sabato 27 agosto 2016

Da memorizzare


sabato 27/08/2016
Il convitato di cemento
di Marco Travaglio

Nella caccia al colpevole scatenata dall’ennesimo terremoto, c’è chi punta il dito sui governi nazionali che non investono in prevenzione, sui legislatori che fabbricano norme farraginose e contraddittorie, quelle degli amministratori locali che le ignorano o non approntano piani di emergenza sismica o non spendono i sia pur scarsi fondi per la messa a norma degli edifici pubblici. È il solito “piove, governo ladro”, che va sempre sul sicuro. Parafrasando l’antico adagio cinese, “quando ti crolla la casa, picchia un politico: tu non sai perché, ma lui sì”. Però prendersela coi soli politici non basta, come non basta ricordare le colpe dei troppi cittadini che se ne infischiano dei pericoli incombenti e continuano ad abitare e a edificare, magari abusivamente, sui greti dei fiumi, alle pendici dei vulcani, o con materiali scadenti per risparmiare qualche euro, salvo poi strillare contro lo Stato assente quando la casa crolla. C’è sempre un convitato di pietra, anzi di cemento, quando si apre il capitolo delle colpe: l’imprenditore. Cioè il costruttore. Se almeno i politici, a ogni funerale, si battono il petto per evitare il linciaggio e promettono qualcosa che poi non manterranno, dalla Confindustria e dall’Ance (l’associazione dei costruttori) non si leva mai uno straccio di autocritica. Eppure non c’è terremoto, alluvione, frana e catastrofe che non si porti dietro uno strascico di processi penali contro questa o quell’impresa che ha costruito male, con la sabbia o sulla sabbia, magari per aumentare gli utili o per ritagliarsi il costo delle tangenti pagate per truccare la gara. Nessuno meglio dei costruttori conosce le norme antisismiche da seguire nei lavori. Eppure quelli che davvero le osservano sono un’infima minoranza. I più la fanno franca, perché poi nulla accade e l’edificio resta in piedi con lo sputo. Ma qualche volta, una volta ogni 7-8 anni, la terra trema: e lì casca l’asino, cioè la casa. I monumenti medievali e persino i ponti romani restano su, le costruzioni recenti vengono giù. La scuola Romolo Capranica di Amatrice, che aiuteremo a risorgere con la sottoscrizione tra i nostri lettori e amici, era stata resa antisismica nel 2012 con tre mesi di lavori costati 511 mila euro di fondi statali (contro i 200 mila previsti dall’accordo di programma). Ora è un cumulo di macerie, quattro anni dopo la “messa in sicurezza”. Fortuna che il sisma è arrivato d’estate e di notte, a scuola chiusa. Altrimenti avrebbe aggiunto strage alla strage. Ma ora 700 studenti non sanno dove riprenderà il loro anno scolastico.

Ai quattro abitanti della casa sotto il campanile di Accumoli è andata anche peggio: l’edificio ha retto, ma il campanile gli è rovinato addosso, devastandolo e ammazzando tutti. E dire che era stato “restaurato” (come no) con i fondi del 1997. La Procura di Rieti, com’è suo dovere, ha aperto un’inchiesta per verificare eventuali reati e colpevoli. Ma si sa come vanno queste cose: le condanne per disastro colposo e reati affini sono rarissime, a causa di norme penali confuse e sanzioni irrisorie, scritte su misura per gli imputati potenti che da sempre, qualunque sia la maggioranza, dettano legge in Parlamento. Lo stesso discorso vale per tutti gli edifici ristrutturati negli ultimi anni, con pesantissime strutture di cemento armato nelle parti alte che, alla prima scossa, schiacciano quelle basse. L’espressione “tragica fatalità” suona scandalosa e offensiva anche per il comune senso del pudore: non c’è nulla di fatale nello sbriciolarsi di un colosso dai piedi d’argilla e dalla testa di cemento armato.
Siccome questo andazzo non è l’eccezione, ma quasi la regola nelle ristrutturazioni abitative e persino (altro oltraggio al pudore) nelle “messe a norma”, qualcuno dovrà pure risponderne, se non penalmente, almeno verbalmente. Perciò abbiamo consultato i siti di Ance e Confindustria, nella speranza di trovarvi una parola di autocritica e di scuse. Invece niente. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia esprime “la vicinanza a tutti gli abitanti, ai colleghi industriali e ai lavoratori che stanno vivendo con coraggio un momento drammatico”, garantisce “il necessario supporto per l’emergenza e la ripresa delle attività produttive” e annuncia “una raccolta fondi per le popolazioni colpite”. Che squisita persona. Il presidente dell’Ance Claudio De Albertis, dal canto suo, “esprime solidarietà e vicinanza alle popolazioni”, mette “a disposizione le strutture e il personale per ogni tipo di supporto e assistenza ai cittadini e alle istituzioni” e invoca “l’urgenza di un piano per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali e per la messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati”, nonché “un piano di investimenti pubblici mirati per la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture esistenti e l’uso intelligente della leva fiscale, con l’estensione del bonus antisismico” onde “salvaguardare le vite umane e tutelare il nostro fragile territorio”. Ci sarebbe da commuoversi, se non fosse che sono proprio la lunga “vicinanza” e lo storico “supporto” di tanti affiliati alle due meritorie organizzazioni che hanno devastato il nostro fragile territorio e stroncato tante vite umane. Davvero questi samaritani non conoscono nessuno che ha costruito e messo a norma così bene gli edifici finiti in polvere? Davvero non devono cacciarne nessuno con ignominia? Davvero pensano di cavarsela così a buon mercato, in attesa di mettere un’altra volta le mani sul business della ricostruzione? In attesa di qualche cortese riscontro da questi santi apostoli, è il caso di affidare il dopo-terremoto a ditte straniere.

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