 giugno si è verificato l'ennesimo incidente causato da errore umano, un segnale rosso disatteso. Mentre altri si lustrano i galloni pensando all'alta velocità. L'unica velocità supersonica a loro destinata è il vaffanculo.
IL RETROSCENA / L’AZIENDA NEL MIRINO DEI PM
Consulenze e sprechi così sono stati bruciati più di 400 milioni
Consulenze e sprechi così sono stati bruciati più di 400 milioni
GIULIANO FOSCHINI
SI viaggia su binario unico. O, come è accaduto fino allo scorso anno ai turisti arrivati da tutto il mondo, su carrozze anni ‘60 riesumate perché i nuovi treni comprati dalla Polonia, pagati venti volte il prezzo di mercato, non erano in grado di marciare. L’incidente ferroviario accaduto ieri a Lecce non è un caso. Ma l’inevitabile effetto di una storia italiana: una società statale munta per decenni da manager e politici. Che, invece di investire su sviluppo e sicurezza, ha ingrassato le tasche di amici e consulenti. Risultato: 410 milioni di euro di buco, libri contabili in tribunale, un’indagine per bancarotta fraudolenta, e i pendolari che nel migliore dei casi sono condannati all’incertezza. Nel peggiore, come ieri, finiscono in ospedale.
Le Ferrovie Sud-Est sono le più grandi ferrovie concesse d’Italia: 474 chilometri di linea, 470 delle quali a binario unico. Il socio unico è da qualche mese Ferrovie dello Stato, intervenuto per mettere una pezza al grande buco della gestione precedente. Le Sud Est erano gestite da un management scelto dal Ministero dei trasporti. E, in particolare, negli ultimi 23 da un signore, Luigi Fiorillo, amico della destra e della sinistra. I bilanci del suo lavoro sono scolpiti da un report di PricewaterhouseCoopers: un debito al 12 gennaio 2017 pari a 268 milioni d, un passivo patrimoniale totale di 430 milioni e un patrimonio netto contabile negativo per 217. Ma dove sono finiti questi soldi? È la domanda che si pone la procura di Bari che, dopo aver dimenticato per anni l’indagine sui treni d’oro comprati dalla Polonia (passati da 900mila a 20 milioni di euro) e raccontata da Repubblica a ottobre del 2014, ha compiuto negli ultimi mesi sequestri per decine di milioni di euro e ora ha in piedi un nuovo fascicolo, coordinato dal pm Francesco Bretone, per bancarotta fraudolenta. Gli indagati sono una ventina, tra cui appunto Fiorillo. Dai calcoli effettuati dal nucleo di Polizia tributaria della Finanza di Bari il manager (difeso dall’avvocato e parlamentare Pd, Federico Massa) ha incassato negli ultimi 11 anni compensi lordi per 13,75 milioni. Dieci gliene erano stati sequestrati dalla Corte dei Conti, per poi però essere sbloccati perché, è stato stabilito, le Sud-Est, pur avendo capitale pubblico, sono soggette alle regole del diritto privato.
C’è poi il tema delle consulenze: quasi 50 milioni secondo il calcolo fatto dai commissari nominati dal governo Renzi, sarebbero «contestabili». Come raccontano in “Niente treni la domenica” — libro dei giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno Massimiliano Scagliarini e Giovanni Longo — il recordman delle consulenze è Angelo Schiano, avvocato romano: vanta crediti per 14,9 milioni di euro dopo averne già incassati negli anni oltre 10. Al secondo posto lo studio legale barese Riccardi, con 5,4 milioni. Poi le società di informatica dei romani Ferdinando e Eugenio Bitonte, padre e figlio, entrambi indagati: Bit (4,9 milioni), Centro Calcolo (3,5 milioni) ed Eltel (1 milione), con prezzi, secondo la procura, assolutamente fuori mercato. Non è ancora chiaro, invece, cosa abbia fatto la Eade, una società di informatica (4,3 milioni). Chiede 2 milioni l’architetto Domenico Massimeo, che ha progettato un’opera mai realizzato e 1,8 l’ingegnere Sandro Simoncini. La famiglia Cezze di Maglie, provincia di Lecce, è in credito di 5 milioni. Ma tra chi ha lavorato per le Sud-Est risulta anche l’ex presidente della provincia di Bari, l’avvocato Marcello Vernola o l’ex consigliere regionale Fabrizio Camilli. «Uno scandalo» tuona oggi il governatore pugliese, Michele Emiliano, che sostiene di aver stanziato per la sicurezza delle Sud-Est 36 milioni mai spesi.
«Soldi non gliene darò mai. Finché ci starò io qua quelli non prenderanno mai una lira», diceva a giugno 2014, secondo alcuni imprenditori intercettati dai carabinieri del Ros, l’allora potentissimo dirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza. Era «infuriato» perché invece di contattare lui, gli imprenditori erano «passati» dal sottosegretario Basso Del Caro. Parlava proprio del tratto di ferrovia dove ieri è avvenuto l’incidente.
Le Ferrovie Sud-Est sono le più grandi ferrovie concesse d’Italia: 474 chilometri di linea, 470 delle quali a binario unico. Il socio unico è da qualche mese Ferrovie dello Stato, intervenuto per mettere una pezza al grande buco della gestione precedente. Le Sud Est erano gestite da un management scelto dal Ministero dei trasporti. E, in particolare, negli ultimi 23 da un signore, Luigi Fiorillo, amico della destra e della sinistra. I bilanci del suo lavoro sono scolpiti da un report di PricewaterhouseCoopers: un debito al 12 gennaio 2017 pari a 268 milioni d, un passivo patrimoniale totale di 430 milioni e un patrimonio netto contabile negativo per 217. Ma dove sono finiti questi soldi? È la domanda che si pone la procura di Bari che, dopo aver dimenticato per anni l’indagine sui treni d’oro comprati dalla Polonia (passati da 900mila a 20 milioni di euro) e raccontata da Repubblica a ottobre del 2014, ha compiuto negli ultimi mesi sequestri per decine di milioni di euro e ora ha in piedi un nuovo fascicolo, coordinato dal pm Francesco Bretone, per bancarotta fraudolenta. Gli indagati sono una ventina, tra cui appunto Fiorillo. Dai calcoli effettuati dal nucleo di Polizia tributaria della Finanza di Bari il manager (difeso dall’avvocato e parlamentare Pd, Federico Massa) ha incassato negli ultimi 11 anni compensi lordi per 13,75 milioni. Dieci gliene erano stati sequestrati dalla Corte dei Conti, per poi però essere sbloccati perché, è stato stabilito, le Sud-Est, pur avendo capitale pubblico, sono soggette alle regole del diritto privato.
C’è poi il tema delle consulenze: quasi 50 milioni secondo il calcolo fatto dai commissari nominati dal governo Renzi, sarebbero «contestabili». Come raccontano in “Niente treni la domenica” — libro dei giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno Massimiliano Scagliarini e Giovanni Longo — il recordman delle consulenze è Angelo Schiano, avvocato romano: vanta crediti per 14,9 milioni di euro dopo averne già incassati negli anni oltre 10. Al secondo posto lo studio legale barese Riccardi, con 5,4 milioni. Poi le società di informatica dei romani Ferdinando e Eugenio Bitonte, padre e figlio, entrambi indagati: Bit (4,9 milioni), Centro Calcolo (3,5 milioni) ed Eltel (1 milione), con prezzi, secondo la procura, assolutamente fuori mercato. Non è ancora chiaro, invece, cosa abbia fatto la Eade, una società di informatica (4,3 milioni). Chiede 2 milioni l’architetto Domenico Massimeo, che ha progettato un’opera mai realizzato e 1,8 l’ingegnere Sandro Simoncini. La famiglia Cezze di Maglie, provincia di Lecce, è in credito di 5 milioni. Ma tra chi ha lavorato per le Sud-Est risulta anche l’ex presidente della provincia di Bari, l’avvocato Marcello Vernola o l’ex consigliere regionale Fabrizio Camilli. «Uno scandalo» tuona oggi il governatore pugliese, Michele Emiliano, che sostiene di aver stanziato per la sicurezza delle Sud-Est 36 milioni mai spesi.
«Soldi non gliene darò mai. Finché ci starò io qua quelli non prenderanno mai una lira», diceva a giugno 2014, secondo alcuni imprenditori intercettati dai carabinieri del Ros, l’allora potentissimo dirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza. Era «infuriato» perché invece di contattare lui, gli imprenditori erano «passati» dal sottosegretario Basso Del Caro. Parlava proprio del tratto di ferrovia dove ieri è avvenuto l’incidente.
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